Recensione di Bruno Valle a "Demone mancato"
Verso la fine degli anni '60, ormai sessantenne, Lyon Sprague De Camp si dedica alle sue storie Novariane; nel 1973 esce il romanzo proposto in luglio da Urania Fantasy, "The Fallible Fiend", che al ciclo di Novaria si ricollega.
L'universo magico ideato da De Camp si articola su più Livelli, il primo di essi è abitato dagli umani, il dodicesimo dai demoni che gli uomini possono evocare, assicurandosene i servigi per un anno, in cambio di cento libbre di prezioso - presso i diavoli - ferro. Questo è il concetto di base del romanzo, il presupposto che conduce Zdim, "il più mite e il più mansueto dei demoni, un tranquillo studioso, di filosofia ... " (pag. 11), nel violento e irragionevole mondo umano. Da questa inversione di valori, con la civiltà e la moralità che si rivelano patrimonio più degli orribili esseri squamosi che degli umani dediti ad ogni sorta di sotterfugio ed ipocrisia, potrebbe scaturire l'effetto straniante che fa vivere la letteratura fantastica, o quanto meno quello spirito umoristico che ha creato la fama della narrativa di De Camp.
In realtà, l'ironia non sa procedere oltre le prime pagine del libro, là dove Zdim, appena evocato dal mago Maldivius per adempiere mansioni di guardiano, cuoco, nonché "donna" delle pulizie, si dimostra un autentico pasticcione, un fallibilissimo demone portato a prendere alla lettera ogni parola del padrone con conseguenze facilmente immaginabili. Via via che il soggiorno di Zdim nel Primo Livello prosegue, l'umorismo irrimediabilmente va perso e alla lettura si presenta un piatto scenario d'avventure guerresche provocate dall'invasione dei neri cannibali di Paalua, ardenti teorizzatori dell’immoralità dei conflitti e dell'illegittimità dell'omicidio… tranne, ovviamente, che per procurarsi provviste di cibo.
Di fronte a una successione risaputa di fatti d'arme, i sottintesi più intelligenti della storia si dissipano e il romanzo assume la struttura vacua ed epidermica di un’opera senza alcuna pretesa. Passa così ignorato anche il riferimento all'aldilà del Primo Livello, "un mondo straordinario, in cui gli dèi sono fievoli fantasmi, la magia virtualmente non esiste e gran parte del lavoro viene eseguito da marchingegni meccanici" (pag. 7), un cui maggior utilizzo nell'economia di "Demone mancato" avrebbe potuto conseguire l'effetto di ravvivare il narrato agendo sul classico Sense of Wonder.
De Camp, almeno, sa NON prendere il Fantasy tanto sul serio da tediarci, senza alcun senso del ridicolo, con illeggibili sproloqui sui valori-eterni-dall'iniziale-maiuscola, ed ha altresì il buon gusto di risparmiarci uno di quei consueti viaggi iniziatici che gli autori di genere farebbero assai bene a lasciare in esclusiva alle opere letterarie della tradizione antica.
Quale conclusiva valutazione di merito, basti forse riportare il giudizio su De Camp dato da Aldiss nel suo mitico "Billion Year Spree": "I suoi libri danno l'impressione di essere stati buttati giù per il solo scopo di divertirsi…"
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