La crisi di un comunista italiano in
di Leonardo Autera
Dalle crisi passate del socialismo jugoslavo alla crisi presente, esistenziale ma non diremmo soltanto, di un intellettuale comunista italiano nel film «Anemia» (visto allo «Spazio libero»), opera prima di Alberto Abruzzese che l'ha ricavata dal proprio romanzo omonimo con la collaborazione, anche per la regia, di Achille Pisanti.
Si sa che Abruzzese, militante nel Pci, docente di Sociologia delle comunicazioni di massa all'Università di Napoli, critico letterario e cinematografico ed esperto di fumetti, è, tra le molte cose, il “teorico dell’effimero”.
Non sorprende, dunque, questo suo bizzarro film che parte dal dato quotidiano e realistico di un funzionano del partito in piena crisi pubblica e privata per sfociare in una storia che congloba i più ritriti generi cinematografici, passando dal «thriller» all'«horror» e a un finale inconcludente con sfumature erotiche e intenzionalmente grottesche.
Forse perché Umberto, il protagonista, dice a un compagno di partito, “Siamo da sempre sottoposti ai cambiamenti e bisogna stare dove hanno luogo i mutamenti”, anche lui decide di lasciar perdere la politica e tutto il resto e di abbandonarsi ai piaceri del fantastico. Tanto più che ha la fortuna di trovare in un cassettone della villa sul lago, piena di echi misteriosi, già residenza del nonno, un vecchio diario di costui, pieno di ossessioni mortuarie e orride ai limiti del vampirismo, alla cui lettura si abbandona sognando anche lui di esserne immerso.
Inutile scendere in dettaglio sugli ingranaggi di un racconto svolto su un'infinità di piani temporali. Ciò che conta è solo il gratuito e ciò che esso offre alla elaborazione delle immagini, al loro taglio ricercato, insomma alla loro geometria e alla loro eleganza formale, dovuta molto alla bella fotografia di Angelo Sciarra; ma per un'esercitazione che lascia, assieme a molte perplessità, il tempo che trova.
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