B - Gioie e dolori della paternità - prima parte
Bavel, la città-mondo sotto la superficie di Gē . Il pianeta delle
acque... Autentici mari sotterranei, ampi laghi, impetuosi fiumi. Il tutto
immerso nell’oscurità, se non fosse stato per i Quarzi. Strati dai colori
magnifici, inglobati nelle rocce che circondavano e sovrastavano Bavel.
Striature fantastiche, che si allungavano per migliaia di lespam come una corona
fatata, tutt'intorno all'Alveare. Erano dorate, verde acqua, arancio, azzurre.
Per un periodo pari a circa quattro cucciolate di Figlia un colore prevaleva
sugli altri, e tingeva mura e volte delle sue miriadi di sfumature. Quel periodo
veniva chiamato ciclo e su quella base i Figli, da che Bavel esisteva, avevano
imparato a misurare il tempo. Ma le luci servivano anche ad altro. Vi erano
Quarzi che irradiavano ad esempio bluastri e fosforescenti e la loro luce, si
era scoperto, favoriva la crescita spontanea di alcuni vegetali commestibili.
Non che la Schiera avesse bisogno di praticare l'agricoltura o la raccolta: la
tecnologia genetica consentiva ai Figli di produrre in laboratorio tutte le
sostanze di cui la loro dieta aveva bisogno. Alla luce prodotta dai Quarzi si
aggiungeva poi la luminescenza cangiante dei milioni di microrganismi che
popolavano le acque.
Quelli come Fjjk adoravano l’acqua e soprattutto le rive umide. Quando non c’era
niente da fare si poteva sgusciare nell’ombra sul bagnasciuga, rotolarsi sulla
sabbia nera e fine e poi, una volta ripulita la pelliccia, gettarsi nei flutti,
srotolando la coda piatta che i Figli portavano ripiegata sotto il ventre. E
nuotare, schizzando velocissimi. Le acque sotterranee di Gē ... Ma
c’erano leggende che parlavano della superficie. Si diceva che un tempo fosse
ancora più bella del sottosuolo, verde-azzurra d’acqua e ocra di terra, colori
che venivano generati dalla luce di un astro nel cielo. Il cielo! Sciocchezze,
sospirò Fjjk, che per un momento, galoppando fra i bunker di Bavel, aveva
cullato l’idea del paradiso terrestre. Lo sapevano tutti, no? La superficie di Gē
era inabitabile, irrespirabile l’aria, pervasa com’era da ossido di zolfo e sali
nocivi, quegli stessi che, scendendo sotto terra, arricchivano le acque profonde
e perdevano così la loro pericolosità.
Grazie a quei Sali, nei fiumi, nei laghi e nei mari sotterranei, si adattava una
ricca fauna. C’erano le inquietanti sguende dal corpo a siluro, che con i loro
movimenti scimmiottavano i Figli, c’erano i bivers costruttori di dighe e i
pesanti k’pibras a quattro zampe. Animali che appartenevano alla grande famiglia
dei dentepiatto, e che gli Dei gratificavano con l'abbondanza del cibo: erano
miriadi le piccole creature sguscianti che popolavano le acque sotterranee. Alla
pesca, alle volte si dedicava anche la Schiera, utilizzando chiatte dal fondo
piatto e trasparente, e usando reti monomolecolari in duralloy. Un'attività resa
obsoleta dall'ingegneria genetica, ma ancora praticata a scopo rituale. Perché
l'acqua che scorreva profonda era il dominio di Hassa, sposa di Homm, il
creatore del mondo e della vita. Senza il soffio di Homm, Hassa sarebbe rimasta
sterile, ma senza l'impetuoso grembo di Hassa la forza di Homm sarebbe rimasta
senza scopo.
Così, ripeté Fjjk nella salmodia che ogni Figlio recitava durante l'atto sacro
del nuoto. Recitò macchinalmente la litania della gratitudine a Homm e Hassa per
un mondo sicuro e protetto, dove le creature dagli occhi color rubino non
venivano aggredite da luci violente. E dove, se si era stanchi di galoppare a
quattro zampe sulle strade di duroplast, ci si poteva infilare nei tombini di
scorrimento rapido e tuffarsi in un canale. Ma là dove doveva andare Fjjk non
c’erano collegamenti via acqua. Bisognava galoppare a lungo, mettendo a dura
prova muscoli che ormai da tempo si usavano raramente. Il galoppo a quattro
zampe, la prova di Homm, per non dimenticare il remoto passato e per ricordare a
ogni Figlio come vivere fosse anche difficoltà e fatica. Paradossalmente, però,
essere senzienti e intelligenti aveva provocato ai Figli ulteriori fatiche: Se
Fjjk, infatti, avesse deciso di incamminarsi verso Bavel in posizione più
dignitosamente eretta, avrebbe impiegato giorni, per non contare le dolorose
piaghe che avrebbe inferto alle sue zampe. Ma non sarebbe stato necessario
arrivare così in là. Bastava solo una manciata di passi in stazione eretta per
le lunghe strade di Bavel e prima i reni, poi la debole schiena di Figlio si
sarebbero arresi.
Bavel, l'Alveare, aveva l'aspetto di una colossale piramide tronca. Quattro
entrate acquatiche si aprivano nelle massicce mura inclinate che delimitavano il
perimetro esterno del conurbio. Di lì si proseguiva, sempre via acqua, per un
lungo tratto, ma solo fino al perimetro più interno. Poi, unicamente a piedi,
verso Kà-dingirra, la cittadella del potere, un'altra piramide, stavolta
completa, che occupava il vertice, spianato, di una collina. Da dove venisse il
nome, chiaramente alieno, di Kà-dingirra, era un mistero. Così come Fjjk
ignorava chi avesse lisciato a perfezione tanto e tanto tempo prima, la cima
della stessa Acropoli di Bavel. Le salmodie di Homm cantavano a quel proposito
di una misteriosa razza di dominatori che, megacicli prima, ricorrendo a dei
raggi di luce, aveva preparato quel posto per i Figli. Una razza che poi era
andata via, scomparsa per sempre. Hgh, ringhiò di frustrazione Fjjk, che
aveva aperto la ricca pagina della mitologia dei dentepiatto solo per ingannare
la fatica del galoppo sulle strade di duroplast. Onore sia fatto a Homm, urgh,
ma quant'era lontano l'ufficio del suo superiore e quanto era degradante per uno
scienziato zampettare per le vie come una sguenda sulla riva di un fiume!
Che, poi, lui e gli altri Figli discendessero davvero dalla cosiddetta Progenie
di Homm, beh, questo non era cibo per lui, ma per i denti piatti dei Sacerdoti
del Consiglio.
Quel che contava, e subito, era riportare ordine nella Schiera con un rapporto
preciso sulla fine della schiava marsupiale pugnalata all'addome. Chi l’aveva
uccisa poteva colpire ancora. Bisognava assicurarlo alla giustizia di Homm. Per
le interiora di Seff, che bisogno c'era di andare in giro a prendere marsupiali
a coltellate quando bastava riempire un apposito modulo via comconsolle? Si
richiedeva una schiava per un banchetto rituale di Famiglia, e le carni
arrivavano a domicilio, già macellate e pronte al consumo. Senza contare le
caratteristiche della mano che aveva ... impugnato l'arma del delitto. A chi
poteva appartenere? A un marsupiale? Rivoltante. L'idea fece muovere gli
acidi nell'apparato digerente di Fjjk. Provare nausea era atipico per un Figlio,
e in genere era prodromo di un sentimento ancora più insolito: la paura. I Figli
erano una razza che amava la stabilità e la prevedibilità della vita. Vivere
così organizzati aveva spazzato via dal loro quotidiano quel terrore che
risaliva ai tempi pre-Unificazione, e che tuttavia rimaneva dentro di loro come
memoria di razza. Il mistero della mano aliena che sopprime esseri
presenzienti... Carino come titolo di un olodramma dell'orrore! Fjjk
represse un brivido e scartò per tranquillizzarsi anche l'ultima fra le ipotesi
che potevano spiegare la morte della schiava marsupiale. Chi, dunque?
L'enigma, si disse Fjjk, poteva essere sciolto solo portando a termine
l'indagine nella maniera più fredda e scrupolosa. Questo, sì, era importante, e
soprattutto etico. Non finire un lavoro è perfino più riprovevole di bagnarsi
in acqua senza salmodiare in onore di Hassa.
Proprio mentre stava riflettendo su quanto odiosamente interminabile il suo
corpo di Figlio di mezza età percepiva il percorso verso l'Acropoli e
contemporaneamente si rimproverava per avere espresso a voce alta anche questo
pensiero, lo scienziato si trovò finalmente a destinazione. Con un basso
grugnito di sollievo Fijk, figlio di Okjieko si issò sull'altopiano di
Kà-dingirra. Faticosamente, si avvicinò a un basso edificio squadrato,
sormontato da una splendente piramide di vidracciaio a tre facce. La Trinità di
Homm, Hassa e Seff, creazione, coscienza e caos. Le superfici esterne erano
polarizzate, segno che nel Tempio era in corso una Disputa di Maturità. Solo i
funzionari di grado più elevato potevano essere ammessi mentre un giovane Figlio
svolgeva le sue argomentazioni davanti ai Sacerdoti del Culto Trino. A Fjjk
bastò dunque avvicinare l’estremità identificativa della propria coda alla
soglia protetta da un campo di forza per veder sfumare il diaframma che impediva
di vedere e sentire ciò che accadeva all’interno. Improvvisi, arrivarono i suoni
e le immagini.
-… Come granelli di sabbia nella dolce brezza... - diceva un giovane Figlio dal manto
che già tendeva al grigio chiaro da adulto. - i Figli della Schiera sono
strumento del volere di Homm e insieme preda della frenesia di Seff. E’ la
misericordia di Hassa che fa del nostro Popolo un Tutto solidale, che ci muove
caritatevoli verso lo scopo del progresso.
Il Figlio si girò verso la porta, ammiccando con le vibrisse
verso Fjjk. Radswe, o prediletto, pensò Fjjk rivolgendo un impercettibile
cenno di saluto alla sua Prole primogenita. Era così orgoglioso di lui, vederlo
recitare sicuro nell’Alta lingua cerimoniale la Professione di Fede propedeutica
all’apprendistato da medico. Mancava poco, ormai, forse cinque o sei frazioni di
ciclo, e Radswe avrebbe potuto iniziare a seguirlo da vicino nel suo lavoro per
prendere poi il suo posto. Un Figlio aveva oggigiorno un’aspettativa di vita di…
una sessantina di cicli? Forse settanta per i più prestanti, e Fjjk aveva ormai
superato la mezza età. Era tempo per lui di pensare al riposo. Veder crescere
placido le Proli più piccole, giacere con le sue tre compagne, pensare solo alla
riproduzione, finché Homm e Hassa non lo avessero richiamato a sé.
Proprio come suo padre, Okjieko… Beh, solo in parte. L'onorato
anatomista Okjieko aveva avuto cinque compagne e quarantadue proli, e aveva
vissuto per ottanta cicli mantenendo intatto il suo considerevole appetito
sessuale, finché il suo corpo non era stato trovato in una viuzza adiacente al
postribolo più malfamato di Bavel. La Gilda aveva messo a tacere la cosa, ma i
medici avevano subito cominciato a favoleggiare dell’incontenibile esuberanza
del compianto collega. Fjjk sbuffò. Beh, io dovrò decisamente accontentarmi
di un epitaffio meno entusiastico.
Cosa dicono le Scritture del nostro mondo, o giovane Prole?
Fjjk si riscosse bruscamente dall'elegia familiare. A rivologersi in Bassa
Lingua a Radswe, col suo caratteristico tono roco, era stato Swesgu, il Primo
Sacerdote di Kà-dingirra. Fjjk maledisse tra sé il vecchio barbogio. Cosa
vuole, ora, mettere la mia Prole in difficoltà?
C’è un solo mondo secondo la volontà di Homm, ed è Bavel, la
Città-Alveare, rifugio sicuro sotto il duro carapace di Gē - rispose pronto
Radswe, tornando alla lingua cerimoniale.
Bravo figlio mio, fagliela vedere!
- Non ci sono dunque altri mondi, come invece favoleggia tuo
padre? - ribatté pronto Swesgu, e ancora nell’idioma comune. Sta diventando
un interrogatorio, pensò Fjjk. Ma perché?
Le orecchie di Radswe si abbassarono sul cranio, diventando
color cremisi.
- Mio… mio padre è uno stimato scienziato… farfugliò Radswe in Lingua Bassa. - E
segue la voce della sua coscienza!
Per la
furia di Seff, non balbettare! - urlò tra sé Fjjk. - Non perdere il
controllo!
- Se la coscienza sfida la Scrittura, rischia di diventare eresia… - scandì battendo
a terra la pesante mazza cerimoniale. Le nocchiere metalliche di fissaggio alle dita della mano scintillavano sinistre - Ora dimmi, o giovane Prole, qual è
il dovere di un Figlio devoto?
- U... un
Figlio devoto si affida alla Tradizione… - ripeté macchinalmente Radswe.
- E’ tutto qui, Figlio caro? Ma questo lo sanno anche le Proli da latte!
Possibile che tu non sappia più contraccare? Fallo ora! - pensò Fjjk subvocalizzando. Come se lo avesse sentito, Radswe riprese in più
sicura Lingua Alta.
- O pio
ministro del Culto Trino, il dovere più importante della Schiera è scongiurare
la caduta nel caos di Seff. Per questa ragione il nostro sapere deve
tendere verso la chiarezza, scavare nell’ignoto ma fermarsi davanti all’arcano…
Radswe prese coraggio, e iniziò a muovere qualche passo incerto nella sala.
Swesgulo fissava immobile, gli occhi rossi che ardevano di attesa, gli
altri religiosi accucciati nei loro scranni, con ro
- … E l’arcano inizia là dove il senso dello scienziato avverte la presenza del
volere di Homm. Non ci è dato sapere perché siamo al mondo. Sappiamo che la
forza di Homm e la dolcezza di Hassa hanno creato Bavel e ne hanno fatto
l’Alveare. Ci basta. Sappiamo che, grazie all’intercessione di Hassa la
misericordiosa, là dove un tempo c’era Seff, violenza e guerra, oggi c’è la
Schiera. Anche questo deve bastarci. Sappiamo che un tempo, megacicli addietro,
gli Dei camminarono sulla terra e la fecero a loro immagine e somiglianza. Le
prove sono nei templi come questo, nelle preghiere dei devoti e dei pellegrini,
non negli studi secolari degli scienziati!
Fjjk cominciava a innervosirsi. Più che alla Disputa di Maturità, il clero di
Bavel stava sottoponendo il suo dolce Figlio a un attestato di sottomissione.
E lui... Sentilo, come si sta adeguando!
Radswe scoccò uno sguardo in direzione del suo genitore, una rapida occhiata
contrita. Sono costretto a farlo, Padre… Fjjk digrignò i denti.
Applicatici con costanza e diventerai un artista… Radswe sbatté le palpebre
come se anche questo pensiero di Fjjk lo avesse raggiunto, poi si voltò di nuovo
verso il suo uditorio. Deluso, Fjjk ritirò la coda dall’area del campo di forza.
All’istante ricomparve il diaframma opaco, isolandolo di nuovo da quanto
accadeva all’interno. Era tempo ora di fare quella visita che il suo subconscio
stava tentando a tutti i costi di rimandare.
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