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La nuova carne


di Domenico Cammarota


Il cyberpunk ha ottenuto notevole successo specialmente nei suoi risvolti extra-letterari legati alla cultura giovanile, alle tendenze musicali e teatrali, alle tematiche più propriamente politiche. Se "il cyberspace è l’ultimo luogo in cui sia praticabile la sovversione" (1) possiamo capire come una realtà virtuale possa concentrare in sé le possibilità e le speranze rivoluzionarie perdute nella realtà storica.

Al di qua di questo interesse, ampiamente trattato nell’editoria di movimento (2), il cyberpunk presenta innumerevoli spunti di riflessione specificatamente letterari.

Nella fantascienza scritta degli anni ’70, caratterizzata dalle fenomenologie religiose dell’ultimo Philip Dick e dalla massima maturità narrativa di James Ballard, solamente Samuel Delany si occupa coscientemente dei temi della mutazione. Nelle sue opere le mutazioni morfologiche dei personaggi si fondono con una rappresentazione di un nuovo assetto sociale. Le sue società del futuro non sono soltanto multietniche, cioè un crogiolo dove le razze possono mischiare il loro corredo genetico e le loro culture, ma raggiungono un limite teorico affascinante: la raffigurazione di un corpo mutato e mutabile all’infinito, fino a perdere memoria di un archetipo, sia scientifico che antropologico-culturale. Il concetto stesso di razza perde significato a vantaggio di un’individualità ormai non più rappresentabile attraverso un’etnia. In tutta l’opera di Delany la mutazione dei corpi, come i percorsi psicologici dei protagonisti, sono rappresentazione ingigantita di una insofferenza del linguaggio in rapporto ambiguo con una realtà in vertiginosa trasformazione. Sarà Bron Helstrom, il protagonista di "Triton", a porsi come segnale di fine percorso, ponendo il proprio corpo come campo di battaglia ideale tra natura e cultura.

Lo stallo in cui Delany ha posto tutta la fantascienza sembra essere stato superato da William Gibson e dal cyberpunk. Dopo i territori di Triton e Bellona ("Bellona, intersezione fantastica di New York e San Francisco, città invisibile alla Calvino, è fatta di segni dal significato sempre relativo e in continua metamorfosi" (3)) troviamo lo Sprawl, il gigantesco contenitore urbano, brodo di coltura antropologico, melting pot della moderna cultura americana, che supporta le più interessanti interazioni narrative di "Neuromancer".

Da più parti si è univocamente indicato nel corpo il referente della letteratura e del cinema degli anni ’80. Nella fantascienza questo tema è sempre stato presente, ma in maniera latente e senza sfruttare le potenzialità più sovversive. Solo con l’avvento degli scrittori affermatisi negli anni ’70 la riflessione antropologica sul corpo è diventata cosciente. Attualmente nel porno e nell’horror (4) fino alle opere più colte di Peter Greenway (5), il corpo mutante, mostrato sempre più compiutamente sullo schermo, diventa l’indiscusso protagonista. Questa visione liberata dalla censura e dall’impossibilità tecnica, sembra uccidere sia la paura provocata dall’horror, raffigurando un terrore specifico tra gli infiniti immaginabili, sia il desiderio del cinema erotico, ponendo un termine nell’esecuzione dell’atto sessuale e nell’eiaculazione. Solo David Cronenberg sfugge alla trappola di una riduzione per eccessiva rappresentazione. Precedentemente il cinema horror svolgeva la vicenda nell’attesa di un avvento mostruoso, sull’annuncio di una manifestazione che non possedeva una forma specifica, ma che doveva contenere le forme di paure specifiche dello spettatore. La fruizione dello spettacolo avveniva a livello profondo, lo spettatore interagiva con la storia. Attualmente la visione del mostro in tutti i suoi particolari permette allo spettatore un atteggiamento di minore coinvolgimento. Guarda il film, ma non vede niente di sé. La novità del cinema di Cronenberg risiede nel rappresentare un mostro interiore. Una mutazione traditrice che corrompe il corpo poco alla volta creando un conflitto nuovo. Classicamente (si vedano le produzioni Hammer Film o la fantascienza degli anni ’50) un individuo, o un gruppo, rappresentanti di una classe o di uno stato, erano in lotta contro altri individui-mostri (alieni, vampiri, animali mutanti); in Cronenberg le parti in lotta risiedono nel medesimo corpo: la mente di Brundle contro la forma mosca in "The Fly", la madre contro i neonati in "The Brood", Renn inizialmente contro il suo corpo in "Videodrome". Osserviamo il nostro corpo lottare contro di noi, come in "The Belly of a Architect" di Greenway, dividersi, fino alla perdita dell’identità.

Nella letteratura, in particolare nella nuova fantascienza americana, il corpo ibrido, la carne mutante, sperimenta nuovi percorsi che oltrepassano la mera rappresentazione di sé stesso.

Nello Sprawl è mutato sicuramente il corpo degli abitanti, cioè la specie umana nelle sue caratteristiche anatomiche e fisiologiche. Le mutazioni assumono rappresentazioni assai diverse e vistose. I Lo Tek e il delfino Jones, che troviamo in "Johnny Mnemonic", rappresentano le mutazioni animali più appariscenti, ma le più sostanziali coinvolgono proprio la razza umana. Il corpo e i suoi organi è interfacciato, a livello di massa, con microchip, display, RAM e tecnologie harware avanzate, rendendo molto più forte l’individuo che li possiede (biologicamente meno vulnerabile, meno mortale). Questa mutazione presenta caratteristiche propriamente darwiniane, il, fattore diversificante si manifesta solo in alcuni individui capaci di affermarsi rispetto a quelli dominanti grazie a una maggiore riproduttività (o minore vulnerabilità). L’ambiente opera la selezione dei mutanti. Un ambiente erede di quello di Charles Darwin in cui concorrono parimenti caratteristiche socio-economiche e fisiologiche. Molly, la donna resa individuo da combattimento tramite sofisticati innesti, multipla protagonista sia di "Neuromancer", "Johnny Mnemonic" e "Monnalisa overdrive" può essere considerata come paradigma del mutante cyberpunk. Questa dei cyberpunk è una mutazione che segue nuovi percorsi, quelli delle interfacce, dell’ibrido fra naturale e artificiale, delle storie che si svolgono tra i riflessi degli occhiali a specchio.

L’organismo cibernetico, cioè la connessione finalizzata tra cibernetica e biologia, che nella realtà empirica parte dal pace-maker fino a un immaginario biomedicale dalle potenzialità infinite, rende l’individuo punto di superamento della classica antinomia natura-tecnologia. Questa aspirazione non è certo esclusiva della science fiction più recente; anzi i predecessori di questi mutanti risalgono almeno fino al corpo di Frankenstein.

Il corpo fisico di questo uomo-macchina presenta fertili analogie con i mutamenti del corpo sociale della sua epoca. L’avvento della rivoluzione industriale crea un nuovo polo di potere, quello imprenditoriale. La nuova organizzazione economica per esistere necessita di un nuovo soggetto sociale, cioè colui che direttamente produce la merce: un corpo modernamente produttivo. "Come al proletario, al mostro viene negato un nome e una individualità: è il mostro-di-Frankenstein, appartiene interamente al suo creatore (…). Come il proletario, è una creatura collettiva e artificiale" (6). Nell’iconografia ottocentesca, i proletari sono mostruosi, laceri, sporchi, spesso mutilati. Questa immagine del brulicare dei proletari nei bassifondi colpisce non solo aristocratici come Mary Shelley, ma anche progressisti come Jack London e Herbert G. Wells. In "The Time Machine", il corpo mostruoso e abbrutito dei Morlocks è il risultato di una mutazione che "servirebbe dunque a dare forma fantastica all’ammonimento che l’autore indirizza al lettore e alla società industriale, dato che essa non è altro che l’evidente risultato dell’eccessiva divisione del lavoro" (7). Sempre in Wells, a proposito di "The War of the Worlds", come nota Carlo Pagetti (8), i marziani invasori rappresentano, oltre i colonialisti inglesi, anche l’immagine deformata dei ceti emergenti. Ancora, in "The People of the Abyss" di Jack London, l’immagine dei proletari, sempre vista da un’ottica certamente non reazionaria, è fortemente caratterizzata da un inconscio senso di repulsione per tanta miseria e abbrutimento.

Indubbiamente in questi testi sembra risuonare l’apocalittica previsione marxiana, sconfessata successivamente dagli eventi, secondo la quale "tanto più bello è il suo prodotto, tanto l’operaio diventa deforme; quanto più raffinato il suo oggetto, tanto più egli s’imbarbarisce" (9). Per Gibson, come precedentemente era stato per Delany, il proletario, o il suo erede futuribile, sembra avere trovato uno spazio proprio in un sistema produttivo sempre più complesso. Quasi una "seconda società" (10), secondo la definizione di Asor Rosa, in cui valori creativi, antagonismo e improduttività, si sono sviluppati all’infinito. Un capitalismo sfrenato, multinazionale, altamente tecnologico, che lanciato verso la realizzazione di una propria utopia di massima produzione di merce sotto il monopolio jakuza, ha abbandonato le città al proletariato multietnico capace di sopravvivere grazie agli scarti delle produzioni high tech. Come affermato da Gibson stesso, esiste un legame ideale tra lo sfondo di "Neuromancer" e quello di "Blade runner". In entrambi assistiamo a contrasti sociali molto forti esplicitati in una organizzazione urbana, dall’antinemica presenza dei bassifondi di Los Angeles e delle vertiginose piramidi della Tyrrell Corporation, al contrasto tra lo Sprawl e le zone residenziali.

In "Blade runner" ci troviamo di fronte alla possibilità di usare fruttuosamente alcune categorie marxiane per analizzare alcune funzioni dei personaggi. Ogni sistema a regime capitalistico, anche se immaginifico e collocato nel futuro, si struttura secondo una precisa organizzazione. Il mondo ideato da Ridley Scott è sviluppato con coerenza, e non sfugge a questa descrizione. Figura centrale è il replicante, prodotto nei modelli da combattimento o da piacere, il cui corpo si presenta assolutamente reificato. Come l’operaio marxiano, anche il replicante ripone la propria attività nell’oggetto prodotto, cioè la merce prodotta dal proprio corpo: il piacere e la guerra. Essendo il corpo-merce qualcosa che deve esistere indipendentemente da colui che la produce, si verifica così che la vita del replicante appartenga necessariamente alla Tyrrell, e che la vita si contrapponga all’essere vivente come estranea. La lotta degli "angeli ribelli" contro il creatore è proprio una lotta di classe per riappropriarsi dell’oggetto del lavoro: nel loro caso il corpo stesso. Non siamo poi così lontani dalla creatura di Frankenstein, un assemblaggio di membra di coloro che "la dissoluzione dei rapporti feudali ha costretto al brigantaggio, alla miseria, alla morte" (11), si è modificato l’aspetto del prodotto, ma la funzione è la medesima.

Sicuramente il corpo dell’era cyberpunk si presenta come fortemente reificato, marxianamente fatto cosa. Tutte le mutazioni che incontriamo sono prodotte altrove, nell’universo produttivo in mano alle jakuza, alle multinazionali. Nello Sprawl i ritrovati della tecnica che sono stati originariamente concepiti per produrre merce, vengono reinterpretati in un’ottica di marginalità improduttiva. Vive e si sviluppa la "seconda società", che convive con la società produttiva, su cui compie rapide incursioni attraverso le reti dei dati, quasi in un rapporto di parassitismo, Gibson non si pone il problema della provenienza di tale tecnologia, ce lo lascia immaginare; necessariamente, oltre lo Sprawl esiste la fabbrica automatica, e l’elemento umano produttivo, se ancora esiste, deve essere alienato al massimo livello. Ritorna la prospettiva di "Brave New World" di Aldous Huxley in cui "i metodi di pianificazione dell’assembly-line tipici della produzione industriale vengono applicati così anche alla nascita e allo sviluppo dell’uomo, che diventa un oggetto qualsiasi di una catena di montaggio, plasmabile a piacimento secondo le esigenze di una società collettivizzata." (12).

Il mondo di Case, lo Sprawl e la Matrice, sono spazi di libertà, seppure limitata, in cui non è possibile istituire forme classiche di rivoluzione, in quanto ricadiamo nel caso in cui esiste divisione tra la produzione della merce e il suo uso. La reificazione degli oggetti sociali diventa quasi una liberazione, viene reinterpretata soggettivamente, con una logica artigianale. È una mutazione profonda che coinvolge la stessa percezione dello spazio tempo. I cow boy della consolle, protagonisti indiscussi della narrativa di Gibson, eroi picareschi che viaggiano attraverso i bus dei dati, entrando nella rete, vivono e operano in uno spazio-tempo che, solo semplicemente possiamo classificare come virtuale. La Matrice è un ambiente nel senso classico della biologia; per accedervi e per sopravviverci bisogna essere adatti, mutati. I sensi devono poter percepire queste nuove dimensionalità, in cui, come nel film "Tron", colti cow boy rimangono bruciati; solo nuove e più potenti droghe, programmi virus sempre più sofisticati, permettono di violare i sistemi di sicurezza delle banche dati del capitale. Come un picare, il cow boy beffa la multinazionale prendendogli qualcosa, ma non mettendo a rischio il suo predominio o il suo potere.

Sempre più frequentemente ci troviamo di fronte a casi in cui la realtà percettiva si amplia attraverso le nuove tecnologie. Inizialmente potevamo considerare i videogames con le possibilità interattive, ora ci riferiamo ad esperienze derivabile dall’uso del data-glove o di marchingegni simili, ma più probabilmente ricordiamo "Videodrome". Al di là delle forme altamente drammatiche attraverso le quali si esprime la vicenda, quello che ci interessa è lo spazio interattivo di Max Renn, cioè l’ampliamento prodotto dal Videodrome. Secondo Cronenberg ad una nuova realtà, più ampia, deve corrispondere una nuova carne.

La nuova carne è l’assetto biologico di una nuova realtà in cui decade la paura ottocentesca dell’apparizione di un essere mostruoso, cioè di una nuova classe nettamente divisa e diversa dalle altre, antagonista e distruttiva. La teoria di Marx necessità di una scissione tra proprietari e operai senza proprietà, in cui l’apparire di questo mostro senza proprietà sembra far rintoccare la fine per i delicati equilibri del capitalismo ottocentesco. "La letteratura del terrore nasce appunto dal terrore della scissione sociale, e dal desiderio di sanarla" (13), il manifestarsi di una coscienza della divisione di classe innescherebbe il processo irreversibile della rivoluzione, la conseguente abolizione delle classi e la stessa perdita di senso del concetto di proprietà.

L’uomo marginale della cultura cyberpunk, Case come il Conte Zero, fino agli esempi più limpidi di alcuni racconti di "Burning chrome", si avvicinano alle ipotesi di Alvin Toffler, secondo le quali si dovrebbe assistere a una concentrazione tra il produttore e il consumatore. Questa ipotesi racchiude alcune istanze dell’artigianato e si coordina con le nuove tendenze del decentramento produttivo. Tramite la possibilità di interagire in tempo reale, mediante le reti, in ogni parte del mondo non è più necessario operare la concentrazione geografica dei salariati, l’obsoleto spazio altamente rivoluzionario della fabbrica. Si riduce necessariamente lo scambio di informazioni diretto tra gli individui e aumenta l’afflusso informativo da parte delle macchine. Lo spazio di manovra non è più la galassia della vecchia science fiction, ma ancora il corpo sul quale l’artigiano-artista-tecnologo del futuro sarà capace di sperimentare le proprie inconcepibili visioni.


(1) – Monica Dell’Asta, Corpo di cyborg, Cinema & cinema 58, pag. 77

(2) – Si vedano le riviste "Ario" e "Luogo comune" e AaVv, "Cyberpunk", ed. Shake, Milano, 1990, AaVv, Cyberpunk, A/traverso n. 3, AaVv, "Più cyber che punk", A/traverso n. 5

(3) – Teresa De Laurentis, Sf in Usa: linguaggio e corpo, Alfabeta 3/4, pag. 12

(4) – Si vedano: AaVv, Speciale horror anni ’80, Cineforum 286; AaVv, Sentieri selvaggi: conversazioni sul porno", Filmcritica 391/392

(5) – Mi riferisco in particolare ai film: A Zed & Two Noughst (Zoo di Venere), GB, 1986, The Belly of a Architect (Il ventre dell’architetto), GB, 1987

(6) – Franco Moretti, Dialettica della paura, Calibano 2, pag. 79

(7) - Franco Ferrini, Che cosa è la fantascienza Ubaldini, Roma, 1970, pag. 117

(8) – Carlo Pagetti, I marziani alla corte della regina Vittoria, Tracce, Pescara, 1986

(9) – Karl Marx, Oeconomich – Philisophishe manuskripte aus dem jahre 1844 (Manoscritti economici-filosofici del 19449, Einaudi, Torino, 1868, pag. 73

(10) – Asor Rosa, Le due società, Einaudi, Torino, 1977

(11) – Franco Moretti, op. cit., pag. 72

(12) – Francesco Mei, La giungla del futuro, Cooperativa editori, Roma, 1977, pag. 66

(13) - Franco Moretti, op. cit., pag. 77






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