O - Strani trofei
Ma da quanto
tempo ormai stavano camminando in quel modo? Anche Gudlaj, nonostante le sue
gambe fossero lunghe, non riusciva a tenere il passo della banda di predoni.
Quei selvaggi dalle estremità muscolose e dalla schiena diritta potevano
procedere sulle due zampe inferiori per almeno tre lekhter di seguito. E poi
bastava loro sedersi un istante per recuperare le forze. Un’energia che aveva
del miracoloso, si disse Fjjk, che cercava di ingannare la fatica con le
osservazioni scientifiche.
E che altro
avrebbe potuto fare, del resto? All’inizio aveva provato, incalzato senza
neanche troppa rudezza dai bastoni dei selvaggi, ad assecondare, anche lui
eretto sulle due zampe, la stessa andatura, ma presto le palme dei suoi piedi,
non abituate a sopportare il suo peso per lunghe distanze, si erano coperte
prima di vesciche e poi avevano iniziato a sanguinare. Il calore insolito e il
torpore che presto aveva sentito nelle ossa erano il segno che la febbre si
stava impadronendo di lui. Senza badare alle risa di scherno dei suoi
sequestratori, si era così accasciato all’ombra di un’altra di quelle piante
giganti, deciso a non muoversi fino a che non si fosse del tutto riposato.
Richiamati prontamente dal loro capo, però, due predoni gli si erano subito
avvicinati e lo avevano sollevato, caricandolo su una rozza coperta, anche
questa di fibre vegetali, sistemandola su un rozzo graticcio fatto con dei rami.
Da allora in poi Fjjk aveva proceduto trasportato dai selvaggi e così si era
abbandonato a un sonno tormentato della febbre, svegliandosi ogni tanto per le
punture dolorose delle bestie che ce la stavano mettendo proprio tutta per
colonizzargli le narici. Hassa misericordiosa, a risparmiare ai Figli del
sottosuolo un flagello del genere! E insieme, Hassa la crudele, a lasciare che
un Figlio soffrisse così in un mondo che, Fjjk lo comprendeva, portava profonda
l'impronta della Dea dell'acqua e della tenerezza.
Confuso dal
delirio, l'anatomista capo di Bavel si rese conto in ritardo di avere
bestemmiato, e nel modo più riprovevole. Come poteva lui, sciocco Figlio,
prendersela con la dolce Hassa? Si era abbandonato, sì, alla volontà della Dea,
ma aveva scelto in tutta libertà una strada difficile e pericolosa. Hassa era la
coscienza. Non poteva sperare nel suo aiuto rifugiandosi nella disperazione e
nell'autocompatimento. Cosciente del suo errore, Fjjk gemette e iniziò a
mormorare la salmodia della Penitenza.
Nel frattempo,
il panorama stava cambiando. Fjjk sentiva che l’odore nell’aria si faceva sempre
più salmastro, e la luce sempre meno schermata dalle fronde degli alberi.
Stavano forse uscendo dalla foresta? Mugolò di disagio sotto i raggi, che ora
gli colpivano crudeli le parti del corpo non protette dalla pelliccia.
Un'occhiata rapida e prudente verso l'alto... Sangue di Seff, poteva
accecarmi! Sulla sua retina rimase impressa l'immagine di un disco
infuocato. Doveva essere l'astro, quella fucina di calore che, nel Di Sopra,
significava la vita... Ma lui doveva stare attento: se non si fosse riparato, si
sarebbe gravemente scottato, Hassa misericordiosa, e sarebbe morto disidratato
in quell’inferno…
Una mano dal
pollice opponibile gli tirò sopra un’altra coperta e gli sistemò di nuovo sul
muso le lenti polarizzate. Fjjk sospirò di sollievo riconoscendo la fisionomia
di Gudlaj.
- Prenditi cura della tua salute,
anatomista - sussurrò il Gondas. - il nostro viaggio è appena cominciato e credo
che tu abbia bisogno di tutta la tua forza per sopravvivere.
- Dove ci stanno
portando, Gudlaj?
- Io sento il
canto solenne di Hassa, o scienziato!
Fjjk si rizzò con fatica dal suo
giaciglio ondeggiante per sporgere il muso sotto la coperta. Sulla sua destra,
illuminata da una luce che si faceva sempre più oro rossiccio, una linea di
colore azzurro carico. Più vicina e familiare, la schiuma delle onde che si
rifrangevano su una lunghissima spiaggia bianca. l'anatomista capo di Bavel
elevò un ringraziamento alla Dea, che si manifestava proprio nel momento in cui
entrambi i dentepiatto ne avevano più bisogno. Sentì una nuova forza
impadronirsi del suo spirito.
- Sì, il canto di Hassa… e senti,
Gudlaj, che modulazione peculiare? Io… io credo che quello che vediamo frangersi
sulla spiaggia sia il grande oceano orientale… E dunque… Stiamo muovendoci verso
settentrione!
- Sì, stimato
scienziato, e anche verso la foce del grande fiume! - aggiunse scrupoloso Gudlaj
indicando il suolo sempre più fangoso sotto i piedi piatti.
Il Gondas si
fermò all’improvviso e si inginocchiò in direzione del mare, cominciando
sottovoce la salmodia dell’acqua, sostanza di Hassa. Le sure erano ben note a
Fjjk, ma la variante utilizzata dal popolo di Gudlaj riduceva al minimo i
riferimenti alla potenza creatrice di Homm. Era come se, ogni volta che Gudlaj
chinava la fronte a toccare il fango in un gesto che anche i Figli più devoti
raramente compivano, l’omaggio fosse rivolto unicamente a Hassa. Monoteismo,
dunque? Fjjk aveva sentito parlare di quell’eresia da fanatici come di un
retaggio del remoto passato di alcuni gruppi di Figli, ma possibile che si fosse
estesa anche ai Gondas? Da quando il loro viaggio era cominciato, il dubbio si
era più volte presentato alla sua coscienza. E comunque ecco spiegata la fede
cieca di Gudlaj verso un futuro di riscatto per il suo Popolo e di uguaglianza
tra i dentepiatto…Chi cadeva nell'errore del monoteismo finiva quasi sempre per
trovarsi impreparato di fronte al male, non riusciva a spiegarselo se non con la
rassegnazione. E Gudlaj era certo una creatura che dava la sua importanza alla
rassegnazione, anche se non poteva certo definirsi passivo. Credere, in fin dei
conti... solo in Hassa gli dava una forza tutta speciale. Poteva dunque dirsi il
suo un errore?
Un sibilo improvviso, un
grido di dolore, e le riflessioni di Fjjk si intrerruppero all'istante. Si voltò
in tempo per vedere l’amico tamponarsi incredulo una striscia sanguinosa su un
fianco.
- Ju dumm
mius wi din f’low! - berciò la voce di uno dei predoni. - Geest wook din wey
an sh’a-ap!
Ancora quel
termine ricorrente... Mius. Una parola che gli ricordava qualcosa, ma era
difficile, in quella confusione linguistica. E poi quei bastoni... Fjjk li
conosceva bene, erano gli stessi nerbi di k’pibra, che si usavano a Bavel e
venivano prodotti con parti del corpo di quei bestioni a quattro zampe, e come
loro erano durissimi ed elastici. Servivano esattamente a quello che aveva
appena visto: impartire una lezione a qualcuno, generalmente proprio agli
schiavi marsupiali, anche se alcuni Figli di vedute ristrette li usavano anche
nella Camera Coniugale. Un colpo ben assestato poteva aprire profonde ferite.
Che ci fossero k’pibras anche in superficie? Ma perché avevano colpito Gudlaj?
Perché i predoni erano disturbati dalla religiosità del Gondas?
Lo scienziato ricadde supino nella sua
improvvisata barella. Si sentiva così debole... e tutto quanto succedeva in
quell’ambiente alieno era così...terribile. Poteva essere, si chiese ancora
dubbioso Fjjk, che l’acqua e l’umidità, misericordia di Hassa nel sottosuolo,
fossero qui una maledizione? C'era da meravigliarsi davvero così tanto, se
quella era la terra dei demoni? Nel regno di Seff tutto è ferocia e
aberrazione... Così recitavano le sure del mondo infero, il non-luogo al di
là di ogni altro dove Seff trascinava chi cadeva in sua balìa. Io l'ho
provato, ferocia e solitudine... A un tratto lo sguardo di Fjjk fu attirato
da un movimento furtivo sul terreno a pochi lespam dalla sua barella
improvvisata. Si sporse e vide, misericordia di Hassa, un orribile animale senza
zampe, che strisciava velocemente, ondeggiando in spire, per andarsi a
nascondere nel sottobosco. Ecco la prova che questo è il mondo del Serpente!
La pelle di Fjjk rabbrividì automaticamente, la memoria di razza aveva
riconosciuto in quell'animale un antico predatore.
Ma il serpente scomparve tra la
vegetazione, lasciando Fjjk a una febbre che non gli dava tregua… Non riesco
a smettere di pensare, si disse, ai sobbalzi del suo trasporto. Ma se
continuo a pensare non muoio, arrivò bruciante, con un altro sobbalzo, la
nuova consapevolezza. Sulla superficie di Gē vivono delle creature
senzienti, rimuginò ancora Fjjk. Ma non possono essere la Progenie di
Homm… Sobbalzo. Coloro che vengono da quella Schiera devono essere
altrove… Sobbalzo. E compito dello scienziato è osservare, vivere per
raccontare ciò che ha visto…
Poco a poco Fjjk si rese conto
che la piccola Schiera di predoni stava comunque camminando al ritmo di una
melodia, senza dubbio barbarica, ma di un certo effetto. Non ci aveva mai
pensato, e del resto accadeva raramente che i Figli cantassero, le loro corde
vocali non erano adatte a modulare suoni nel lungo periodo. E non certo in
quella bassa, ronzante tonalità, che si accompagnava tanto bene al ritmo dei
passi dei selvaggi. Il suono riusciva persino a calmarlo, a spargere nuovo
sopore sulla sua coscienza tormentata.
Si sporse di
nuovo al di sotto della coperta che lo isolava dal sole. I predoni camminavano
in fila, uno dietro l’altro, lungo una sporgenza che passava, a destra e a
sinistra, tra due acquitrini. A oriente, le ombre si stavano ormai allungando
sulla spiaggia, e il mare continuava a infrangersi con onde sempre più lunghe e
scure. Con la coda dell’occhio vide che uno dei selvaggi emetteva.. fumo dal
naso? Guardò meglio. Il bipede si portava continuamente alla bocca una strana
piccola cartuccia arrotolata, la cui estremità sotto il grande naso sembrava…
accesa?
Grande Homm,
respiravano dunque gas di combustione? E che cattivo odore da quell’oggetto! Che
riprovevole abitudine, e certamente insana, i polmoni di quella creatura
sarebbero certamente marciti! Alcuni Figli morivano di malattie degenerative su
Bavel, e quelle più pericolose facevano impazzire il loro metabolismo, creando
agglomerati che si espandevano con rapidità devastante... e... In un certo modo,
però. i gas provenienti dal cartoccio arrotolato avevano uno strano effetto
rilassante. Si sentì ancora più intorpidito, e si sarebbe di nuovo addormentato
se non avesse sentito, proprio vicino al suo orecchio, la versione Gondas del
salmo della Meditazione. Stava infatti calando la luce dell’astro e per Gudlaj,
come per gli altri, stava venendo sera.
- Gudlaj, fallo per me… Stai zitto! -
esclamò sottovoce Fjjk girandosi verso il Gondas, che era nuovamente
inginocchiato in direzione dell’oceano orientale, il capo a sfiorare
ritmicamente il suolo. - Ormai lo sanno che siamo in grado di parlare. Non c’è
bisogno di innervosirli. Dovunque ci stiano portando, cosa ci metterebbero a
inventarsi che uno di noi è voluto scappare e l’hanno dovuto uccidere?
- Oppure che un
mostro dentepiatto li abbia morsi? - aggiunse cupo Gudlaj.
- Nu holl op wi
yer blabbe! - urlò di nuovo il predone di prima, mettendo la mano sull’elsa di
quello che appariva… un pugnale?
A Fjjk si gelò il sangue.
La mano del selvaggio si era posata sull’impugnatura dell’arma proprio come
aveva immaginato, le quattro dita superiori in asse a coprirne una parte, il
quinto dito opponibile a tracciare un cerchio intorno e a bloccare la presa.
Così manovrato, il coltello poteva essere utilizzato in vari modi, e sempre in
maniera letale, perché non sarebbe sfuggito dalle mani del suo proprietario.
Un’immagine si materializzò davanti ai suoi occhi febbricitanti… Una sagoma alta
e ondeggiante, due occhi d’oro dalle membrane nittitanti che sbattono di fronte
a.. che cosa? E una mano callosa e forte come quella del predone, che corre in
fretta verso un pugnale, lo afferra e, in un solo movimento plastico pianta una
lama lunga un lespam nel ventre dell’indifesa creatura. Haltaj... Uccisa
sicuramente da un predone, magari proprio uno di questa banda. Ma perché? Per
pura crudeltà o perché aveva visto qualcosa che non avrebbe dovuto?
Fjjk scoccò
un’occhiata in tralice a Gudlaj, ma non fu abbastanza rapido nel distogliere di
nuovo lo sguardo. Il Gondas capì. Gudlaj si rialzò lentamente e rimase in
posizione rigidamente eretta. Poco a poco il suo corpo grigiastro iniziò a
tremare, incontrollabilmente. Il Gondas cominciò a ringhiare in un basso
brontolio, non molto dissimile da quello della fiera maculata che Fjjk aveva
ucciso.
- Waz’ap wi du
bloten mius, du sha’…aharhaaa !!
La voce odiosa del predone si era trasformata in un
grido di agonia, subito interrotto. Fjjk per un momento non riuscì a capire cosa
stesse succedendo. Poi le mani che sorreggevano la sua barella improvvisata
vennero meno, mollando il loro carico a terra senza tanti complimenti. Fjjk ,
ancora legato mani e piedi, rotolò sul fango quel tanto che bastava a vedere la
scena, da una parte uno dei predoni, riverso in una fossa mezza colma d’acqua
insanguinata, la gola squarciata da quello che appariva come un terribile morso,
dall’altra Gudlaj, in ginocchio, la schiena curiosamente eretta, il sangue che
ricopriva il muso e le labbra sinistramente sorridenti. Il Gondas sfidò con lo
sguardo gli altri due predoni, che fino a quel momento avevano trasportato la
barella di Fjjk, e che ora invece si stavano rapidamente avvicinando, armati di
lunghi pugnali.
- Heysoo, der, shet, kil’im ej!! - tuonò la voce del
capo dei selvaggi.
I due predoni ringuainarono a malincuore le armi.
Uno di loro si guardò intorno e staccò una lunga fibra nodosa da una delle
piante vicine, abbattendola sul capo di Gudlaj. Fjjk udì un suono secco, e vide
il Gondas cadere di schianto al suolo, il muso dentro una pozza d’acqua
stagnante.
- Tuohh ahm...icohh adesso dor-mehhh, tu fer-mahh
se non vuole guai-ooh!
Fjjk trasalì. Non aveva
udito avvicinarsi il capo dei predoni, ma aveva capito benissimo le poche
parole che il bipede aveva esalato. Confuse, ma inequivocabilmente pronunciate
in una variante della Lingua Bassa della Schiera.
Marciarono
ancora per circa quattro lekhter, calcolò rozzamente Fjjk osservando il
movimento delle ombre. Lui era stato di nuovo caricato sulla sua barella, mentre
Gudlaj era stato legato e ficcato senza tanti complimenti in una specie di
gabbia che i predoni avevano montato in quattro e quattr'otto, dopo avere
abbattuto e sfrondato un cespuglio di piante simili a lunghi tubi per la musica
cerimoniale.
Non si
fidano, hanno paura, osservò tra sé Fjjk badando bene a non emettere più
nemmeno un suono. Se la parola li aveva finora salvati, promuovendoli dal rango
di preda a quello non meno rischioso di fenomeno da baraccone, ora non bisognava
esagerare. L'attacco furioso di Gudlaj al predone aveva sconvolto Fjjk non meno
dei selvaggi stessi, che ora scoccavano rapide e preoccupate occhiate alla
gabbia dove giaceva il povero Gondas. Stanno portandoci per forza da
qualcuno... Uno che ci si raccapezzi con noi... Una conseguenza logica
inoppugnabile, peccato che non bastasse a scacciare l'angoscia: questo
"qualcuno" poteva essere ancora più sanguinario di quei selvaggi pelosi.
E' questa dunque la notte su
Gē, cercò di rilassarsi Fjjk,
togliendosi di soppiatto le ormai inutili lenti polarizzate, mentre sopra di lui
il cielo infuocato, che prima si era trasformato in un trionfo d'oro antico,
stava via via sbiadendo in un colore sempre più vicino al nero. Ma... cosa erano
quei lucori lassù? Astri, senza dubbio. Altri astri, più lontani.
Così gli diceva la sua mente di scienziato, ma non bastava ad esprimere la
bellezza di quanto stava vedendo. Di quanto un Figlio non abbia mai visto in
tutta la storia della Schiera. Grazie, dolce Hassa… E poi, poi... cos'era
quel disco color chiaro, così luminoso, un astro notturno? Era meno luminoso di
quello diurno, ma comunque gettava ombre vive su quella terra così bizzarra...
Esisteva qualcosa, nella vita dei Figli, si disse Fjjk
sconsolato, che si chiamava poesia. Ma era qualcosa di così raro, una
capacità di vedere colori diversi nelle cose… Un dono che su Bavel ricevevano in
pochi. E quei pochi Figli capaci di contemplare il rifrangersi della
misericordia di Hassa per più di un ciclo componendo sure nuove in suo onore
venivano guardati prima con imbarazzo, e poi con sospetto. La poesia era infatti
un passatempo, che isolava il Figlio che la praticava e confinava
pericolosamente con l'individualismo. Cos'era infatti la vita della Schiera, in
realtà, se non razionalità pura, finalizzazione dell'individuo al gruppo, alla
Razza? Nessun Figlio su Bavel passava il tempo a guardare... il cielo?
Stupido dentepiatto, non esiste cielo sopra Bavel!
A un tratto, una costruzione. Una struttura aliena.
Potenza di Homm, a cosa serve una cosa simile? Nella luce chiara ma smorzata
del nuovo astro notturno Fjjk distinse all'improvviso una mole tozzamente
squadrata. Non una struttura troncoconica come quelle tipiche della Schiera, ma
una specie di blocco che ricordava - possibile, in grande? - la mole di
Datasentr. L'edificio era interamente ricoperto di una serie di placche fatte di
una misteriosa sostanza che appariva liscia e riflettente. Che non fosse una
sorta di cristallo polarizzato, alla maniera del metavidrio che rivestiva la
cima del Tempio del Culto Trino a Bavel?
- Nu wek wi yer
mius... Tu-ohh
viagg-iooo fin-n-itoohh!
Il capo dei predoni si avvicinò
alla barella di Fjjk e con un solo colpo dell'affilato
coltello lo liberò dai suoi
legacci. Fjjk atterrò al suolo con un tonfo, e subito cercò di rimettersi in
piedi. Niente da fare, la testa gli girava troppo, e gli doleva. Stare ritto gli
provocava poi una vera e propria agonia, dolori lancinanti in tutto il corpo.
Hassa misericordiosa! E proprio ora che dovrei ricevere qualche risposta...
- Ma guarda un
po' che cosa mi tocca vedere...
La voce, realizzò Fjjk stremato, veniva da quello che
appariva ora come l'ingresso principale della grande costruzione
schermata. Su una delle facciate si era aperta... una porta?... che
conduceva verso un ambiente illuminato. E in controluce stava, mani sui fianchi,
un'alta figura di bipede. Era lui che aveva parlato in Lingua Bassa? La sagoma
si staccò dalla soglia che la incorniciava, e si avvicinò allo scienziato
riverso a terra. Ancora una volta, due dita crudeli, una delle quali era un
pollice opponibile, pizzicarono l'ormai infiammato padiglione auricolare di
Fjjk, costringendolo a rizzarsi di colpo.
- Hgh...Adesso basta con questi modi! - digrignò i
denti l'anatomista
- Huhuu sentilo!
Ma sentilo come strepita! Ehehe, Derek, ma è davvero uno spasso il mius
che mi hai portato!
Il capo dei
predoni rise di cuore: Si chiama Derek, annotò Fjjk cercando di
concentrarsi. E io sono un mius.
- Ahahahaa, ma
guardalo, ti prego! - rise ancora il nuovo personaggio - Sta cercando di
memorizzare tutto! Ehhh piccolo mius, ti sarà difficile capire che cosa
succede! O forse dovrei chiamarti Figlio? Eh? E dirti stimato, onorato non so
cosa, perdona la rozzezza dei miei modi da ignorante, ma sai, qui nella giungla
mi rimane un po' difficile tributarti gli onori che dovrei a uno della tua
casta... vediamo... ehehhe... di medico?
Le dita, sporche
e unte come quelle dei predoni, stavano seguendo le linee dei tatuaggi rossi di
Fjjk.
- E'
incredibile, sai, davvero incredibile...Quando è successo che si è visto
l'ultimo della tua razza da queste parti? Ehhh, saranno decine di… cicli! Così
li chiamate voi, vero? Sono un po’ più lunghi dei nostri, ma noi ci basiamo sul
movimento del nostro sole… A proposito, vieni qui, vieni sotto la luce, che ti
guardi per bene! Sai, la maggior parte di quelli di voi che sono arrivati fin
qui non li abbiamo potuti esaminare così da vicino!
- Chi... hgh...
sei... tu? - pigolò pietosamente acuta la voce di Fjjk.
- Puoi chiamarmi
Haggar. Sono il custode di questo posto... Ma adesso stai fermo.
Un pizzico su
una spalla, un formicolio. Fjjk si girò e vide l'hypoderm nelle mani del bipede.
Un antisettico, speriamo… Ormai doveva stare incubando la maggior parte
delle malattie tipiche di quel posto partorito dalla follia di Seff... e anche
dell'antidolorifico, considerò grato mentre la morsa che gli attanagliava le
giunture rapidamente veniva meno. Quello strano bipede... Quell'aria di
concentrazione nel muso alieno, quel modo - gentile, adesso? - di
palpargli il corpo dolente...
- S...sei anche
tu un medico?
- Una specie,
piccoletto, una specie... Ma adesso stai buono, lascia che questa roba ti
rimetta in sesto. E adesso fammi pensare al tuo amico, perché non crederai mica
di essere l'unico tipo strano qui alla Medina di Itembe, vero?
- Alla cosa?
- La Medina di
Itembe, giovanotto! - esclamò allegramente Haggar dirigendosi verso la gabbia
dove giaceva riverso il Gondas. - E' la casa della medicina qui sul delta del
grande fiume... E come tu da scienziato sicuramente immaginerai, la casa della
medicina è anche la casa della magia e degli spiriti per i furbacchioni che vi
hanno portato qui. Non è vero, Derek, che questa è la casa degli dei?
- Hoo-oomm-
ehrrr - Hassa-ahn - cantilenò gutturale il capo dei predoni, mimando allegro
l'ondeggiare dei dentepiatto nelle salmodie rituali. Haggar, che nel frattempo
era entrato nella cella di Gudlaj, afferrò con decisione il marsupiale per la
pelle spessa del collo e vi infilò, all'altezza della nuca, il lungo ago di una
siringa convenzionale, di quelle che Fjjk ricordava negli antichi testi della
Teca.
- Ecco qui!
Quelli come lui hanno la scorza dura, l'hypoderm non basta! Guarda che si sta
svegliando!
- N...non c'è
bisogno di offenderci o trattarci come sciocche Proli per farci capire che ci
conoscete! - disse scandalizzato Fjjk
- Tranquillo,
piccolo, si fa solo per scherzare... - rispose Haggar con una specie di sorriso
sul muso irto di peli. - E del resto qui siamo tutti devoti, no? Come si fa,
dico io, a vivere in un posto come questo, a imbattersi in gente come voi...
Perché voi siete gente, vero?... E a non credere in qualcosa? Amico mio a
denti piatti, questi sono tempi di grande confusione! Tempi giusti per gli dei!
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