Recensione di Marcello Bonati a "L'arca delle stelle"
Robert Silverberg, L'arca delle stelle (Starborne,1996), "Urania" n. 1306, ed. Mondadori, 1997, pp.296, L. 5.900.
Silverberg, nelle sue opere di quest'ultimo periodo, riesce decisamente bene ad utilizzare gli stilemi che la sf classica gli mette a disposizione e di cui indubbiamente ha dimestichezza estrema, per costruire dei romanzi che solo apparentemente sono delle "space opera", ma che, in realtà. sono dei grandi apologhi sull'Uomo.
In L'arca delle stelle mi pare che miri, in particolar modo, ad una sorta di grande allegoria dell'abbandono della sacra dimora, dei primi tentennanti tentativi di uscire alla scoperta di altre realtà; il racconto, infatti, è imperniato sul viaggio di una gigantesca astronave, la prima ad abbandonare il sistema solare, che si avvia alla ricerca di altri pianeti abitabili dall'uomo, e, successivamente, vari altri elementi di trama mi paiono confermare senz'altro questa tesi: il primo pianeta che incute timore, il secondo con forti valenze sessuali, ecc..
La fantascienza è una letteratura rivolta agli adolescenti, ma questo romanzo di Silverberg è un ottimo esempio di come essa sia, per così dire, duplice, nel senso di come essa possa venir letta da un adolescente, assorbendone ciò che se ne riesce ad assorbire, mentre può risultare una lettura molto accattivante e istruttiva anche per gli adulti, che ne possono trarre spunti educativi. Non sempre ciò avviene, purtroppo; sappiamo bene delle moltissime opere di hard sf che, in quanto a contenuti, davvero bisogna andarli a cercare col rampino.
L'arca delle stelle, poi, ha un'impennata verso il finale, dove viene ad inserirsi il cosiddetto elemento di novum specifico di quest'opera: la telepate dell'equipaggio perde il contatto con la sorella sulla Terra e si ipotizza che ciò possa essere dovuto ad una qualche interferenza, ad un qualcosa o qualcuno che là, negli immensi spazi siderali, esercita un dominio incontrastato. Dopo qualche tentativo, la telepate riesce a mettersi in contatto con gli alieni: "[...] qualcosa di enorme, qualcosa di immensamente potente e pieno di energia radiante." (p. 271).
Poi, purtroppo, Silverberg spreca un'idea che poteva essere sviluppata molto meglio, dicendo che quegli "angeli" (così vengono denominate quelle presenze interferenti dai componenti l'equipaggio) altro non sono che le stelle: "[...] Una stella vivente, dotata di intelligenza... stelle che Vivono, che pensano, che hanno una mente e un'anima e che comunicano tra loro" (p. 286).
Il tutto è condotto veramente in maniera magistrale; l'attenzione del lettore è quasi sempre tenuta desta, tranne che in alcuni passaggi, in cui vi sono delle cadute di tono che lo rallentano un po', specie quando si sofferma troppo sulle descrizioni scientifiche dei pianeti da esplorare. Ma la sf è letteratura, lo sappiamo, anche di scienza, che prende spunto da essa, anche se spesso si potrebbe benissimo evitare di inserire i dati per dare più spazio a quelle che sono le estrapolazioni da essi.
Silverberg, qui, riesce a confezionare un prodotto davvero buono, proprio perché, partendo da una base di hard sf, costruisce un racconto che ha le caratteristiche di un apologo. Una delle linee di lettura, poi, è la storia d'amore fra il comandante e la telepate, che contribuisce ad alleggerire e a rendere più gradevole la lettura.
In conclusione, dopo le ottime prove di Il volto delle acque (The Face of the Waters, 1991) e Domani l'apocalisse (Hot Sky at Midnight,1993), il Silverberg più prettamente fantascientifico da dimostrazione di aver raggiunto e superato il già ottimo livello delle sue opere precedenti l'interruzione di ben quattro anni, durante i quali tutti noi abbiamo trepidato nel timore che potesse davvero, come aveva detto, avere smesso di scrivere per sempre.
Il volume è completato da un "Ritratto dell'autore" di Giuseppe Lippi.
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