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La spada, il cuore, lo zaffiro


di Antonella Mecenero, "Memorie dal futuro" n. 6, ed. Wildboar, 2016, 10,00 €, 140 pagg.


Altra antologia che raccoglie racconti di un autore, qui, per la prima volta, un’autrice, che ha partecipato più volte al Premio RiLL.

In gran parte, come vedete, sono appunto quelli che parteciparono a quei premi; di quelli che non lo sono, gli ultimi tre fanno parte di uno dei tipici "cicli" del fantasy, ambientati in uno stesso Mondo.

Qui, uno dei, soliti, mondi medioevaleggianti, dove, di elementi realmente fantastici ce ne sono ben pochi (qualche incantesimo, alla fin fine), ma che è trattato, dall’autrice, talmente bene, che ne risulta un qualcosa che ben difficilmente si può trovare nei vari fantasy in circolazione.

Ovvero un mondo molto credibile, molto umano, dove si aggirano persone vere, dai sentimenti che percepiamo, leggendone, subito come veri, appunto.

Nell’intervista in appendice ci dice: "… temo che anche se abitassimo davvero in un mondo popolato di draghi e fantasmi, i mostri peggiori rimarrebbero quelli che vivono dentro il nostro animo.".

E, citando Emily Dickinson, "è assai più sicuro un incontro a mezzanotte con un fantasma esterno, piuttosto che incontrare disarmati il proprio io.": "In ognuno di questi racconti i personaggi devono fare i conti principalmente con se stessi, per capire chi sono, cosa desiderano o accettare le conseguenze di cosa sono diventati." (pag. 133).

E, ciò, ci dice di che tipo di fantastico si tratti.


-"La locanda dell'ippogrifo" (pagg. 11-19); da me commentato nella recensione a "Il funzionario e altri racconti"


-"Caccia all'orso" (pagg. 21-28); da me commentato nella recensione a "Non di solo pane e altri racconti"


-"Anche se ti uccide" (pagg. 29-39); da me commentato nella recensione a "Perché nulla vada perduto", dove appariva col titolo di "La conquista"


-"Notte stellata" (pagg. 41-51; ora anche in "Anonima gidierre" n. 94, 2016); da me commentato nella recensione a "Non di solo pane e altri racconti"


-"Ulisse e la tartaruga" (pagg. 52-59); da me commentato nella recensione a "Il carnevale dell'uomo cervo e altri racconti"


-"L'albatros vola più lontano" (pagg. 61-63); poetico, racconta di un bambino gracile, preso in giro dai suoi coetanei, che lo atterrivano dicendogli che i suoi genitori l’avrebbero venduto sicuramente, tanto era inutile per la vita dura dei campi.

A raccontarci ciò è uno dei bambini sani, di quest’isola dove la vita è molto dura, e bisogna trarne la sopravvivenza a viva forza.

Ma poi il bambino gracile viene venduto veramente, e il narratore diventa adulto ("… abbiamo abbandonato i sogni e siamo diventati uomini." (pag. 62)); ma poi ritorna.

E non avrà avuto uno dei terribili destini che gli si raccontavano, ma sarà diventato un aedo, il mago che l’aveva preso con se avendolo liberato da ogni pesantezza.

Molto ben scritto, a me a ricordato la storia di Ged, in "Il mago di Earthsea" della Le Guin.


-"La recluta muta" (pagg. 64-75); da me commentato nella recensione a "Il carnevale dell'uomo cervo e altri racconti"


-"Come tela di ragno" (pagg. 77-96); dopo una guerra fratricida, un re deve face impiccare molti traditori, fra i quali il marito di sua sorella.

Questa, poi, vorrebbe almeno il suo corpo, ma le leggi lo vietano; le morirà anche il bambino che stava aspettando.

Dimostrando una notevole conoscenza dell’animo umano, l’autrice ci dice di sentimenti forti, i legami familiari, innanzitutto, e lo fa davvero molto bene, rendendo i suoi personaggi molto veri.

Quel re, poi, sarà anche omosessuale, e, alla fine, anche quel suo difficile modo d’amare troverà una via per poter essere bene.


-"Quello che gli uomini sognano" (precedentemente in "La zona morta magazine" n. 2, 2009; pagg. 97-104); quel re omosessuale va, di notte, in incognito, ad un duello.

Aveva proclamato, i duelli, illegali, e andava a sfidare colui che l’aveva accusato di averlo fatto perché non ne aveva mai combattuto uno (e perché… finocchio).

Prima di arrivarvi, però, passa la notte in una locanda, dove salva la vita ad una cameriera giovane, carina, simpatica e… sgualdrina.

Che lo farà poi ritrovare, un braccio spezzato, dopo aver vinto quel duello ("Dite che il Leylord vieta i duelli non perché è debole, ma perché è giusto." (pag. 103)).

Il sentimento di cui si dice qui è quindi quello dell’onestà, della giustizia contro le distorsioni dovute al pregiudizio e all’astiosità.


-"Nulla che non sia già mio" (pagg. 105-128); sempre in quella corte, anni più tardi, il re ospita il figlio di un uomo che lo aveva salvato all’inizio di quella guerra civile.

E, questi, si innamora di una ragazzina di una nobile casata in disgrazia, il cui fratello è imprigionato ed aspetta di essere impiccato a breve.

Dicendogli che è per tentare di salvarlo, gli da una lettera, da fare avere al re, ma, curiosità, presentimento, o cosa altro, lui decide di aprirla, prima di fargliela, clandestinamente, avere.

E scopre che è un falso testamento proprio del re, che tenterà di uccidere, quando questi verrà chiamato per esserne messo al corrente; a causa di un incantesimo che quella ragazzina gli aveva fatto.

Vi si dice, quindi, dei sentimenti della lealtà (il ragazzino non ucciderà il re, riuscendo a prevaricare l’incantesimo, proprio per la sua radicata, lealtà), oltre a quello dell’amore giovanile, che, nonostante tutto quello che vi stava dietro, ci sarà comunque stato, fra i due giovani.


Dunque abbiamo visto che la qualità di questi racconti è sempre buona, per non dire ottima (se anche andate a vedere anche i miei commenti ai racconti già in altre antologie).

E il fatidico "scavo psicologico dei personaggi" ci fa finalmente leggere del fantasy, direi, adulto.

Il Panicucci, nell’"Introduzione" (pagg. 7-9), dice che queste storie "… spiccano per la qualità della scrittura e il tono lieve, ma non superficiale, con cui sono raccontate." (pag. 8).

Il fatto, poi, che il protagonista, il re, sia un omosessuale, è indubbiamente importante; ci dice l’autrice, nell’intervista in appendice:, "Il mio nome è Antonella Mecenero e queste sono le mie storie" (pagg. 129-134): "Il cuore della sua storia, quel che mi interessava raccontare, è il costante confrontarsi con un pregiudizio radicato (un Leylord non può essere omosessuale), pregiudizio che mette più volte in dubbio il suo ruolo e che alla lunga trasforma un giovane idealista in un sovrano capace, ma con una freddezza e un cinismo che non sarebbero spiaciuti a Machiavelli." (pagg. 130-131).

Il Panicucci dice che ne racconta "… evitando le banalità del politicamente corretto…" (pag. 8), ed è verissimo; ne dice in termini molto concreti, veri, appunto, ed è proprio questo che più di tutto ce li fa apprezzare.






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