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Vinge Vernon, Tutti i racconti/1
(The Collected Stories of Vernon Vinge, 2001), a cura di James Frenkel, "Cosmo argento" n. 339, ed. Nord, 2006 (18,00 €, 384 pagg.); edizione originale: (Tor: 27.95 $, 464 pagg.)
Antologia che raccoglie i primi racconti pubblicati dall’autore, è, come vedremo, di qualità alquanto scadente. Cosa che, indubbiamente, può essere dovuta proprio all’inesperienza.
I racconti sono preceduti da una breve presentazione, e in alcuni casi da un’altrettanto breve postfazione. Nelle quali spesso si fa riferimento al concetto di singolarità tecnologica, da lui sviluppato in un saggio del ’93. Che dice della probabilità che l’ascesa tecnologica che stiamo vivendo porti l’Umanità ad oltrepassare una soglia oltre la quale ogni possibilità di estrapolazione diviene impossibile, in quanto la differenza del Mondo che ne conseguirebbe sarebbe troppo grande, rispetto all’Oggi.
-"Corri, Norman, corri" (Bookworm, Run!; originariamente in "Analog", marzo '66, pag. 8, traduzione di Roldano Romanelli; pagg. 12-53)-in un mondo nel quale c’è stata una Grande Depressione causata dall’invenzione di una fonte d’energia infinita, negli States è in corso un esperimento mirante a tentare di capire dove potrebbe portare il collegamento della mente umana alla conoscenza. A tutta, la conoscenza.
Esperimento che viene effettuato su uno scimpanzè.
La trama, prevalentemente, racconta del tentativo dello scimpanzè di fuggire dal super impianto ipertecnologico nel quale si svolge.
Il finale vede esplicitato il messaggio del giovane Vinge (lo ha scritto che stava per finire il liceo), che è il solito ammonimento sulla possibilità di un utilizzo sconsiderato della scienza.
Nella postfazione, l’autore dice una cosa abbastanza interessante sulla singolarità tecnologica: "…un luogo dove l’estrapolazione fallisce e debbono essere applicati nuovi modelli… Il meglio che noi scrittori possiamo fare è avvicinarci furtivi alla Singolarità, e aggrapparci ai suoi bordi." (pag. 54).
-"Il complice" (The Accomplice; originariamente in "If", aprile '67, traduzione di Roldano Romanelli; pagg. 59-70)-altro racconto scritto da Vinge quando aveva vent’anni, ha una prefazione nella quale dice… quanto sia brutto. Dice che, pensando, giustamente, ad un rapidissimo miglioramento del computer, non aveva pensato al più importante cambiamento, l’avvento del personal, computer.
Ma, in fin dei conti, non è un brutto racconto; vi si dice dell’… invenzione del cartone animato elaborato al computer, discretamente.
Certo "…se una trovata narrativa è qualcosa di verosimilmente realizzabile al momento attuale, non è plausibile… presentarla nella trama come una sorpresa." (pag. 58), ma vabbè.
-"Il mercante e l'apprendista" (The Peddler's Apprentice; anche in "Il pianeta dei venti", "Robot speciale" n. 3, ed. Armenia, ‘77, pagg. 4-41, in questa traduzione di Gabriele Tamburini, originariamente in "Analog", agosto '75; pagg. 74-125)-primo dei racconti già precedentemente editi in Italia, è stato scritto in collaborazione con la moglie Joan D.. Ed è davvero ottimo.
Vi si immagina un tipo di mercante davvero originale, si, perché ha un macchinario che lo fa dormire per millenni, senza farlo invecchiare, e, ad ogni risveglio, ha mercanzie da vendere sempre appetibilissime, per la civiltà che trova. Per la questione, che ne è un po’ al centro, della ciclicità di ascesa e caduta, delle civiltà.
L’autore stesso, nella postfazione, ammette che non è ben chiara neppure a lui, questa figura di mercante, ma non è certo essa la cosa più importante, del racconto.
Il pathos che lo regge, e che lo rende il buon racconto che è, è il contrasto fra due molto diversi livelli di conoscenza, quello del mercante e quello del protagonista, un ragazzo del mondo stagnante in un medioevo posticcio, tenuto volutamente a quel livello da persone che avevano pensato, così, di evitare altre cadute disastrose, all’Umanità, in cui è ambientato.
La prima parte, quella scritta da Vernon, scorre lenta, fra descrizioni attente e ben riuscite, e con appunto questo pathos che ne rende ogni accadimento interessante, accattivante.
Il finale, scritto da Joan D., ha sicuramente il merito di aver reso possibile leggerne l’inizio, che Vernon non riusciva a completare.
-"Il prezzo della libertà" (The Ungoverned; originariamente in "Far Frontiers", vol. III, a cura di Jim Baen e Jerry Pournelle (Baen Books, ’85: 2.95 $, 319 pagg.), pag. 10, traduzione di Roldano Romanelli; pagg. 130-183)-ambientato in un mondo post-atomico, è, unicamente, un racconto di guerra.
Certo, una guerra molto particolare, che vede contrapposti il Nuovo Messico, invasore, e… i territori anarchici. Nei quali non c’è un governo, ma agenzie private che, dietro compenso, affrono protezione ai privati, che vivono isolati e, in alcuni casi, trincerati e forniti di armamenti altamente sofisticati.
L’idea, in fondo, non è male, ma il fatto è che è resa solamente con il resoconto di questa guerra, con la descrizione dei carri armati invasori che avanzano, e le difese inevitabilmente raffazzonate che incontrano.
C’è l’idea che permetterà di fermarla, l’invasione, c’è il fatto che all’eroe viene sostituita una parte del cervello che gli era saltata con circuiti cibernetici, e c’è il pathos dell’utilizzo di bombe atomiche, anche se sono state causa del disastro; ma certo non basta. Il racconto risulta monotono, piuttosto tedioso, da leggersi.
-"Campo lungo" (Long Shot; anche in "Fantascienza. I migliori racconti di famosi scienziati" (Great Science Fiction Stories by the World's Great Scientist, ‘85), a cura di Isaac Asimov, Martin H. Greenberg e Charles G. Waugh, "I grandi tascabili" n. 293, ed. Bompiani, ’93, in questa traduzione di Sergio Mancini, pagg. 87-105; originariamente in "Analog", agosto '72; pagg. 188-205)-il secondo dei racconti già precedentemente editi qui in Italia, è "…l’apoteosi di tutte le missioni planetarie…" (pag. 205).
Vi si racconta, infatti, dell’estremo tentativo dell’Umanità di perpetuarsi, dopo che ha capito che il Sole stà per esplodere.
Un’astronave intelligente che, prendendo la spinta dal Sole stesso, va a cercare un altro mondo adatto all’Uomo. E ha, dentro di sé, degli zigoti umani, che potranno, appunto, far sopravvivere l’Umanità.
Pieno zeppo di descrizioni tecnologiche… high, risulta però nel complesso abbastanza piacevole.
-"Apartheid" (Apartness; anche in "Il vento del sole" (World's Best Science Fiction 1966, ‘66), a cura di Donald A. Wollheim e Terry Carr, "Sfbc" n. 36, ed. La tribuna, ’66, nella traduzione di Roberta Rambelli, pagg. 55-73; originariamente in "New Worlds" # 151, giugno '65, pag. 22; traduzione di Gianluigi Zuddas; pagg. 209-234)-terzo dei racconti già precedentemente editi in Italia, è ambientato in un mondo post-atomico nel quale l’intero emisfero settentrionale è stato praticamente distrutto, e in cui, a dirigere le scelte politiche dell’Impero sudamericano, per il rifiuto di ogni scienza, è… l’astrologia.
E narra di una spedizione alla ricerca di una delle tante leggende che hanno preso a circolare, Long Island, che solo alcuni sanno essere stato, solamente, un luna-park. Che, però, incappa in una tribù che abita l’Antartide, in cui, di norma, non vi sono indigeni. In pieno stile "avventuroso".
Si scoprirà, poi, che erano i bianchi sudafricani che erano scappati alla sollevazione negra dopo che il Disastro li aveva privati dell’aiuto degli europei e dei nordamericani.
Abbastanza divertente, rivela ancora una volta le carenze nell’ideazione della trama dell’autore.
-"Vittoria per abbandono" (Conquest by Default; originariamente in "Analog", maggio '68, traduzione di Enzo Verrengia; pagg. 238-278)-bel racconto ambientato nello stesso mondo del precedente, qualche tempo dopo.
È incentrato sulla diversità. Sulla Terra arrivano degli alieni che hanno una struttura sociale totalmente differente dalla nostra. Praticamente non, hanno, una struttura sociale. Niente governi. Ognuno può vivere la propria esistenza come gli pare, purchè non danneggi gli altri.
I più sono riuniti in comunità, da quelle familiari ad altre, fino ai quindicimila componenti. Ma se diventano troppo numerose ci sono degli Arbitri, figure quasi religiose completamente super-partes, che ne decretano lo scioglimento.
L’impatto dell’incontrarsi fra queste due culture così diverse è reso abbastanza bene, anche se poi la narrazione prosegue seguendo gli stilemi più classici del racconto d’avventura, senza addentrarsi affatto nelle possibilità potenziali di una situazione del genere.
-"La giostra del tempo" (The Whirligig of Time; anche in "Stellar" (Stellar 1, ’74), a cura di Judy-Lynn Del Rey, "Fantapocket" n. 14, ed. Longanesi, ’77, in questa traduzione di Mariagrazia Bianchi Oddera, pagg. 94-115, originariamente apparsovi; pagg. 281-306)-ultimo dei racconti già precedentemente pubblicati qua da noi, è abbastanza ben riuscito.
Ha una sorta di premessa, nella quale si dice in maniera direi efficace di una brevissima ma letale guerra nucleare che, praticamente, distrusse l’Umanità, per poi passare ad uno scenario che, apparentemente, non ha nulla a che vedere con ciò. Una festa di compleanno di un principe iperviziato, su un’astronave immensa, fra sfarzose ricchezze e salamelecchi rituali al limite del ridicolo.
Viene avvistato un relitto spaziale, e un non-cittadino, uno degli sconfitti della Catastrofe, dice che che è un manufatto alieno, che farebbe bella mostra nella collezione del principe.
Ma sarà una di quelle testate nucleari, che spazzerà anche quell’assurda famiglia reale, consentendo a ciò che è rimasto dell’Umanità di poter tornare ad una forma di governo più… umana.
C’è una grave carenza, nella composizione del testo: manca lo stacco fra le due parti, cosa che ci si porta dietro dalla precedente edizione.
-"Paura della bomba" (Bomb Scare; originariamente in "Analog", novembre '70, traduzione di Elisabetta Vernier; pagg. 309-322)-altro pessimo racconto, di quest’antologia. Lo stesso autore, nella prefazione, dice che lo considera "…un racconto debole…" (pag. 309), e che ebbe molta difficoltà a venderlo. E si capisce.
Un space-opera vecchissimo stile, con le enormi e potentissime astronavi dei cattivi che vogliono conquistare l’intero Universo, eccetera.
La trovata del finale lo risollevva un po’, ma ci vuole ben altro.
-"La fiera della scienza" (The Science Fair; originariamente in "Orbit" # 9, a cura di Damon Knight (Berkley Medalion, ’72: 0.95 $, 255 pagg.), pag. 147, traduzione di Elisabetta Vernier; pagg. 325-338)-buono, è ambientato su un pianeta… senza sole. È scientificamente plausibile, infatti, che esistanmo dei pianeti vaganti, che non orbitino attorno ad un sole.
La trama è incentrata sulla paura che suscita la scoperta di uno scienziato di un tale mondo che, il pianeta, si stà avvicinando ad una stella, per entrarne nell’orbita, evento che, evidentemente, ne cambierà totalmente la biosfera.
-"La gemma" (Gemstone; originariamente in "Analog", ottobre '83, traduzione di Elisabetta Vernier; pagg. 341-378)-bel racconto che ha uno svolgimento quasi interamente mainstream. Narra di una roccia senziente, ritrovata da un esploratore ad un polo, e conservata gelosamente dalla moglie/nonna.
Nonna che ospita la nipotina per l’estate.
È una roccia che trasmette sensazioni, oltre che a produrre diamanti. Che saranno la causa della morte, della nonna, ma anche del risvegliarsi, della gemma, che si rivelerà, appunto, un essere senziente, e deambulante, con un’intelligenza simile a quella di un cane.
Piacevole, e abbastanza ben congegnato.
Abbiamo dunque visto che questi primi racconti di Vernon Vinge (che, poi, non sono neppure tutti; forse non sono disposti cronologicamente), sono purtroppo frequentemente assai modesti, per essere generosi.
Ma, anche, che qualche gemma (scusate il gioco di parole!), c’è.
Prevalentemente, ed è comprensibile, in quelli già precedentemente editi, ma anche, appunto, in "La gemma", e qualche altro.
Non ci resta che sperare che il secondo, o comunque i successivi, ci riservino delle sorprese migliori.
Finalista (3°) Locus 2002; altri contributi critici: non tradotti: recensioni di Thomas A. Easton, "Analog", giugno 2002, pag. 136 e Paul Kincaid, "The New York Review of Science Fiction", dicembre 2002
Aggiunto: August 14th 2007 Recensore: Marcello Bonati Voto: Hits: 1089 Lingua: italian
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