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Ballard James G. - Millennium people

“Millennium people” (Millennium People, 2003), di James G. Ballard
edizione originale: (Flamingo, Settembre 2003): 16.99 £, 294 pagg.
“I canguri”, ed. Feltrinelli, 2004
traduzione di Delfina Vezzoli
262 pagg., 16,50 €


È, questo, il terzo romanzo di un’ideale trilogia, che, con “Cocaine nights” (Cocaine Nights, ’96) e “Super-Cannes” (Super-Cannes, 2000), dice del malessere della classe media.
Qui, abbiamo “…un giovane pediara (che) persua(de) i residenti (di un sobborgo di Londra) a creare una repubblica unica, una città senza cartelli stradali, leggi senza punizioni, eventi senza significato, un sole senza ombre.” (pag. 259), come termina.
Un’assurdità, dunque.
Gli abitanti di Chelsea Marina scelgono “…l’abdicazione alla responsabilità civica.” (pag. 96), e si ribellano, violentemente; la loro cittadina è fatta di “Abitazioni abbordabili per tutti quei manager medi e quei funzionari statati che sbarcano a malapena il lunario… è stato ideato per la borghesia responsabile, ma si stà trasformando in uno slum costosissimo.”, percui: “Molti di loro sono alle strette. Per questo ci stiamo mobilitando per porvi rimedio. Organizzeremo una serie di manifestazioni di strada.” (pag. 51); sono “…i poveri soldati della maledetta fanteria, l’esercito dei professionisti…. I salari hanno raggiunto il tetto. C’è la minaccia di pensione anticipata.
L’amministrazione comunale ha appena fatto dipingere la doppia riga gialla dappertutto… E… ci hanno graziosamente fornito di parchimetri. Come la vecchia classe operaia nelle sue case di ringhiera…. Quando le vene si esauriscono, veniamo scaricati, come un sacco di software scaduto. Chelsea Marina fianco a fianco con la vecchia classe operaia.” (pag. 75); “…(i) ceti medi… sono il nuovo proletariato, come gli operai delle fabbriche un secolo fa.” (pag. 61).
“…la prossima rivoluzione sarà per i parcheggi.” (pag. 63), dunque; quel pediatra che abbiamo detto, acculturato e dalla parlantina sciolta, solleva gli animi, e una teoria balzana (ma non troppo) comincia a serpeggiare: “…siamo contrari all’idea stessa di viaggio… Il turismo è un sonnifero potente. È una truffa di dimensioni colossali, e fa credere alla gente che ci sia qualcosa di interessante nella loro vita…. I turisti sorridono della loro abbronzatura e dei loro denti smaglianti, e credono di essere felici. Ma l’abbronzatura nasconde quello che sono veramente: schiavi salariati, con la testa piena di spazzatura americana. Il viaggio è l’unica fantasia del ventesimo secolo che ci è rimasta, l’illusione che andare da qualche parte ci aiuti a reinventare noi stessi… Non c’è nessun posto dove andare. Il pianeta è al completo. Tanto vale starsene a casa e spendere i propri soldi in cioccolata.” (pagg. 53-4); “…l’arte… sono solo dei modi per intrappolare la borghesia e renderla docile.” (pag. 59); “(Il mondo è) Un interminabile parco a tema, dove tutto è stato trasformato in intrattenimento. Scienza, politica, educazione sono altrettante giostre di una fiera.” (pag. 60); “…povertà spirituale… nella loro (dei borghesi) menti, nelle loro abitudini e nei loro valori… il sistema delle classi è uno strumento di controllo politico. Il suo vero compito non è reprimere il proletariato, ma tenere sotto controllo i ceti medi, assicurarsi che siano docili e sottomessi.” (pagg. 78-9).
Nel fare delle interviste a quei borghesi, il protagonista e la donna con la quale passerà quel tempo turbolento, rilevano, anche, uno strano, ma, anche questo, non troppo, fatto: ““Ma io voglio che mi facciano il lavaggio del cervello.””, gli risponde infatti una casalinga: ““Che succede se alla gente piace come stanno le cose? Forse sono felici di essere truffati.”” (pagg. 83-84); “A loro piace, adorano l’alienazione” (pag. 121).
Lo stridore di quell’accostamento proletariato/borghesia è evidente, e, i personaggi, vi tornano infatti sopra a più riprese; ad esempio: “Il “nuovo proletariato”? Con tanto di scuole private e BMW?”, (pag. 95), ma l’elemento importante è un altro; il sentire, di quei borghesi, che stà diventando qualcosa di al contempo vecchissimo, e nuovo: “…stavo assistendo all’emergere di un tipo più intenso di noia.” (pag. 72); “…manifestazioni che segnalavano un bisogno disperato di un mondo più ricco di significato.” (pag. 39); “Siamo tutti annoiati… disperatamente annoiati. Siamo bambini lasciati troppo a lungo in una stanza di giochi. Dopo un po’ non possiamo fare a meno di rompere i giocattoli, anche quelli che ci piacciono di più. Non crediamo in niente.” (pag. 105).
Per cui, quei borghesi ribelli, sembrano: “…una quinta colonna allo bando, imotivata e impenetrabile, (di) un dadaismo scatenato.” (pag. 181).
Ma, poi, agli attentati dilettantistici ed innocui che i protagonisti attuano, si accostano degli attentati seri, con morti, e gravi danni; seguito di quello che ha portato il protagonista principale ad unirsi a quell’atipica guerriglia: “Hai fiutato una strana traccia laggiù. E pensi che conduca a un nuovo io di cui sei alla ricerca. Forse hai bisogno di trovarlo.” (pag. 104), gli dice infatti la moglie; e, quel qualcosa, lo troverà, liberandosi del, tipico, peso che gli gravava sullo stomaco; così come quella moglie, che risulta essere la figura più equilibrata di tutte, se non l’unica; ma che ha una strana ossessione, continuando a fingersi invalida anche dopo aver pienamente riacquistato l’uso delle gambe dopo un incidente automobilistico.
Questo dà lo spunto a Ballard per inserire quello che è forse l’unico punto nel quale riecheggino motivi della sua poetica: “Spesso gli incidenti stradali tirano fuori il peggio delle persone.” (pag. 123); “…mi stirai contro il volante, sistemando le ginocchia e i gomiti in mezzo ai comandi da invalido, un mondo contorto che sembrava imitare un regno di desideri sessuali deviati.” (pag. 131).
Ma, questo, non vuol certo dire che non sia un romanzo ballardiano; lo stile è quello suo solito, inconfondibile e personalissimo, che può o piacere incondizionatamente o… schifare; pieno fino all’esagerazione di, per dire, similitudini, molte volte sovrabbondanti, fino ad occupare diverse righe.
E, anche se non si intravedono piscine, ed un campo di concentramento viene nominato solo una volta, e di sfuggita, abbiamo quel pediatra che si iscrive ad un corso di volo in aliante, e che: “Ha una mente sorprendentemente lucida, come quei bambini con danni cerebrali di cui si occupa. In un certo senso, anche lui è uno di loro.” (pag. 76); bambini che curava in un luogo denso di significanza, come molti dei suoi; e quella sua capacità di ironia, che abbiamo detto aver messo nel dire di quei borghesi/proletari, e che rispunta, anche, nel dire di come, poi, il sistema riassorba quella rivolta donchisciottesca: “…una tenuta della nuova guerriglia chic ispirata a Chelsea Marina che era già apparsa in un servizio di moda sull’“Evening Standard”. (pag. 207).
Ad un certo punto si dice dello sconcerto dinnanzi alla violenza gratuita ed insensata: “Un attentato dinamitardo non solo uccideva le sue vittime, ma provocava una violenta frattura nel tempo e nello spazio, e lacerava la logica che teneva insieme il mondo… facendo crollare i grattacieli…” (pag. 161), che mi ha fatto pensare che, certamente, i fatti delle torri di New York non devono essere stati del tutto estranei all’ispirazione di quest’opera; poi c’è il criptico: “…assassini casuali di cortili scolastici (riferito agli scoppi di follia omicida) e grattacieli di librerie…” (pag. 258), che, in fondo, potrebbe proprio voler dire che è, un libro su quei fatti; nel finale, Al-Qaeda viene proprio nominata, anche se fuori contesto (pag. 256).
E c’è il tipico pezzo forte, un lungo brano nel quale Ballard dice molto bene quali siano i reali sentimenti della borghesia di oggi: “La gente non si piace al giorno d’oggi… Tolleriamo tutto, ma sappiamo che i valori liberali sono fatti apposta per renderci passivi. Pensiamo di credere in Dio, ma siamo terrorizzati dal mistero della vita e della morte. Siamo profondamente egocentrici, ma non riusciamo ad affrontare l’idea del nostro io finito. Crediamo nel progresso e nel potere della ragione, ma siamo assillati dai lati più oscuri della natura umana. Siamo ossessonati dal sesso, ma temiamo l’immaginazione sessuale e dobbiamo essere protetti da enormi tabù. Crediamo nell’uguaglianza, ma detestiamo le classi inferiori. Temiamo i nostri corpi e, più di qualsiasi cosa, temiamo la morte. Siamo un incidente della natura, ma pensiamo di essere al centro dell’universo.
Siamo a pochi passi dall’oblio, ma in qualche modo pensiamo di essere immortali.” (pagg. 126-7), il tutto pronunciato proprio da quell’agitatore di folle, un po’… folle; nel quale, quindi, penso che l’autore si identifichi.
Dunque, l’insensatezza, la mancanza di significato, lo smarrimento; e la violenza, che ne deriva: “Chelsea Marina era il modello di riferimento per le proteste sociali del futuro, per insurrezioni armate prive di senso e per rivoluzioni condannate, per la violenza immotivata e per manifestazioni dissennate.” (pag. 258).


Altri contributi critici: segnalazione di Gian Paolo Serino, “Kult” n. 3/2004, ed. Pem, pag. 103; “Londra borderline”, di Marco Belpoliti, “L’espresso” del 1/4/2004

Aggiunto: December 24th 2004
Recensore: Marcello Bonati
Voto:
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Hits: 1583
Lingua: italian

  

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