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ESCHBACH ANDREAS - UN MILIONE DI TAPPETI DI CAPELLI
Andreas Eschbach
Un milione di tappeti di capelli
Solaria Fanucci – Roma, 2000, traduzione di Robin
Benatti
Ci sono storie che hanno il dono di catturare il
lettore dopo poche righe. Ci sono narratori che non scrivono romanzi, ma
“raccontano” e così facendo proiettano il lettore in un mondo altro,
che poi potrebbe essere una dichiarazione d’intenti per una teoria della
letteratura. E’ questo il caso di Un milione di tappeti di capelli di
Andreas Eschbach, tedesco del Baden–Wuttemberg, per la cui biografia vi
rimandiamo all’introduzione di Robin Benatti (che ne è anche il traduttore
intervistato in appendice).
La storia raccontata da Eschbach è difficilmente
incasellabile. L’introduzione cita Borges – “Tlon, Uqbar, Orbis Tertius” –; agli
occhi di chi scrive Un milione di tappeti di capelli ha richiamato le
ambientazioni su mondi lontani dei romanzi di Dune o i pianeti di Ursula
LeGuin, paesaggi quasi fiabeschi, lontani dalle città in rovina o dalle
atmosfere post-tech di tanta fantascienza contemporanea: una sorta di ritorno
alla villa medievale, con le corporazioni e gli artigiani, i predicatori
e gli eretici. In questo universo lontanissimo e frammentato, tessere i tappeti
di capelli diventa elemento unificatore: è la continuità, la tradizione, ed ogni
padre passa la sua "arte" all'unico figlio maschio. Non si tratta però solo di
una semplice professione, ma una sorta di funzione sacra, di dono alla divinità
dell'imperatore che è l'immagine di un potere a tratti kafkiano:
irraggiungibile, arroccato su un pianeta lontano e dickianamente immortale,
eppure intoccabile se è vero che chiunque dubiti della sua esistenza viene
additato come eretico.
Interessante è la tecnica adottata da Eschbach,
un’architettura narrativa articolati su una serie di capitoli che sono quasi dei
racconti compiuti con un loro inizio e fine, eppure condividono con gli altri
una linea narrativa di fondo, appesantita però da una lunghezza che è sembrata
eccessiva, forse l’unico neo di un’opera godibilissima. Così ogni sezione
aggiunge qualcosa alla descrizione di quel mondo, fa avanzare il racconto
dell’Impero in disfacimento, dominato da un potere ormai sfaldato, inesistente,
preda di un fenomeno entropico che lo ha portato ad autodistruggersi, e
contemporaneamente racconta dei tappeti di capelli tessuti con certosina
pazienza, e per questo emblema dell’immobilità, tentativo di bloccare questo
processo di dissoluzione.
Per concludere due parole sulla collana Solaria di
Fanucci che avendo ormai superato un anno di vita è riuscita sempre a proporre
dei titoli interessanti: una vera e propria sfida dell’editore che da un lato
parla di «morte della fantascienza», ma dall’altro riesce a scovare autori
interessanti.
La fantascienza è morta. Lunga vita alla
fantascienza.
Il successo di pubblico e di critica riscosso da
Miliardi di tappeti di capelli ci ha suggerito di rivolgere
alcune domande a Robin Benatti,
traduttore di Eschbach, uno dei maggiori conoscitori di fantascienza dell’ultima
generazione e di letterature d’avanguardia.
Aggiunto: April 19th 2004 Recensore: Giuseppe Iannozzi Voto: Link correlati: INTERVISTA AL TRADUTTORE Hits: 1529 Lingua: italian
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