Addelirando: la vacuità
dell'esistenza. Rimando i nastri incisi nei giorni precedenti all'emersione
dei dati; posso soltanto notare che sto impazzendo. Fantasie di una ragazza
che si chiama Luna, semisconosciuta vertigine di sesso e acido, erotizzazioni
da incubo sadomasochistico: un'allucinazione? Sex and drug and rock'n'roll.
Male alla mente, e nella confusione insondata, il viso ed i tratti; sensazioni
di una ricerca continua, finalmente appagata. Gloria; il suo vero nome;
ed è come se l'avessi posseduta di più. La droga mi strangola
i pochi momenti di lucidità; ma non posso atterrare. Ogni istante
è prezioso, questa Luna che non riconosco m'avrà lasciato
ancora più in alto. I tratti del nuovo Certame dell'Art Decad m'indicano
come successivo alla vittoria: la mia opera è FAMA. Poco ancora,
la vittoria e l'immortalità saranno mie. Ma non basta la droga per
esplodere, sto perdendo germe: devo riprendere e spedire il mio quot oltre
Sirio e più in là ancora. Devo vincere. Devo. Devo. Uomo
o macchina, non manichino numerico. Non importa. Importa. Ho un'idea che
sarà la vittoria totale; per l'ultima corsa, se non sarò
in testa, spedirò lontano il mio cervello, sprizzando da me tutta
la mia razionalità. Devo sopravvivere; devo vincere. Addelirando.
Addelirando. Addelirando.
Luccichio di sole falso,
luce artificiale.
Il padrone di casa era un
Uomo Ricco; merda industriale, della specie con velleità intellettuali.
Sopportante per amore della moda noi Art.
Faccia di cazzo. Andai incontro
lui.
- Buongiorno - Fece stringendomi
la mano - Benvenuto, amico caro.
Gli sfiorai le mani, secondo
il nostro uso. - Ti ringrazio d'avermi invitato.
La folla era grassa e vociante,
nello splendore elettronico del covo ardente. L'Uomo Ricco era ben situato:
a tutti i costi, pensai, vedendomi avvoltare da Uomini e Donne, Lup per
soddisfare i porci gusti perversi, Art sperduti nella babelità di
quel manicomio, tendersi al raggruppamento, assieme.
- Aspettiamo qualcosa di
nuovo da te, mio caro; è tanto che non ci doni i frutti della tua
Arte... ma sappiamo che il tuo punteggio, nel Certame, è tra i più
alti registrati finora; e che non avresti bisogno di nulla, ormai, per
vincere.
Morte! Maledetto uomo, cosa
ne sai? Cosa ne puoi sapere?
- Afferrò al volo
alti calici rubinati, color sangue, da un pazzo cameriere che scivolava
tra i crocchi - Alla salute della tua poesia, mio uomo, e che tu possa
trionfare su tutti i tuoi avversari di questo e dei prossimi Certami!
Bevemmo. Mi lasciò.
Andò a ricevere altri.
Camminai a lungo, visionato
per le grandi luccicose sale, l'intero piano di un'elegante Pyramide nella
quieta periferica salubricità mentale della City, lontano da rumore
e casino.
Insaccai in un Art che discuteva
fuoriuscendo con altri Uomini Ricchi di Arte.
- L'Arte -- Diceva - è
un'ideologia, una forza complessa, un'etica, una religione, un suono, un
soffio, un sole, un discorso sull'uomo e sul suo mondo e su tutti i mondi
a venire. L'Arte è immortale e pretende l'immortalità e la
rappresentazione dell'immortalità...
E merce, dicevano gli Uomini
Ricchi.
Non capivano. Non potevano
assolutamente capire che cosa volesse dire Artista, crearsi la vita e l'Arte,
l'Arte è vita, un'esistenza inimitabile dietro di sé, come
ultimo testamento dell'Arte decomposta; l'ultima fase, che non fosse fredda,
statica, fissa immutabile nell'eternità/rappresentazione di un mondo
in decadenza, decaduto, decadente.
O Modigliari! O Van Gogh!
O Arthur Rimbaud!
Cos'erano, gli Uomini Ricchi,
se non strumenti? Cosa costavano i loro soldi, la loro potenza, se non
pennelli; e tele; e tavolozze? Cosa, se non la immagine nata per l'immaginato,
brutante volto di un'iperrealtà disconosciuta, ai più, in
memoria? Il senso della loro piccola esistenza di piccole persone?
La Gioconda si dipingeva
i baffi, e Marcel Duchamp risorgeva tra gli spasmi della cultura morente!
Comportamento, concettualismo,
body art, optical, tutto s'era fuso e fondeva in continuazione - un Art
Decad che raccoglieva i vagiti di dolore di mezzo secolo di attività;
vita eterna che gli Art creavano e vivevano, che sarebbe stata in posterità
lodata ed ammirata, fruita e conquistata, maledetta e imbastardita; che
senso? Il senso di là - dove l'Art Decad giocava l'estremo coagulo
di tutta la millenaria cultura della comunicazione, là dove ogni
forma possibile di comunicazione giungeva - nel corpo, nell'immagine, nell'atto.
L'unico veicolo di trasmissione era l'Art, l'Art era media e messaggio,
casta biologica e casta superiore, estrema, ultima terrificata esaltazione
della malattia mentale; tara ereditaria trasmessa per contagio. Il media,
in un mondo di merda, era la merda stessa. E voi, voi, dite che è
merce?
- E' merce. La vostra vita,
Art, possiamo sentirla: toccarla; viverla come se fosse un'opera, per interposte
persone. Voi create, noi consumiamo. E' merce - L'Uomo Ricco pontificava,
dall'alto della sua barba, ed io sorseggiavo il lungo calice, fissandolo.
- Morte! - Esclamai, avvicinandomi
- Che senso avrebbe, altrimenti? Ma non è merce, signore; non è
così semplice; non potete comprare la mia vita.
- Morte! - Ribatté
l'Uomo Ricco - Posso comprarla, eccome!
- Compratela, allora; acquistate
la mia. - Sogghignai - La mia vita tra poco sarà in vendita; acquistatela,
se potete... cercate di viverla, invece di spiarla nel buio.
Mi allontanai, nel silenzio
irato.
Gli spettri luminosi volavano
alti, intarsiando colori sui visi, nei saloni in cui mi trovavo a passare.
La maschera della Morte Rossa era sopra di noi; ma te, Principe Prospero,
dove diavolo sei finito?
Lo vidi sotto le sembianze
di un Push.
Stava trapianto tra sparuti
Art di basso punteggio, confabulando in modo misterioso; infine sciolse
il gruppo, allontanandosi.
Lo chiamai. (S'affiancò,
con misterio, sorrise).
- Ciao Push - Mormorai -
Cammini nell'ombra?
- Nell'ombra - Rispose -
E ho nuove.
Camminammo.
- Per cosa? Merce?
- Leyrina. Della più
pura. Una partita che mi giungerà presto, tramite un corriere.
Ridacchiai. - Ed hai bisogno
di un connettore per l'assaggio?
Affermò. - Ho interpellato
altri... pensavo non t 'interessasse, visto che stavi già flippando
alto... ad un Art poteva servire, ma quelli, blah! Temono la buia!
- Tutto funziona, al bisogno.
Accettato, Push.
L'uomo spalancò gli
occhi. - Davvero? Sarebbe buona fortuna!
- In che data?
- Dopodomani.
Feci una smorfia. - Non
ci sarò... ho un impegno per quel giorno, forse; già troppo
arrimandato... dipenderà, anzi.
- Di sesso?
- Quasi. Anzi, lo è.
Ma ripeto, credo potrò distanziarlo ancora. Sul dubbio, voglio dire...
Non vorrei farti casino.
Appartiene al Certame?
- Si, ma non preoccupare;
la donna può attendere.
- E bella? - S'informò.
Gesto vago, nell'aria; tracciò
un quadro. - Dipenderebbe; trovo che sia affascinante, ma a te potrebbe
anche non trillare, forse sì. A seconda di chi si è.
- Privilegio di Art?
- Privilegio di uomo - Gli
diedi una pacca sulla spalla, commiato felice; la notte, era giovane -
Ti videizzerò domani. Così mi dirai con precisione.
- Ok, Art; e grazie. E va
in dritto!
Veloce, sorridente, Pusher
dileguò nella festa. Forse, pensai, era lui la Morte Rossa, e io
il Principe Prospero. Ma devo ancora trovarmi la sala fatale, no?
Fu verso la settima oraria.
Avevo bighellato lungo.
Avevo trovato bicchieri e vini pregiati, e Donne Ricche inguainate in abiti
lussuosi. Avevo assaggiato cibo raffinato, e droga purissima che aveva
rischiato di scagliarmi a brandelli la mente.
Avevo litigato con l'Uomo
Ricco con la barba, ancora, minacciante di sfida a duello per la pretesa
insolenza - Quando vuoi, grasso porco puzzolente - Gli avevo riso in faccia
- Quando vuoi e sarò sempre pronto ad uccidere! - ma qualcuno l'aveva
trasportato via.
Avevo discusso dell Art
Decad con altri Art, con Uomini che sapevano ciò che dicevano, e
Donne amabili conversanti, su di me e sulla mia vita; dopo sentii il desiderio
di sfogarmi, e flirtai, fumai, m'avvoltai, bruciai, ascoltai, dissentii.
Visitai la morbida alcova le cui pareti s'accendevano delle luci, dei liquidi
che i computer sintetizzavano sulle vibro di chi faceva all'amore, creando
forme nuove. Giocai a roulette artificiale puntando somme che non avrei
mai posseduto su pazzi nerboruti atleti e finii col perdere tutto.
Avevo dato abbastanza spettacolo
la notte. Punti, volevano dire, perché domani sarei stato videizzato
ovunque, e altri m'avrebbero votato. Di poco, ma ancora, sarei salito;
al gran finale. Una traccia dopo l'altra; e fu verso la settima oraria,
da cui la Morte Rossa (compresi che ero io, infine) s'aggirava nel castello
alla ricerca del Principe Prospero (e compresi chi era, infine).
Avevo appena agganciato
un ragazzo. Carne giovane, avevo pensato, aria spaccata del vergine alla
sua prima festa 'grande'; buona estrazione, casta alta ma non troppo. Giovane,
alto, un corpo morbido e flessuoso, i capelli biondi, e gli occhi, oh,
gli occhi erano di ghiaccio. Bellissimo. Averlo, sarebbe stato uno scandalo,
un successo, un vocio.
Stavo parlando con lui;
già irretito a sufficienza, e flippato al giusto polo che avrei
potuto fotterlo sul divano, quando;
- Morte! - Maledii - Arrivano
grigi.
- Chi?
- Un seccatore. Un grosso
seccatore.
L'Uomo Ricco con la barba,
notevole ubriaco, sicuramente fatto, sbarcollò dinanzi a noi. Dietro
di lui un piccolo codazzo di fauna unita d'ogni levatura scivolò,
rollò.
- Art - Bofonchiò
- Chiedo soddisfazione.
Mi districai dal biondino.
- Morte! Vai all'inferno, uomo. Non ho voglia di perdere tempo con te.
Qualcuno disse qualcosa
- Sfida! Sfida! -mi parve di capire, ma non intesi.
- Sfido - Ripeté
l'uomo.
Mi alzai a mezzo - Piantala,
uomo. Allontanati.
- Poeta di morte! Artista
di morte! - Urlò. Tutti rabbrividirono; scattai furente, rabbioso.
- Accettato! Accettato!
Mi sfiorò la mano
tesa. - Quando vorrai.
Sorrisi malvagio - Motocicletta.
- Catena!
- Coltello!
- Spranga!
-Tirapugni!
Squadrai l'Uomo Ricco,
- Mani e piedi!
Molte voci si levarono.
- Domani - Feci - all'ultima
oraria del party. Daremo il finale all'Arena più vicina; avvertiremo
la tri-vi, che videizzi tutto. Ti fila?
- Ok, uomo. E senza tregua.
Al sangue, alla morte.
- Alla morte - Risposi,
ma il parlìo della gente che s'avvaccò attorno a noi soffocò
le mie parole/le sue parole.
Morte sussurrava dolci parole...
si confondevano con le parole di addio, il biondino, sicuro che non m'avrebbe
rivisto... e la notturna, assieme... il duello all'ultima oraria, brullava
grandioso come un film... ciao, addio, ciao... duellata...
Duellata in Arena: fingi,
sterzi, freni, giochi... devi uccidere per non essere ucciso. Uomo, devi
uccidere; Art, devi uccidere con stile, perché non sei un uomo qualsiasi...
L'Uomo Ricco Anfitrione
giubilava; difficile che un Ind e un Art azzuffino ad un party... odio
& odio... brividi d'eccitamento sulla folla, sulla arena... Morte!
Morte al mattino...
Ma il mattino era una lama,
e mi reggevo affaticato, incapace di cavarmela con un bambino. Visuali
di spire paurose. Se non ci fossi riuscito? Mi tolsi il giubbotto e m'iniettai
un qualcosa nelle vene, mentre il mio avversario stava in sospensione,
feroce. Aveva grinta, stava in rabbia sordida, voglioso di morte.
La folla stava ai confini,
silenziosa, puntata da grida di gioia.
Volevano morte,
Tutti, volevano morte...
e qualcuno l'avrebbe avuta? Ma, dopo questa Arena, che avessi perso, o
vinto, sarei stato io il Primo Art del Certame. Lo sapevo.
Un solo gesto inutile, applicato
una volta di più. L'uomo differito dalla situazione. Chi ascolterà
questi nastri, potrà comprendere che il 'male di vivere', il mio
'male di vivere'... ho vuotato uno scenerimento maggiore, di quanto prima;
non lo avevo mai supposto. L'Art Decad ha avuto un'altra vittima; duello,
imbottito di droga, e uccido. Uccido. L'Arena era esultante; è stato
videizzato tutto, anche quando ho incendiato le motociclette con sopra
l'avversario ferito. Nessun duello di nessun Art ha mai avuto così
successo. Significano altri punti, ancora altri punti; ma devo stare attento
a ciò che sbrego: solo ora, mi rendo conto di quanto sia pericolante
stare imballato di continuo. Un rischio pericoloso. Ma non basta lo stesso.
Un rischio pericoloso, di Morte a due passi dall'immortalità; ma
sarò il primo... dei primi. Farò quello che vorrò
fare? Erostrato? Il mio dramma quotidiano sconfitto. L'immortalità
penetra nella mia mente. Dovrò vincere ancora. L'asso manicato uscirà
fuori al momento, se non supererò tutti gli altri. Ma devo farcela;
non posso perdere; vincerò, e nel prossimo Certame partirò
con un grosso vantaggio; e vincerò ancora. Ancora. Ancora.
Vorrei tanto non aver mai
iniziato.
L'agente di Push non si faceva
ancora vedere.
Doveva riconoscermi, e parlare
con me di Art Decad: sotto il liocorno occasiale dello Snake's, dove ci
si dava convegno d'abitudine. Mi avrebbe passato un assaggio di leyrina.
E concluso, dopo che il campione fosse passato a chi doveva passare, qualcuno,
delando, avrebbe fatto il mio nome; giusto perché mi si prendesse
sotto l'imputazione narcosi, per qualche giorno in buia; e la scarcerazione,
poiché mancavano le prove. Ed il nome sarebbe ancora girato, girato,
e sarebbe salito.
Avrei vinto il Certame.
Bruciai un attimo di paura.
E se no?
Ma non poteva essere; io;
il più grande. Io, e non altri. Io, e nessuno. Dovevo essere io.
Io.
(Magra legione vagabonda,
strinanti Art afferrati ai loro sogni d'immortalità... guardai le
scamme dello Snake's che s'aggiravano tra i tavoli, bellissime...).
...ma dov'era l'uomo?...
...carissimo, disse qualcuno
e
m'abbracciò, mi strinse. Mi voltai e mi trovai a baciare una ragazza
bionda. La riconobbi come un Art di valore, che avevo visto volte trascorse.
- Ciao - Feci, e l'abbracciai.
- Salve - Mi rispose - Cammini
la notte? E tanto che non vedo?
Possibile che Push avesse
mandato lei?
- Ho visto la tua quot,
sai; è davvero alta.
- Anche tu fili alante.
Forte, ecco.
C'incamminano verso lo Snake's.
- Progetti? - Mi domandò,
quando fummo seduti.
Avevo in mente un trip che
m'avrebbe vissuto un cirro, al di là di tutti gli altri partecipanti;
qualcosa che nessuno ha mai tentato. Ma ora vedo che non sarà il
gioco di farlo.
Una scamma ci chiese. Ordinammo
due vetrioli azzurrati.
- Che gioco?
- Un gioco tramite donna...
- ...me l'ha detto qualcuno.
Una donna fascinante, se non sbaglio, a seconda dei casi. Appuntamento
di oggi?
- Si, ma rimandato. Credo
di non averne più bisogno, ormai. Trovo un'altra Art, a volte più
fascinante ancora di quella di prima; che ne dici?
- Certo, per me va bene.
In tutto. A casa mia?
- Dove vuoi, per arrivare
alla fine.
Arrivarono i due vetrioli
azzurrati.
- Alla fine! - Brindammo.
Ma ci sarei arrivato?
Ultimi giorni del Certame.
Non ho dovuto giocare la mia carta finale, per esserne sicuro. Nessuno
potrà sconfiggermi. Ho smesso le mie razioni di droga da tre giorni:
non riuscivo più quasi a connettere... terapia d'urto, a base di
antidoti. Dovrò sputare tutto il fantasyon che ho nelle vene, da
molti e molti mesi, i mesi finali. E quasi una settimana che sto con Virna;
ma sono solo tre giorni che me ne rendo, vagamente, conto. Riascoltando
tutte le incisioni precedenti, ascolto frasi spezzate ed incomprensibili,
suoni d'ogni genere, musiche inascoltabili... rivedo, come in un film girato
a velocità incredibile, questo periodo doloroso e tormentato. Parole,
frasi, parole, immagini. Tutto è senza senso. Il gioco con la leyrina
e Virna ha funzionato; ci hanno arrestato e liberato assieme. Ma io, io
sono il più forte di tutti. I sondaggi sul Certame mi danno vincitore,
e quando esco per le strade tutti mi riconoscono, mi fermano, mi chiedono
autografi, mi salutano... ho fatto domanda per una Faccia, per non farmi
riconoscere. Me l'hanno appena consegnata, e spesso, quando c'è
tanta gente, devo uscire con quella e non con la mia. Chissà se
la mia vita avrà ancora un segreto, un mistero, se saprò
conservarne almeno un piccolo pezzetto per me... oppure dovrò donarla
interamente alla gente, al pubblico, a tutti coloro che sono stati appresso
me, per tanto tempo! e continueranno ad esserlo ancora per un tanto, tanto
tempo, tanto tempo, tempo... Virna dice che sono pazzo perché, ora
che posso dire d'essere il vincitore, non m'interessa più. Credo
di odiare il Certame. Credo di odiare tutto e tutti. Me compreso, e forse
più dell'altro.
Posai gli occhi sul corpo
candido, sui capelli biondi, i grandi occhi che mi sorridevano. Potevo
dire davvero d'aver qualcosa in comune con quella donna, se non uno sviscerato
amore per noi stessi... un grande, divampante desiderio di trasmettere
qualcosa, anche male e dolore e paranoia? La voglia d'essere il primo,
amato ed odiato da tutti coloro che non erano riusciti ad arrivare...
- Cosa provi, uomo, ad essere
il primo dei primi? L'unico?
Scivolai sul letto ,accanto
a lei. - Mi stai prendendo in giro?
Rise - Può darsi,
può darsi... ma tu che ne dici? Che faccio sul serio, o che sto
scherzando? Che nascondo l'indivia in una battuta... o che sono veramente
contenta per te, perché hai vinto?
- Non credo molto a quest'ipotesi.
Non mi sembri la persona.
-E allora?
Alzai le spalle - Per quel
poco che ti ho potuto conoscere in questo periodo... credo che, tu avessi
anche una minima possibilità di sfidarmi a duello e battermi, lo
faresti per salire di qualcosa di fronte agli altri...
- Forse...
- ... e che qualsiasi cosa
tu faccia, la faccia soltanto dopo aver pensato quanto ti possa fruttare.
In altre parole credo che tu sia un'egoista, piena di te ed interessata
soltanto alla tua Arte, incapace d'avere un rapporto 'umano' con una persona;
credo che anche il fatto che tu sia stata con me, in questo periodo, derivi
solamente dal tuo desiderio di 'mostrarti' più che di 'essere'.
- Hai finito? La predica,
intendo; o sei entrato in trip cattolico, per così dire, da rinnegare
tutto quello in cui hai creduto fino ad adesso, adducendo motivi di una
pretesa 'moralità in cui non hai mai creduto neppure per un momento?
O forse la vittoria, la fama, l'immortalità ti hanno dato alla testa?
- Morte! - Risposi - Mi
dispiace per quello che ti ho detto; davvero, Virna, mi dispiace. Non volevo
dire così, scusami. Non mi sento molto a posto, oggi, e non mi rendo
conto di quello che dico e faccio. Devo essere tutto quello che si è
accumulato nel tempo.
Mi avvicinai ancora e l'abbracciai.
Lei si strinse a me, ma i suoi occhi mi fissavano di ghiaccio, silenziosi.
La sua bocca era gelida e fredda. Un muro, che all'improvviso avevo eretto?
- Il fatto che hai ragione
- Disse, quando ci staccammo - è quello che mi dà particolarmente
fastidio. E tu lo sai, perché che tu lo voglia o no, appartieni
alla stessa razza a cui appartengo io... quella delle persone che invece
di essere persone, sono macchine, manichini, androidi. Dà fastidio
anche a te, il pensarci, il trovarti finalmente dall'altra parte; non è
vero? Niente emozioni, niente sensazioni, niente amore: solo interesse.
Non lo hai detto anche te? Successo, denaro, fama. E cosa rimane dell'uomo?
- Meno di niente - Risposi
- Ma con questo cosa credi di avermi dimostrato?
- La tua inumanità,
ecco; solo quello - Scese dal letto, e s'incamminò verso il corridoio.
La richiamai. - Aspetta, Virna, non te ne an-dare; cosa hai contro di me?
Scesi anch'io e mi avvicinai
a lei.
Ci squadrammo, silenziosi,
per qualche istante. Fu lei a rompere quel manto che ci avvolgeva:
- Hai mai amato qualcuno?
Hai mai voluto bene a qualcuno? Hai mai odiato qualcuno? Non hai mai sentito
niente per nessuno e per nessuna cosa o persona? No. Sei sempre vissuto
in una bara, in un'aura, in una prigione al di fuori degli altri; non hai
mai vissuto a fondo la vita, l'hai solo sfiorata, superficialmente, e sì,
magari qualche volta ti sei spinto più a fondo, una toccata, e poi
via, nuovamente in aria... ed hai il coraggio di dire a me, che sono una
persona 'finta'? Guardati; maledizione, non hai tu, più niente di
umano... sei... sei un corpo imbottito di droga, incapace perfino di separare
la realtà dalla fantasia... sono sicura che credi d'essere ancora
a quella immensa stronzata del tuo Incubo, intento a giocare all'Artista!
Rimasi interdetto. - Artisti?
Incubo? Cosa stai dicendo?
- Oh, maledetto stupido!
- Esplose lei, d'improvviso - Non ti rendi neppure conto di quello che
hai fatto! Apri gli occhi, e cerca di capire che non stai più gareggiando;
sei nuovamente qui, sulla Terra... e non più tra le stelle! La gara
dell'Incubo è finita, e tu l'hai vinta, l'hai stravinta perché
tutta la merda che avevi dentro di te l'hai buttata fuori, ed è
stata subito accettata da tutti... il tuo maledetto io è saltato
in aria, a causa di tutto il fantasyon che ti sei iniettato, e c'erano
tutti, là dentro, tutta la gente con cui sei stato a contatto, i
tuoi amici ed i tuoi nemici, il tuo mondo, le tue conoscenze, il tuo maledetto
orgoglio... un vero schifo, posso assicurarti... ah, ma già, tu
sei ancora tra il qui e il là, e non capisci ancora bene cosa ti
succede.. ti odio, ti odio, te...
- Virna - Riuscii finalmente
a dire - Non capisco. Non capisco di cosa stai parlando. Cerca di spiegarti,
per favore, perché credo che sia una cosa molto importante per me;
ho la sensazione di qualcosa di cui sono già venuto a contatto...
ma non so cosa...
I suoi occhi, quando mi
guardò, erano più duri. - Pazzo - Sibilò - tu sei
un pazzo. Nemmeno gli antidoti sono riusciti a farti tornare normale: vuoi
dire che ti sei iniettato tanta di quella roba, che per farla passare chissà
quanto tempo ci vorrà; e tutto per poter dire: sono il primo, sono
il più grande Maestro degli incubi della Terra, io sono l'uomo che
ha tenuto in pugno i sogni di mille giudici... per cosa? Per questo e basta...
e tu, tu continui a bruciare la tua vita, così come l'hai bruciata
finora, per essere solo una macchina, una macchina per i sogni... mi fai
schifo.
Restai a guardarla.
Di cosa stava parlando?
Credetti che fosse impazzita, sulle prime; continuavo a fissarla, rabbiosa,
fremente contro di me e tutte le colpe di cui mi accusava, ed intanto mi
chiedevo, ma cosa stai dicendo, di chi parli? Poi qualcosa d'improvviso
mi scoppiò nella mente, un barlume, subito dimenticato, una vampata
che illuminò a giorno la mia mente, e sparì, sparì.
- Mio Dio - Dissi. Sentivo
l'angoscia salirmi sempre più su, sempre più - Mio Dio, Virna...
è pazzesco. Non posso crederci... ma ora è tutto chiaro,
tutto... mio Dio...
Mi accasciai, quasi senza
accorgermene, su di una poltrona.
La testa mi girava, e stavo
male.
La realtà andava
ancora una volta in pezzi: m'avevano ingannato... era stato tutto un incubo,
un sogno. Un sogno di droga. Un sogno di Cantasyon che stimolava il cervello
a creare, o trasmettere visioni... visioni di ciò che si era 'dentro'...
- Cosa ti succede ora? -
Virna era di fronte a me, e mi studiava attentamente, ma i suoi occhi erano
sempre di ghiaccio, i suoi occhi, di ghiaccio, erano, Virna, i, ghiaccio.
Cara Virna,
mi sento molto strano... molto buffo a scriverti. È tanto tempo che stiamo assieme, eppure non ci siamo veramente parlati... non ci siamo mai conosciuti. Andiamo indietro, indietro nel tempo, mi accorgo che siamo stati né più né meno che due amanti, e solo quello; tu non mi hai mai capito, né ti ho capito io. O forse non è vero, ed è proprio per questo che adesso ci odiamo, e non ci vediamo più, perché ci siamo capiti troppo, e non abbiamo più potuto sopportarci, Soprattutto dopo aver visto cosa si agitava veramente dentro di noi, e quali erano i nostri fantasmi; il tuo Incubo, intendo, ed il mio. Penso che quello scambio, quando per chiarirci le idee decidemmo di 'vedere' reciprocamente i nostri 'Id', sia stato il colpo finale; anche tu sarai rimasta disgustata da me, immagino, a vedere come e perché la mia mente abbia modificato la mia persona, e la tua, e quella degli altri nostri conoscenti... eppure, il ruolo di Luna/Gloria con quella strana ambivalenza, dualità notturna/diurna, luna/sole, era bella, non trovi? Ma d'altra parte, vivere assieme ad una persona incapace d'amare, amarla, sacrificarsi per lei e poi vedersi trasformata in una puttana... e vedere lui come una puttana artistica... il tuo Incubo, in fondo, era più giusto. Assomigliava di più all'idea che m'ero fatto di te. E credo anche d'aver capito perché tutti i concorrenti alle gare dell'Incubo sono degli anormali, e finiscono alla psyco, o suicidi, o misantropi... gettare lo sguardo dentro di sé è la peggiore delle esperienze. Spero che tu non la vorrai più ripetere; era la prima volta per entrambi. Io non lo farò più. È anche per questo che ti scrivo. Dio, non riesco neppure a scrivere coerentemente. Sono tre mesi che non stiamo più assieme, e sono stati tre mesi di rabbia, e di dolore, e di tormento; tre mesi in cui ho trascorso il mio tempo a capirmi, a studiarmi, a vedere cosa ci fosse in me che non funzionava, che continuando a sconvolgermi, mi togliesse, sempre, dall'orbita degli altri... ed alla fine, ho deciso di farla finita. Una volta per tutte. Non me la sento più di continuare, e bada, che non sarà stato l'Incubo a spiegarmi.. ma quello che, tramite le tue parole, l'Incubo mi ha rivelato. È stato l'improvvisamente vedermi scoperto. Quell'unica volta, nel nostro rapporto, in cui abbiamo comunicato, a lungo, e bene, e cercando veramente di donarci, senza inibizioni, in maniera totale, completa; quando ho vinto, e i mille giudici hanno decretato la mia vittoria; quando il mio Incubo ha iniziato a muoversi per tutti i cerebroschermi del pianeta; quando ho iniziato ad impazzire, e tu mi sei stata vicina... vorrei ricordarti così. Quando mi parlavi, e non pensavi a nient'altro che a me... ed io, maledizione, non sono mai riuscito a capirlo. E' troppo tardi per ricominciare. Troppo tardi per tutto. Voglio farla finita, ti ripeto: ho preso una dose micidiale di fantasyon, (ma di quello proibito, clandestino, che si vende al mercato nero; non quello blando, che ci danno quando dobbiamo affrontare l'Incubo) e tra poco inizierà il suo effetto; mi sono collegato al cerebroschermo di casa mia, e riprenderà tutto il mio Incubo finale... te lo lascio in eredità, con tutte le mie cose. Quando entrerai, avrai un nastro di grande valorio... ultimo nastro di ultimo sprazzo d'esistenza. Appeso, non avrò più spazio e tempo per dire qualcosa; sarà il mio testamentario. Spero che tu non me ne voglia per allora. Dono macabro, ma degno di un grande Art, tale da rifuggire la premiazione; avrai visto, spero, in tri-vi, il mio show: chi m'applaudì per la mia rabbia, dopo che si è visto oggettare - brucerà ancora adesso. Di tutto, mi è stata gradita sola la tua vita - unico attestato di quell'amore, che, io e te, per altre vie, cercato, ma non troppo a lungo, non con troppa insistenza; desistendo; un breve ritrovarsi appieno; e poi nulla. Il Certame -fuck-it! - è riuscito ad avvolgermi, non tanto; ma le tue parole. Di quando stavamo assieme. Non sarò più, e neppure primamente ero, ma almeno (speravo di sì) e volevo essere; saputo dell'esito, l'ho odiato. Credo d'aver seguitato l'illusione troppo a lungo. L'Art Decad non risolve 'il male di vivere' ma l'aggrava; l'esorcismo di te non gratifica ma ottunde l'uomo, lo lavora, lo corrode, lo consuma, strugge, sugge, distrugge, danneggia... infiamma. Quand'ero come tanti, invidiai l'immortale Art; e quando lo divenni, l'odiai più di quanto non l'amassi. Sto bilando la mia vita, nelle ultime orarie che mi separano dalla fine; che ne accadrà, non so, ma la positiva s'aggancia ora alla tua sola immagine. Se invece d'un breve bruciante incontro tra un pazzo Art ed una pazza donna fascinante, svisando il Certame avessi avuto rapporto lungo, di parole, comunicazione; ti ho vista una poca breve volta, e non m'accorsi ch'eri tu; la persona che volevo; tu; e nessuno. Dispiacendo. Quando leggerai, forse sarò già dall'altra parte. Non ho più vita per muovermi, di questo esistere. Ti lascio tutto che mi appartiene; sei l'unica che mi abbia dato un po' d'amore, un po' di dignità. Addio, con amore |
Ok vecchio, il tuo tempo
è finito. Le luci spettrali della City bagnavano e bruciavano la
gente che passeggiava, scampoli di mondo, ombre sul muro; Rimbaud, dove
sei stato per tanto tempo? E tu, Verlaine, e tu e la maledetta poesia,
amici dai cento occhiati, squame d'eternità, fiaccature di ognivalenza,
macchie di Dio assorte alla nostra coscienza... chi... chi vi ritroverà?
(La mia mente bruciava)
(La mia mente dovrà) espandersi e circuire l'universo in un solo
passo; febbricitante, m'incamminavo scansando le persone; le guardavo,
una ad una.
ODIO, ecco cosa provo per
voi, grande e forte duro ODIO per tutti voi che riuscite ad essere tanti,
e insieme, e felici ed uniti, realizzati - ODIO - se poteste ascoltare
il mio ODIO sarebbero il maestrale ed un tifone, un grande airone s'eleverebbe
ancora più in alto, tra quelle nubi... così è il poeta;
tra gli schiamazzi, in esilio, le ali da gigante impediscono il cammino;
oh Litanie di Satana, oh Fiori del Male! Oh Morte! Vecchio Capitano! Oh
Morte! Oh Morte! Oh, Morte? Morte... dove mi starai attendendo? Perché...
perché dico ODIO: perché ODIO? Perché, morte, questo,
perché la tua faccia, il tuo senso - ODIO - non posso interrompermi
ancora - quando ho scorto ciò che non volevo - oh esaltazione! Oh
duro cuore assurdo che pulsi nell'universo conosciuto!
(La mente era un impulso
che fremeva) (La mente era) una droga che tranciava nel mio cervello, ed
il sudore mi colava dal viso, sto male, dicevo, la mia mente se ne va...
se non la troverò; ma quale; soluzione? Una, ad esempio; o; un'altra
(Lizard's Road) correva immensa macchina da presa sulla mia faccia ed i
miei occhi erano globi iridescenti. l'uomo colorato cammina con la donna
colorata - ad esempio; brillante luce; il vecchio appuntamento rimandato;
e poi - la donna colorata, l'uomo colorato, i due ragazzi colorati che
accendono uno spino appoggiati al muro, tutta la gente colorata che pesa
sui miei occhi come un grande, gigantesco affresco; e quella lettera; eccola
(la vedo ora) la medusa olighiana del Lion's...
C'ero. Finalmente. C'ero
arrivato. Fissai il gruppo di ragazzi nel tempo circolare, identica posizione
di prima dell'avvenire; quanto tempo, e quanta paura? Dove sarà
la soluzione? E voi, ci sarete, e io, ci sarò?
- Cerchi, cerchi, cerchi?
- Nella confusione, la sua voce ripeteva in un'eco distorta all'infinito.
Il giovane tozzo torello mi fissava con occhi e viso mimetico; cos'erano
i cerchi? Mandala? Cercai di bloccare la sua immagine della realtà,
ma il viso s'allungava e diventava un cerchio, dei cerchi (Erano Mandala?)...
- Luna - Sentii che farfugliavo.
Il ragazzo era un mostro i cui occhi vomitavano fiamme; ci sarebbe stato
solo un attimo per la nostra distruzione. Il ragazzo rise. Sentii che spingeva
il mio petto. Nel vuoto - Luna - continuavo a ripetere - i suoi occhi erano
occhi di formica che stavano intensi, silenziosi di rabbia...
Da terra, dove m'accorsi d'esser caduto(La mia mente) (La mia mente deve farcela) e mi rispondevano le risa. Per Luna/Gloria e la ragazza dei mei sogni drogati, Virna - devo farcela - e tutto era luce ed elettricità sfolgorante; rantolando; m'alzai; non vedevo che sangue; od era illusione?
bombardamento di risa che percuotevano
i miei timpani; e non vedevo nulla che se
fossero quelle insegne, quei neon bluu
quei riflettori - e tutto era sovrapposto,
era doppio, un'eco tripla, un vecchio quadro
Terminata l'esaltazione crudele,
solo il dubbio che s'insinua silenzioso. (Sfumati i venti, morti i veleni).
Che ne sarà di te?
Vorrei riprendere il grido
ed il tuono di ieri, la selvaggia determinazione dell'uccidere, dell'odiare.-
il magma ribollente della tua vita. (Voglio cadere.)
Il cappio che penzolava
dal soffitto disegna oscillando lunghe ombre sul limitare della stanza.
(Guardai ancora il cielo,
oltre la finestra; nebbia sulfurea e porporosa di innumerevoli situazioni).
Signori, amici, compagni,
voi che spiaste la mia vita nell'incapacità di crearla, e gustaste
ciò che non potevate fare; sappiate che la vita si vive, e non si
rappresenta - e voi signori, amiche, sorelle, che prolettaste in me i vostri
sogni irrealizzati, ditevi l'un l'altra che la vita è un sogno,
ed il sogno degenera fatalmente in un incubo che non vedrà la fine.
...strano, come si possa
vedere così calmi la morte; solo un piccolo e strano ascendere,
lungo i sacrari. Ascoltare, attendere, violare l'ascolto e la vista: tutte
sciocchezze, in vita. E cosa ci spinge alla morte: il gusto dell'eterna
beffa? Il sapore dell'eterna sconfitta, quando ti accorgerai che non ci
sarà nulla ad attenderti. Altrove: ma il gusto di mostrare l'ultima
verità, l'ultimo inganno a chi non avrà mai il coraggio di
seguirti.
Avete da parlare.
Per tempo.
Quello che sarebbe stato
un ultimo trucco per vincere il Certame dell'Art Decad; adesso è
una strada per fuggire la vita, per poterla sconfiggere.
Il cappio vibrava lentamente
alle mie parole: ogni sillaba era come se acquistasse vita, un serpente
di corda dalle spire velenose, che si ridestava, man mano che la voce dell'uomo
risuonava alle sue orecchie. Paura. Potrei dire no...
...ma non sarebbe eguale.
Ernst Toller, dove sei? Non ti sento più...
...ma non dovresti, quale
spettro sarai nelle luminarie dell'eternità, se la morte prematura
ti darà il sistema per sconfiggere il tempo, l'infamia del tempo,
la morte stessa. Ernest Hemingway si sparò in bocca una fucilata...
...così fece Gino
Paoli. Lo spettro di Jim Morrison: questa è la fine, mia sola amica.
La sola, unica risorsa che rimane...
...con l'ombra di Brian
Jones in attesa; e James Dean, la grossa moto rombante di Bob Dylan...
...le pasticche assassine
di Cesare Pavese, di Gabriele D'Annunzio, di Luigi Vannucchi...
...e tutti, di tutti quelli
che ti hanno preceduto, li riconosci, laggiù, Ryukonosu e Agutagawa
e Robert Howard...
...dovrai farlo. Stampalo
nella tua mente, che ti rimanga impresso: solo così avrai continuato
il cerchio. Forse no: sarà un attimo scalpitante di agonia, e poi
sprofonderai nel nulla: potrai anche dire addio a tutto, e sarai già
di là: il tuo nome una volta di più immortale... mi dovrò
dipingere con un solo grosso tratto di penna. Da restare immoto...
...ascoltando questo rumore,
che forse è l'ascensore che mi porta lei, forse sono i suoi passi,
e forse non sarà finita...
...fino a che non salirò
su questo sgabello. E non passerò la mia testa dentro questo cappio;
e sulla mia pelle, questa ruvida corda appena inumidita sarà dolce.
Ciao, amore ciao cantava Luigi Tenco un attimo prima...
...così dirò
anch'io...
...aspettando...
...allora avrò un
attimo di paura, cosa sto facendo mi dirò, non voglio morire, lei
verrà a salvarmi, deve venire! È lei...
Ma sarà un attimo.
Fisserò per l'ultima volta il cielo notturno, dalla finestra. Darò
un caldo allo sgabello...
...e cadrò, cadrò,
cadrò...