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ALDISS BRIAN W. - A.I., INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Brian
W.Aldiss
A.I.-Intelligenza artificiale (Supertoys Last All Summer Long and Other Stories
of Future Time, 2001 edizione originale: "Orbit" - UK, 2001)
Traduzione di Riccardo Valla
Mondadori
Collana: Urania (n.1415); Oscar varia (n.1799)
Pagine: 252 - 219
Anno: 2001
€ 3,56 - 6,71 (£ 6.900-13.000)
Ottima
antologia, questa, come ormai ci ha ben abituato Aldiss; a parte l’evidente
richiamo che lo stra citato, mitico raccontino dal quale prima Kubrick, poi
Spielberg hanno tratto l’attesissimo film, vi sono contenuti racconti tutti
buoni, alcuni davvero ottimi, sprazzi di divertimento intelligente come
raramente capita di trovare.
Oltre
ai racconti del film, il primo, e gli altri due scritti successivamente, pare di
capire verso il ’99, e la lunga introduzione ("Genialità e insoddisfazione: i "Supertoys"
da Stanley Kubrick a Steven Spielberg" (Attempting to Please, originariamente
apparso, in parte, in "The Guardian" del 16 luglio '99, e che c’è solamente
nell’edizione "Urania") (1), vi sono poi due tipi ben distinti di racconti;
quelli per così dire surreali, nei quali si descrivono situazioni e
personaggi ai limiti, e l’autore si lascia andare a lirismi che, a volte,
raggiungono un’ottima qualità, e quelli che chiameremo discorsivi, nei
quali, ad un testo lasciato al minimo, si fa avanti il discorso, un
dibattere un tema, uno spunto.
Personalmente, preferisco di gran lunga i primi, ma in alcuni, di quegli altri,
ho trovato non pochi elementi d’interesse.
E, in
tutti, il tono che prevale è quello umoristico, anche se, naturalmente, è un
umorismo inglese, e, quindi, sotto il quale si cela un sostrato serio, a volte
malinconico, a volte tragico.
Andiamo
a vederli ad uno ad uno.
-"Supertoys che durano tutta l’estate" (Supertoys Last All Summer Long,
’69)-"Harper's Bazaar", dicembre '69, poi antologizzato in "The Moment of
Eclipse" (Faber & Faber, '70); 10 pagine, pag.21, anche sul "Corriere della
sera" del 27 novembre ’99, nella traduzione di Massimo Bocchiola, col titolo di
"Super-Toys"-il racconto che originariamente ispirò Kubrick, e che verte,
appunto, sull’ambiguità artificiale/umano; il bambino che non sa di essere
artificiale, ma che avverte che la madre non lo ama come…dovrebbe.
Sotto,
evidente mi pare la paura, normale, nei bambini, di scoprire che mamma e
papà…non lo
sono, e
che, quindi…
-"I
Supertoys quando arriva l'inverno" (Supertoys When Winter Comes, 2001); 10
pagine, pag.10 pagine, pag.31-primo dei racconti che Aldiss scrisse solo molto
più tardi, dopo che aveva a lungo lavorato con Kubrick per la sceneggiatura del
film; la madre, in uno scatto d’ira, rivela al bambino/androide il suo
non essere umano, : "Sei solo un androide anche tu!" (pagg.38), e, lui, il suo
programma, emergono, facendogli dire parole sintetiche: "…non vuoi bene
al mio programma…Stare zitta!" (pagg.38-9).
Il
finale è dickiano, un po’ alla "Le formiche elettriche"; David divelle
l’apparato che creava le illusioni nelle quali vivevano, lui e la sua
famiglia, e si ritrova nel mondo vero, il mondo oltre il velo di
Maya, il mondo che, platonicamente, stà dietro alle cose.
-"I
Supertoys nella nuova stagione" (Supertoys in Other Seasons, 2001); 12 pagine,
pag.41-l’altro dei racconti scritti dopo la morte di Kubrick, vi si
approfondisce quella lacerazione interiore di cui abbiamo visto David soffrire,
umano/artificiale: "Sono umano, mamma.Ti voglio bene e sono triste come le
persone vere, perciò sono umano…Non è vero?" (pag.40), finiva il precedente, e,
qui, dopo aver visto David in uno scenario che ha quasi del surreale, un Paese
dei Balocchi Rotti, una discarica di macchinari che hanno finito di essere utili
all’uomo, assistiamo alla rivelazione ultima, definitiva, senza possibilità di
ulteriori dubbi che il padre fa al figlio: "Io mi sento felice e
mi sento triste.Amo la gente.Quindi sono umano.Non è vero?" (pag.49), insiste
David, ma la chiara risposta priva di equivoci, o illusioni alcune, ne disillude
il residuo sognare, di essere una persona: "Sai solo pensare di essere felice o
triste.Sai solo pensare che vuoi bene a Teddy o a Monica (la madre)" (pag.50); è
il sentimento paterno, quindi, ciò che vi spicca maggiormente, un sentimento
che, dopo la caduta in disgrazia anche del padre, lo porta a rivolerlo
con se, riservandogli un trattamento di assoluto riguardo, con un vero figlio.
-"Ritorno all’apogeo" (Apogee Again, ’99); originariamente apparso in
"Moorcock@60.com", '99; 8 pagine, pag.54-scritto appositamente per un compleanno
di Michael Moorcock, un divertente science-fantasy, con, però, risvolti,
tremendamente attuali, e reali.
Vi si
racconta di un pianeta: "Molto simile al nostro, ma leggermente diverso."
(pag.54), che, periodicamente, si allontana dal proprio sole in misura molto
superiore alla Terra, con le conseguenze che si possono pensare; ma, il
racconto, ha una metafora dolce/amara; dolce perché si ipotizza che le genti di
quel pianeta, pensando che il calore del sesso possa fermare il gelo che li stà
avvolgendo, si mette a farne in abbondanza, amara perché si sottende al disastro
possibilissimo che il buco nell’ozono potrà farci vivere molto realmente.
Il
sesso, finalmente, vi viene detto ampiamente, con metafore piccanti e, appunto,
divertenti.
-"La
Tre I" (III, 2001); 4 pagine, pag.62-tutto tenuto su di un tono scherzoso, parla
di una mega società del futuro che diviene potentissima grazie al possesso di
un’enorme quantità di ghiaccio trovata sulla Luna; per, poi, arrivare, in
progressione, a controllare l’intera fornitura idrica del pianeta, il suo clima,
e, poi, le spedizioni spaziali, che sono sfamate con…alieni, trovati sui
vari pianeti.
Evidente la critica al liberismo portato agli eccessi, che calpesta bellamente
etica e moralità, per il sacro dio del Profitto.
-"La
vecchia mitologia" (The Old Mythology, 2001); 14 pagine, pag.67-ancora un
racconto tenuto su di un tono umoristico; vi si dice di un’attrice di soap opera
del 22° secolo un po’ sciocchina: "In tutto il suo corpo non c’era una sola
cellula di sincerità." (pag.67), che vince il premio di poter andare a vivere in
una qualsiasi persona nell’arco della Storia dell’Umanità; sceglie una giovane
donna dell’Età della Pietra, e…
Là,
forse un po’ troppo tirato per le lunghe, c’è una sorta di trasposizione reale,
effettiva, del complesso di Edipo: "…non ci sentiremo veri uomini finchè non te
ne sarai andato dalla Terra; ucciderti è necessario per sentirci uomini liberi,
maturi, con il controllo del nostro destino… (dei figli al padre)
-In
altre parole, è un rito di iniziazione!…Perché non avete ancora inventato la
psicologia?" (l’attrice di soap opera che stà godendo il suo premio).
Il
finale è un mito di creazione, in cui si prefigura un salto di qualità
dell’umanità; una sorta di elogio della psicologia, dunque.
-"Quando ci si de-testa…" (Headless, ’94); originariamente apparso sul "Daily
Telegraph" del 23 aprile '94; 6 pagine, pag.81-in cui si dice di un uomo il cui
psichiatra, non riuscendo a sollevarlo dalla sua inesistente autostima, gli
consiglia di suicidarsi; e che decide di farlo facendo, anche, una buona
azione; infatti, lo trasforma in uno spettacolo, i cui proventi andranno al
Turkmenistan terremotato.
Il
portare un’idea, una questione, ai suoi limiti estremi, tipico della Sf, quindi,
applicato ad una scienza debole, la psicologia.
-"Mucche pazze" (Beef, 2001); 4 pagine, pag.88-ancora, come nel precedente, vi
si estremizza la paura odierna per la mucca pazza, appunto, ipotizzando
un mondo nel quale tutti gli animali, e gran parte degli uomini, sia stata
falcidiata da un morbo di creazione umana, che avrebbe dovuto servire ad
uccidere gli animali selvatici.
Ma è
ben chiaro che, il vero problema, sono le grandi masse del terzo mondo, affamate
ed afflitte da malattie che, nel "primo mondo", come lo si dice qui, sono ormai
debellate; vi si legge, netta, la paura arcaica dell’Uomo Bianco, che si
incubizza sopraffatto da masse nere e gialle, affamate e…incazzatissime.
-"Nulla
di questa vita è mai abbastanza" (Nothing in Life in Ever Enough, ’99);
originariamente apparso, in Francia, nel giugno '99, col titolo di "Rien dans La
Vie N'est Jamais Suffisant"; 16 pagine, pag.92-una sorta di riscrittura,
rielaborazione, suppongo molto personalizzata, del "Calibano" (?) di
Shakespeare; devo confessare che, del grande drammaturgo inglese, non ho letto
nulla, e, così, tralasciando i paralleli ed i confronti, quello che mi resta da
dire è che è un racconto d’atmosfera, nel quale, cioè, si riesce a
trasportare il lettore in un ambito davvero tenero, di sentimenti dolci, e
delicati, anche se non vi si tralascia certo il lato sdrucciolevole
dell’esistenza; dell’amore, ingenuo e meravigliato, di due bambini che vivono la
propria infanzia in mezzo alla natura; la propria scoperta del sesso.
-"Qualcosa di matematico" (A Matter of Mathematics, 2001); 15 pagine,
pag.108-ottimo, dice qualcosa di molto criptato, ma decisamente importante: "…la
nostra vita è un fenomeno scientificamente impossibile." (pag.120), che è un
concetto terribilmente inquietante, nella sua semplice esattezza, è una delle
tante cose, che vi si dicono; ci sono i colori di Gauguin, e il sesso, ancora
una volta, visto da un’angolazione umoristica, che penso strappi una risatina a
molti, e sogni cupi (ma bellissimi): "È un luogo allarmante…per il fatto che
l’infinito è sempre allarmante. Un’enorme distesa di terreno con niente che vi
cresce sopra.E l’oceano.Un oceano cupo.Le onde sono pesanti e scure…e lente."
(pag.113); che prefigura il ritorno a scenari ancestrali che caratterizza il
finale.
Ballardiano.
-"Il
pulsante pausa" (Pause Button, ’97); radiotrasmesso nel '97 a "Channel Four"; 4
pagine, pag.124-in cui si impotizza le realizzazione di un marchingegno che
consente di avere tempo per riflettere: "…in una situazione critica, la persona
con un RFR (Riflesso Funzionale di Ritardo) nel cervello si ferma per un
istante….(ciò) permette alla persona di riflettere su quanto sta per fare."
(pagg.125-6); idea che, poi, serve per fare delle critiche di tipo politico.
-"La
felicità al contrario" (Happiness in Reverse, 2001); 8 pagine, pag.128-primo di
un trittico riunito sotto il titolo "Tre tipi di solitudine", è in forma
epistolare; sono le lettere che un giudice scrive alla moglie allontanatasi da
lui, nelle quali si inventa una favola della solitudine, inserendola in una
improbabile cornice di un processo inesistente: "Naturalmente mi sento solo
senza te, altrimenti non mi metterei a inventare favole." (pag.135)
È una
favola un po’ surreale, ma neanche tanto triste, di un pinocchio che ha
una sensibilità tutta sua: "…(aveva) un credo consistente nel non mangiar carne
e nel crescere in direzione verticale verso l’alto, nel contempo dando anche
foglie e frutti." (pag.132), nel quale sembra infrasentirsi il desiderio di
maternità, della donna, usato come richiamo per ottenere lo scopo, di quelle
lettere.
-"Un
artista a una sola dimensione" (A Single-Minded Artist, 2001); 4 pagine,
pag.136-secondo di quel trittico, è un concentrato incredibile di moltissimi
concetti importanti, detti semplicemente; come il rapporto fra creazione
artistica e realtà fenomenica: "È carino.Ma non è uguale alla poltrona
vera."-"Ma a che servirebbe se fosse perfettamente uguale al’oggetto
raffigurato?" (pag.139).
Vi si
racconta di un artista con un’ incredibile spontaneità nel creare, in molteplici
campi, dell’arte, che si ritira quando, un critico, fa notare che, ciò: "…era
una mancanza di radici." (pag.137).
-"I
cubi parlanti" (Talking Cubes, 2001); 7 pagine, pag.139-terzo del trittico che
abbiamo detto, dice dell’assurdità di un amore spezzato dalla guerra, dal fatto
di trovarsi dalle parti sbagliate del confine.
Il
novum a cui il titolo, è una buona trovata, e resa bene, ma, decisamente,
introdotto solamente per renderlo un racconto di Sf.
-"Il
cavallo della steppa" (Steppenpferd, 2000); originariamente apparso in "The
Magazine of Fantasy & Science Fiction", febbraio 2000; 14 pagine, pag.146-uno
degli splendidi racconti surreali, narra di una razza aliena che, molto
classicamente, arriva sulla Terra; ma non per invaderla, o altro di già sentito,
ma per prenderla, e portarla ad orbitare attorno al loro immenso pianeta,
orbitante attorno ad un’immensa stella; e sono alieni veramente tali, nulla di
anche vagamente antropomorfo, anche se sanno camuffarsi molto bene, rendendosi
prentabili.
E,
questa loro alienità vera li fa sentire, al monaco protagonista, qualcosa
di apparentabile con niente di meno che il Demonio; questa dimostrazione
di occlusione mentale fa contrasto con l’apertura che, all’inizio del racconto,
egli dimostra rispetto all’ottusità dell’umanità che si scanna per delle
futilità.
Ma,
quello che risulta, sono le descrizioni della natura, e la capacità di rendere
quell’alienità che abbiamo detto, e l’immensità di quel pianeta.
-"Capacità cognitiva e lampadine a incandescenza" (Cognitive Ability and the
Light Bulb, 2000); originariamente apparso su "Nature" del 20 gennaio 2000; 3
pagine, pag.160-altro racconto discorsivo, in cui, narrando di due astronavi che
arrivano su un lontano pianeta abitabile dall’Uomo molto dopo un’altra, partita
molti anni dopo, si dice dell’evolversi, espandersi, delle capacità cognitive
dell’umanità.
-"La
nera società" (Dark Society, ’95); originariamente apparso in "Dante's
Disciples", a cura di Peter Crowther, '95; 21 pagine, pag.163-surreale, racconta
di un poeta che, cacciato dall’esercito, prosegue a vivere la sua vita
sfilacciata, il nichilismo assoluto a rodergli l’animo; a vivere la sua età
dell’Inferno.
La
moglie, suicidatasi, si mette in comunicazione con lui…per fax, e, lui, superato
un burrascoso travaglio interiore, va da lei, novella Euridice.
"…prima
del Big Bang non esisteva ancora la particella primordiale, l’ylem.Non
aveva un posto in cui esistere….Il punto dove la scienza s’incontra con la
religione.Lo spazio senza tempo e senza spazio, l’universo pre ylem, per
così dire, ha qualche somiglianza con il Cielo, l’antico mito Cristiano."
(pagg.175-6), si dice ad un certo punto, e, nel finale, l’inferno dove il
protagonista scende a trovare la sua compagna lo si scoprirà essere,
invece, il Paradiso, e: "L’inferno è il posto dove eri tu…con quelle sue
punitive condizioni fisiche!" (pag.184); si, perché là il Tempo, condizione
unicamente dell’essere che vive, è, non c’è: "Quegli indicatori del tempo sono
regole arbitrarie della vostra dimensione; qui sono prive di significato."
(pag.182).
-"La
galassia Zeta" (Galaxy Zee, 2001); 7 pagine, pag.185-diviso in brevi
capitoletti, è un racconto dai toni quasi biblici, in cui si dice di un secondo
avvento, su tutti i pianeti abitati di una galassia, dal quale scaturisce,
unanime, un giudizio inappellabile di condanna; il livellamento,
l’appiattimento, la vacuità, del vivere, il divario accrescentesi fra i, molti,
poveri, e i, pochi, ricchi, porta il nuovo figlio di Dio (qui, il Monocrate), a
distruggere l’intera galassia, che, alla fine, ricomincierà ad espandersi, in un
nuovo Big Bang.
-"Le
meraviglie dell'utopia" (Marvells of Utopia, 2001); 3 pagine, pag.193-discorsivo,
vi si disserta sulla possibilità che, in un futuro lontano, l’essersi
notevolmente allontanati dalla Terra potrà portare all’allontanamento,
dell’Uomo, da molte credenze e superstizioni dell’antichità:
"…(a)i…vecchi tempi, all’alba dei viaggi nello spazio….la nostra mente era…Piena
di cose inutili come un vecchio magazzino.La nostra immaginazione era piena di
creature impossibili che scaturivano dalla nostra fantasia… La razza umana
doveva essere mezzo matto.O forse dovremmo dire mezzo sana… si pensava che
la Terra fosse abitata da orchi e fantasmi, mostri dalle lunghe gambe, vampiri,
leprecauni, elfi, gnomi fate e angeli… tutti i falsi dèi: quelli della mitologia
greca…Baal e Iside…" (pag..195-la sottolineatura è mia), in cui mi pare di poter
dire che si rifletta lo smarrimento dell’Uomo della nostra era, incerto se
considerare etico-moralmente positivamente o negativamente l’essersi
effettivamente dissolti di molti miti che ne costellavano l’inconscio
collettivo.
-"Il
bruco diventò farfalla" (Becoming the Full Butterfly, ’95; originariamente
apparso in "Interzone", marzo '95; poi antologizzato in "The Secret of This
Book", '95; 23 pagine, pag.196-surreale, in cui si dicono molte cose, anche se,
poi, sono un’unica, cosa; di un ragazzo occidentale che, lasciata la via
dell’occidente: "Ero nel sogno sbagliato.Il sogno della vita, stupido e
indulgente. Il sogno abbietto di una ricchezza.La povertà spirituale."
(pag.208), diventa qualcosa che ha un sogno molto forte,
principalmente, un sogno che lo rende in grado di salvare delle vite; e di
cambiare il proprio, e l’altrui sesso.
Ed è
proprio nel contrasto fra la nostra cultura e quella orientale che si gioca il
phatos di questo racconto: "…veniamo da una cultura dove tutto, o quasi tutto,
s’è perduto.Consumo invece di comunicazione.Commercialismo invece di
soddisfazione." (pag.205), e, ciò, viene detto tramite lo spettacolo che viene
organizzato per una dimostrazione di quella, seconda, sua capacità; vi si
descrive, nel dettaglio, questo scenario grandioso di moltitudini consumanti e
di paranoici controlli statali: "…l’ampia valle diventava progressivamente il
paesaggio interiore della sindrome maniaco-depressiva." (pag.215-Ballard?!).
In
sintesi, la nostra cultura vi viene vista come una che abbia perso le proprie
vere radici, e che, ora, abbia paura a, anche solo, riguardarle, soffermarvisi
nell’attenzione; meditarvi: "Non hanno la saggezza.In maggior parte hanno
problemi col sesso….Gli archetipi sono stati sottovalutati nella nostra cultura
occidentale, perciò sono in contrasto con la nostra superficialità.Gli archetipi
salgono fino alle vette rarefatte della grande musica, e scendono nell’humus del
nostro essere, fino agli oscuri regni che precedono il linguaggio: regni dove li
possiamo raggiungere solo in sogno." (pagg.206-7); "Prima che sorgesse la
coscienza, a regnare erano i sogni.Quei sogni formavano il linguaggio degli
archetipi." (pag.217).
-"Per
un libero Marte (dialogo socratico televisivo dei tempi a venire)" (A Whiter
Mars: A Socratic Dialogue of Times to Come, ’95); rappresentato alla conferenza
del fantastico, Fort Lauderdale, Florida, marzo '95; 15 pagine, pag.220-una
sorta di compendio del "Marte, pianeta libero" (White Mars, ’99), di cui
trattiamo in questa stessa rubrica, vi si dice, prevalentemente, della
terraformazione: "Si, "terraformare".Quella parola e quel concetto erano stati
coniati da uno scrittore di fantascienza, un certo Jack Williamson." (pag.226),
come di un qualcosa di, quasi, malvagio: "…un sogno, la fobia di un terrestre
abitante in una città, davanti al suo computer.Una cosa indesiderabile….una
bestemmia contro la natura." (Idem).
Prendendo lo spunto da quest’idea fantascientifica, Aldiss fa un discorso,
ancora una volta, più ampio, sull’istinto di conquista, prevaricazione,
antropomorfizzazione di qualunque cosa, a qualsiasi prezzo, che tanti disastri,
e sofferenze, ha già portato alla razza umana: "La soverchiante fede nel
"conquistare la natura", nel distanziarci dalla natura, di cui siamo una parte…"
(pag.,224).
E,
questi uomini di un futuro lontano, hanno superato, tutto questo, sono
giunti, in un certo senso, ad una consapevolezza di sé che gli consente di
sentirsi in una maniera molto differente da quella in cui ci sentiamo noi:
"È stata la comprensione di far parte integrale della natura a trasformare le
nostre percezioni…" (pag.234); e non solo: "Dio era una di quelle assi
cigolanti, nelle soffitte del nostro cervello, che ci siamo lasciati alle
spalle…rinunciare a questa illusione, per quanto consolatoria.Rinunciare fa
parte del processo di divenire adulti..…Dio era necessario, forse essenziale,
per alcune epoche del passato…" (pagg.232-4).
Dunque;
cheddire?Con che frequenza vi siete imbattuti in una serie così incredibile di
buoni racconti, uno dietro l’altro, di idee e di impressioni, di sensazioni e
atmosfere così intense?Io, sinceramente, molto di rado, e vi assicuro che di Sf
ne ho letta!!
Ecco,
ora che ci penso, "Un romanzo dell’equatore" era un’altra ottima antologia; e
"L’albero della vita", anche; mi pare che fossero di uno stesso autore; mah?!!
Se non
lo avete ancora letto, e neppure quegli altri, leggeteveli; trovate la
bibliografia di Aldiss nella sua home page:
http://intercom.publinet.it/aldiss.htm; ma lasciate stare "Marte, pianeta
libero"!!
Altri contributi critici: "Sotto un sole artificiale, tra onde virtuali:
così Aldiss ha ispirato Kubrick", di Sandro Modeo, "Corriere della sera" del
30/8/2001
(1)-Nell’appendice,
oltre a "L'autore-Brian W.Aldiss", di Giuseppe Lippi, pag.238, vi sono vari
testi riguardanti il film: "Brian W.Aldiss: il progetto A.I.", di G.Lippi, pag.240,
"Intelligenza artificiale: da 2001 ad A.I.", di G.Lippi, pag.242, "Voci e Skermi",
di Lorenzo Codelli, pag.247 e "Il film perduto di Stanley Kubrick", di Marina
Visentin, pag.249
Aggiunto: April 6th 2004 Recensore: Marcello Bonati Voto: Hits: 1346 Lingua: italian
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