La
prima volta, non se ne accorse.
Lei se ne stava seduta sul
prato, gli occhi fissi sulla cabina di vetro azzurrato del Portale distante
solo qualche passo, le ginocchia strette al petto, lo sguardo assorto.
Lui non se ne accorse, andava
di fretta.
Entrò nella cabina,
scelse la destinazione sulla colonnina nera, salì sulla piattaforma
e sparì.
Il giorno seguente, lei era
di nuovo lì e lui non potè fare a meno di notarla.
Una pioggia primaverile
fine e leggera caduta durante la notte aveva inzuppato i giardini che circondavano
il Portale e così questa volta la ragazza era in piedi, col viso
quasi schiacciato contro il vetro della cabina, e guardava all'interno.
Lui se la trovò davanti,
che gli impediva il passaggio. Prima che potesse dire qualcosa, lei si
fece da parte e lo lasciò passare, continuando a guardare all'interno
del portale, come se nulla fosse accaduto.
Lui non badò alla
cosa ma, giusto un attimo prima che il sistema Farcaster della piattaforma
scomponesse il suo corpo atomo per atomo per proiettarlo al portale prescelto
di destinazione, provò un inspiegabile senso di disagio e uno strano
fremito gli corse lungo la spina dorsale. Girò la testa per vedere
se la ragazza lo stesse guardando ma quando terminò il movimento
il portale era già cambiato e non c'era nessuno a spiarlo da dietro
i vetri verdi della cabina.
Uscì dal Farcaster
e si incamminò verso il suo ufficio, distante appena un paio di
isolati dal portale verde ma lontano qualcosa meno di tremila chilometri
da quello azzurro da cui era partito. Alla ragazza non pensò nemmeno
una volta, durante la giornata.
Il mattino successivo però,
lei era nuovamente lì, seduta sul prato ormai asciutto, con le ginocchia
fra le braccia e lo sguardo perso nell'azzurro cobalto del cristallo della
cabina poco distante "Perché se ne starà seduta lì
in quel modo?" si domandò lui per la prima volta, incuriosito, e
si fermò ad osservarla. Sotto un lungo spolverino nero tutto sgualcito
la ragazza indossava un paio di jeans scoloriti ed una felpa grigia. Ai
piedi portava scarponcini di cuoio nero sporchi di fango. "E' brutta" pensò
quasi immediatamente, osservandone i lineamenti. La carnagione, notò,
era straordinariamente pallida, lunare; il naso era piccolo e anonimo,
la bocca solo una fessura stretta, con le labbra sottili quasi prive di
colore. Gli occhi chiari e piccoli apparivano vuoti, slavati. I capelli,
corti e dall'aria spettinata, erano invece di un vivido color rame ma sembravano
ispidi, stopposi, come quelli di una vecchia bambola abbandonata in soffitta.
Mostrava diciotto, forse
venti anni.
La ragazza sembrò
non accorgersi affatto del rapido ma minuzioso esame cui era stata appena
oggetto, continuò a fissare il portale, come se fosse in attesa
paziente di qualcosa, o qualcuno.
E poi, all'improvviso, accadde.
Vide gli occhi della ragazza
dai capelli rossi ingrandirsi per la sorpresa, la bocca muoversi
lentamente a formare uno strano sorriso, truce e soddisfatto, quasi una
smorfia.
Sulle prime non comprese,
poi si voltò a guardare verso il portale.
Non c'era nessuno in vista,
dietro i vetri azzurri. Nessuno nemmeno fuoridalla cabina, o nelle immediate
vicinanze. In quel momento l'unico essereumano nei paraggi era lui stesso.
Tornò allora a girarsi
verso la ragazza, che nel frattempo si era alzata inpiedi e si stava avvicinando
alla parete di vetro del Farcaster.
Aveva una strana espressione
dipinta sul volto e non lo degnò di uno sguardo.
Tutta la sua attenzione
era rivolta al portale, o almeno così gli parve.
Vincendo la curiosità
e cercando di far finta di nulla le passò davanti ed entrò
nella cabina. Quella ragazza era strana, svitata, forse perfino drogata
e per di più era brutta e decisamente troppo giovane per lui. Meglio
ignorarla. Una volta dentro però, digitò in fretta il codice
di destinazione sulla colonnina nera e poi si voltò, per vedere
se lei lo stesse osservando.
Lei era lì, immobile.
L'espressione sul suo volto scialbo adesso era di curiosità, più
che altro. Stava guardando lui, non c'era dubbio.
Lui abbozzò involontariamente
un sorriso di circostanza, sentendosi improvvisamente a disagio, e poi
salì sulla piattaforma.
Quel giorno, pur non riuscendo
a spiegarsene la ragione, quella strana ragazza dai capelli di bambola
fece capolino più volte, nei suoi pensieri.
Il giorno dopo se la ritrovò
seduta sul prato, sempre nella stessa posizione rannicchiata, sempre con
lo sguardo perduto attraverso il portale.
"Buongiorno" le disse lui
prima di entrare nella cabina, accennando anche un saluto con la testa.
La ragazza non rispose,
sembrava non avesse neppure sentito.
Lui allora fece spallucce,
entrò nel portale, digitò la sua destinazione e scomparve.
Continuò così
per un po'. Lui al mattino la trovava seduta sul prato, oppure in piedi
davanti al portale, le diceva "Buongiorno" e poi entrava nel Farcaster,
per sparire e riapparire a migliaia di chilometri di distanza. Lei, dal
canto suo, non gli prestò mai la minima attenzione, assorta com'era
in quel suo continuo stato d'attesa.
E poi, in un grigio e pungente
mattino piovoso ai primi di aprile, le cose cambiarono.
Lei era in piedi davanti
al portale e lui, passandole davanti come tutte le mattine, la salutò
con il suo solito cordiale e impersonale "Buongiorno".
Ormai sapeva che era inutile
aspettarsi una risposta e, del resto, non era affatto sicuro che gli avrebbe
fatto piacere riceverne una. Continuava a salutare la ragazza soprattutto
nella folle speranza di riuscire in qualche modo ad alleviare il disagio
che provava ogni volta che saliva sulla piattaforma e sentiva di avere
i suoi occhi puntati addosso.
Rimase perciò impietrito
quando lei finalmente gli rivolse la parola.
La ragazza si voltò
verso di lui e gli domandò "Non hai mai paura?"
Lui si fermò. La
voce della ragazza era un po' roca ma ben modulata. Gli piacque immediatamente.
"Paura?" chiese a sua volta,
non riuscendo a capire a cosa lei volesse riferirsi.
"Paura..." disse lei indicando
la struttura in cristallo azzurro e acciaio nero del portale "sì,
insomma, di questo... del teletrasporto."
"Oh? Del Farcaster? No...
certo che no." rispose lui, sinceramente meravigliato "Perché mai
dovrei" cominciò, poi osservò l'espressione disegnata
sul volto della ragazza e improvvisamente capì.
Questa volta toccò
a lui strabuzzare gli occhi per la sorpresa, mentre realizzava l'assurdità
della situazione.
"Lei non... non ha mai usato
i portali." disse nel tono più comprensivo che gli fu possibile
trovare. "E' così, non è vero?" Improvvisamente, si
rese conto che era importante che la ragazza non pensasse che la
stesse deridendo o prendendo in giro. "Ma che mi sta succedendo?" - pensò,
in preda ad uno strano intorpidimento. Aveva la punta delle dita che gli
formicolavano... e la
cosa era quasi piacevole.
La ragazza non rispose,
ma sostenne il suo sguardo.
"E' per questo che se ne
sta qui tutte le mattine a fissare quelli che partono?" la incalzò
lui, dolcemente.
"Non hai mai paura di...
non ricomparire dall'altro lato?" insistette invece la ragazza, continuando
a dargli del "tu" e ignorando la sua domanda.
Involontariamente, lui si
lasciò scappare un sorriso. Poi scosse la testa, cominciando a spiegare.
"Se sapesse come funziona
il sistema Farcaster, scoprirebbe che non c'è alcun motivo per avere
paura di"
"So come funziona" lo interruppe
lei, sorridendo a sua volta. Il suo sorriso a lui non piacque; le labbra
già fin troppo sottili della ragazza sparivano quasi del tutto quando
sorrideva, inoltre aveva denti grandi e storti che non erano piacevoli,
da guardare.
"Ma, allora... se lo sa,
perché... perché?"
Lei rivolse lo sguardo verso
il prato del giardino che circondava la cabina, indicando il punto in cui
lui l'aveva sempre vista seduta.
"Vuoi sederti?" gli chiese
infine.
- Uh? Ma... il prato è
bagnato, e io... no, io non... mi scusi ma devo proprio andare, adesso
- rispose lui, arrossendo. Si sentiva spiazzato, cominciava a non capirci
più nulla, in quella conversazione.
Lei non disse altro, annuì,
si scostò per lasciarlo entrare nella cabina e rimase a guardarlo,
in silenzio.
Lui sbagliò due volte
il codice di destinazione sulla colonnina nera, poi finalmente digitò
la sequenza corretta, si voltò, alzò una mano in segno di
saluto e salì sulla piattaforma. La vide scomparire istantaneamente,
mentre i vetri diventavano verdi.
Uscì dal portale.
Il cielo era azzurro e pulito. Il sole primaverile tiepido, luminoso.
Per un istante rimase a
contemplare l'idea di ritornare indietro, a casa, al grigio e alla pioggia.
Si chiese se sarebbe riuscito a convincere la ragazza dai capelli rossi
a venire lì insieme a lui, a godersi quello splendido mattino di
primavera. "Lascia stare, quella ragazzina è matta", mormorò
alla fine fra s e sè e con passo spedito si diresse verso l'ufficio.
Il mattino seguente lei lo
aspettava seduta sul prato. Quando lui la salutò, lei gli fece un
cenno con la mano, invitandolo a sedersi. Lui rimase per qualche secondo
indeciso, guardando alternativamente la ragazza e il portale.
Una donna robusta con un
bambino in braccio stava entrando nella cabina, diretta chissà dove.
Senza volerlo, si domandò se quella donna avesse mai avuto paura
di usare il Farcaster.
"Farò la figura dello
stupido seduto in giacca e cravatta sul quel prato" pensò mentre
scavalcava la piccola siepe che cingeva il giardino.
"Salve" - disse sedendosi
sull'erba soffice e profumata a circa un metro di distanza dalla ragazza.
"Salve" - rispose lei imitando
il suo tono impersonale, fissando il portale.
Lui cercò disperatamente
qualcosa da dire, poi, con un'intuizione improvvisa, si rese conto che
qualsiasi cosa avesse detto non avrebbe avuto importanza, per lei. Quella
ragazza non cercava nulla da lui, ora lo sapeva. La cosa lo fece sentire
improvvisamente più sereno. Non aveva nulla da temere.
Rimase seduto sul prato,
assaporando l'aria fresca e profumata di erba, godendosi il silenzio, osservando
la gente che compariva e scompariva nella cabina del Farcaster, che andava
e veniva.
Dopo qualche minuto fece
per alzarsi, doveva andare in ufficio.
- Bè - disse - io
vado. Arrivederci.
- Aspetta ancora un po',
arriverà, viene quasi sempre. - disse lei, sempre senza distogliere
lo sguardo dal portale.
- Chi... chi verrà?
Aspetta qualcuno?
- Voglio che lo conosca,
così capirai.
- Capirò... cosa?
Io... accidenti, io proprio non riesco a...- cominciò lui, indeciso
se sentirsi imbarazzato o infuriato. Quella ragazza pareva non essere in
grado di seguire una conversazione normalmente, procedeva secondo degli
schemi tutti suoi. Sembrava quasi volesse divertirsi a vederlo confuso,
spiazzato, anche se era evidente che le cose non stavano realmente così.
Lei gli prestava così poca attenzione... - Oh bè... - continuò
- ha ragione, non riesco a capirla... cioè, insomma... è
meglio che vada.
- Eccolo. Guarda! - esclamò
lei, sempre senza voltarsi a guardarlo, mantenendo lo sguardo fisso sul
portale. L'espressione del suo volto era sorpresa e soddisfatta nello stesso
tempo, quasi spiritata, e lui d'un tratto ricordò di avergliela
già vista sul viso diversi giorni prima.
Questa voltà però,
al contrario della precedente, quando sollevò gli occhi sul portale,
anche lui rimase a bocca aperta per lo stupore.
Anche attraverso i vetri
colorati della cabina potè vedere chiaramente la sagoma di un uomo
materializzarsi sulla piattaforma.
- E' Jack - disse la ragazza,
voltando finalmente la testa verso di lui - cioè, io lo chiamo Jack.
Sai, come Jack lo squartatore. - tornò poi a voltarsi verso la cabina
e mormorò sottovoce - Fai ciao al signore, Jack, non essere scortese.
Lui vide la figura acquisire
sostanza, i lineamenti del volto farsi sempre più nitidi... e poi
sbiadire velocemente, mentre il corpo si smaterializzava di nuovo, svanendo.
- Sai, immagino che anche
lui non avesse paura dei portali. E adesso... è diventato un fantasma.
è intrappolato lì dentro.
- E'... impossibile - fu
tutto quello che riuscì a dire lui, boccheggiando.
Quello che aveva appena
visto era semplicemente impossibile. La smaterializzazione, il procedimento
di scansione atomica del Sistema Farcaster era istantaneo, lo era sempre
stato. Era talmente perfetto da sembrare magia: un attimo prima non c'è
nessuno sulla piattaforma e l'istante successivo il viaggiatore è
lì intero, solido, completo. Senza fasi intermedie, senza attese.
Anche volendo, non era assolutamente possibile accorgersi del momento della
trasmissione, della smaterializzazione, né da parte del viaggiatore
né tantomeno dei possibili spettatori.
- Vengo quasi tutti i giorni,
a controllare che sia sempre dentro, che non abbia trovato il modo di uscire
- disse la ragazza, con voce improvvisamente dura. - Con lui non
si può mai sapere... vero Jack?
Lui non la stava ascoltando
- Ma... come può essere? - trovò la forza di chiedere con
voce malferma, alzandosi in piedi - lo ha visto, non è possibile
che...
- Il problema è che
quel figlio di puttana è immortale, finché resta lì
dentro - disse invece la ragazza, - non pensi?
- Di... di che sta parlando?
- disse finalmente lui, ritrovando un po' di lucidità - Conosce
quel...
- Fantasma? Sì,
certo che lo conosco. Ormai siamo grandi amici, io e Jack.
Guarda cosa mi ha regalato
prima di finire... lì dentro.
La ragazza si alzò
in piedi a sua volta, sorrise in uno strano modo e poi sollevò la
felpa grigia fin sotto i seni.
Una lunga cicatrice rosa
le segnava la pelle candida, sul fianco sinistro, disegnando un arco ampio
diversi centimetri.
Lui rimase imbambolato a
guardare la ferita ormai rimarginata da tempo, assurdamente simile all'impronta
lasciata da un gigantesco millepiedi, fino a quando la ragazza non riabbassò
la felpa, calandola sopra i jeans.
"è stato questo...
Jack a farle quella cicatrice?" trovò la forza di chiederle.
"Accidenti, fa ancora abbastanza
fresco, anche se siamo in aprile" disse lei avvolgendosi nello spolverino
e rimettendosi a sedere sull'erba "Non hai potuto vederlo, ma Jack ha un
coltello nascosto in una manica. Un lungo coltello affilato. Adesso immagino
che anche quel maledetto affare sia diventato un fantasma" concluse fra
sè e sè.
"Ma perché le ha
fatto..."
"Perché gli piaceva.
Sai, Jack, o comunque diavolo si chiamasse, aveva trovato un modo tutto
suo per utilizzare i portali. Se ne stava li', vicino ad una cabina, in
qualsiasi parte del mondo, attendeva che la sua vittima gli capitasse a
tiro e poi..."
"Vuol dire che... ammazzava
le persone?"
"Non subito, no. Prima ci
si divertiva un po'" disse lei lanciandogli un'occhiata eloquente.
Lui rimase in silenzio,
senza parole. Avrebbe voluto dirle qualcosa, che gli dispiaceva per lei,
per quello che le era accaduto, ma sapeva che qualsiasi frase di circostanza
sarebbe suonata falsa, inutile.
"Non ti preoccupare" disse
lei, come se gli avesse letto nel pensiero "è stato più di
un anno fa... e in fin dei conti io sono stata fortunata, sono ancora viva
e so che Jack, almeno per il momento non può più far male
a nessuno".
"Ma... come è finito
lì dentro?" domandò lui "il Farcaster è infallibile,
non è davvero possibile che..."
"Ma ci pensi?" continuò
invece lei, ignorando la domanda "è un sistema perfetto: stupri
ed uccidi qualcuno ed una manciata di secondi più tardi sei dall'altra
parte del mondo, al sicuro. Chissà quanto si era divertito, il nostro
Jack, prima di rimanere intrappolato".
"Sì, ma non capisco
come..."
"Ma è davvero così
importante, per te, riuscire a spiegare come sia stato possibile? è
successo e basta, e per fortuna è capitato all'uomo che più
se lo meritava. Magari sarà stato un errore del... come si chiama?
Ultraqualcosa..."
- Iperbuffer - suggerì
lui, scuotendo la testa come a voler negare ancora l'evidenza di ciò
a cui aveva assistito pochi minuti prima.
- Iperbuffer, giusto. Jack
è salito sulla piattaforma come tutti gli altri giorni, magari a
caccia di qualcuno da squartare, gli scanner lo hanno scomposto istantaneamente,
lo hanno trasferito nell'iperbuffer... e poi è successo qualcosa,
forse il sistema ha perso la destinazione...
- Non è possibile,
sarebbe ricomparso nel portale di partenza...
- Uffa! D'accordo, allora
diciamo che è stato Dio, o la Provvidenza, se preferisci, visto
che non vi sono possibili spiegazioni razionali. Comunque è rimasto
intrappolato nei portali, il bastardo. Lo hai visto, no? Fine migliore
non gli poteva capitare.
- La sua espressione...
- mormorò lui, - era tranquillo, non si è accorto di
niente...
- Già, immagino che
non possa aver coscienza di quello che gli è capitato, finché
rimane un insieme di dati... fluttuante.
- Fluttuante?
- Sì, come un...
fantasma, un'interferenza. Ho idea che sia entrato in circolo, sì,
voglio dire, che faccia la sua apparizione in tutti i portali del sistema,
che non abbia un portale preferito.
- Come fa a dirlo? chiese
lui, comprendendo l'orrore della situazione.
- Perché la prima
volta che l'ho visto era in un altro portale. Mi avevano ricoverato a Sidney,
in Australia. Sai, ero in vacanza in quel paese e il mio amico qui mi sorprese
vicino al Farcaster vicino il villagio universitario.
Quando mi dimisero dall'ospedale,
dopo due settimane, mi fiondai direttamente al Portale. Bè, manco
a farlo apposta Jack comparve e scomparve giusto un attimo prima che salissi
sulla piattaforma, così come ha fatto oggi. Mi piace pensare che
sia rimasto intrappolato proprio la sera che mi assalì, sarebbe
il massimo. Comunque da allora non ho li ho più usati, i Portali
intendo.
Tornai qui, a casa, e da
allora non mi sono più mossa.
Lui rimase in silenzio.
Era davvero possibile una cosa del genere? Che un uomo entrasse tranquillo
in una cabina Farcaster e non ne uscisse più? Che rimanesse intrappolato
nel sistema, come un'onda di risonanza, e non potesse più venirne
fuori?
"Vengo spesso a controllare
che sia sempre lì dentro, perché in un certo senso
il pericolo non è finito. - disse lei - Jack è immortale.
è intrappolato per l'eternità ma è immortale, è
vivo, anche se non sa di esserlo. Ci ho pensato sai? Metti che un giorno,
fra mille anni, accada nuovamente qualcosa e lui venga materializzato correttamente
in uno qualsiasi dei Portali sulla Terra - magari fra mille anni ci saranno
Portali anche sulla Luna, o su altri pianeti, chi può saperlo? -
si ritroverebbe vivo e vegeto nel futuro, e per lui non sarebbe passato
nemmeno un secondo. Sarebbe di nuovo il buon vecchio Jack col suo bel coltello
nascosto, a caccia di giovani vittime. Sarebbe terribile, non pensi? Davvero
tremendo.
- Io... non so proprio cosa
pensare - fece lui, in preda ad una strana e spiacevole sensazione di disagio
- Ma... non potrebbe trattarsi di qualcos'altro? Qualcosa come... ecco!
- esclamò, animandosi improvvisamente - Qualcosa come una postimmagine,
sa, come quando guarda il sole per troppo tempo e la sua immagine le rimane
impressa nelle retine anche quando smette di guardarlo. - scosse la testa,
nervoso, inseguendo i propri pensieri alla ricerca di una qualsiasi spiegazione
razionale. Non sapeva il perché ma gli sembrava necessario, di importanza
vitale, riuscire a trovarne una - no, il paragone non è corretto...
ah, sì, diciamo allora qualcosa come... un'eco, sì, un'eco,
un'immagine riflessa di un trasferimento che è comunque avvenuto,
riuscito.
Lei lo guardò divertita
mentre lui si agitava, cercando di mettere a fuoco i propri pensieri.
- Per qualche strano motivo
l'iperbuffer del Farcaster non deve aver cancellato tutti i dati dopo il
trasferimento di questa persona e così è rimasta quell'immagine
vagante, priva di consistenza.
- Allora il fantasma sarebbe
solo una... copia di quella persona? - domandò lei, improvvisamente
meno divertita.
- Sì - esclamò
lui - Cioè... no, non proprio una copia perfetta... soltanto un'immagine,
una specie di fotografia... sì, insomma, qualcosa del genere.
"Questo vorrebbe dire che
Jack in realtà è vivo e vegeto e che sta tranquillamente
continuando a..." La voce della ragazza era improvvisamente calata di tono
e volume, diventando quasi un mormorio.
Lui stava per annuire, contento
per le proprie brillanti deduzioni ma, proprio mentre stava per aprire
la bocca, incrociò lo sguardo con quello di lei, si accorse del
terrore sepolto nei suoi occhi e si bloccò.
Rimase muto, immobile, come
paralizzato. Con una parte della sua mente si rese conto che stava sudando.
Sotto la giacca la camicia gli si era appiccicata alla schiena, sentiva
le gocce che lo solleticavano colandogli lungo i fianchi.
"No" disse infine, abbozzando
un sorriso e cercando di dare alla propria voce il tono più sincero
possibile "Non credo. L'iperbuffer si azzera sempre, dopo ogni trasferimento.
Ci sono dei programmi che controllano che questo avvenga... no, quella
dell'immagine residua è un'ipotesi che non può funzionare,
per quanto mi dispiaccia ammetterlo"
"Oh, Bè, accidenti"
disse lei, "mi hai fatto fessa, ci avevo quasi creduto".
"E' che è difficile
ammettere che il Farcaster... bè sì, insomma, che possa sbagliare,
che possa intrappolare qualcuno."
"Mi sa tanto che un po'
di paura adesso ce l'hai anche tu" disse lei.
Lui rimase in silenzio,
perché davvero non conosceva la risposta. Aveva mentito alla ragazza,
per rassicurarla, ma in realtà continuava a sentirsi a disagio.
- Farai tardi al lavoro
- disse ad un tratto la ragazza, alzandosi dal prato.
- Oh? Oh, sì, ha
ragione. Questa storia del fantasma mi ha fatto perdere la nozione del
tempo - disse rimettendosi a posto la giacca - è tardissimo, devo
proprio scappare.
Quando però fu vicino
al portale, esitò e si voltò, dubbioso.
"Vai, a te non succederà.
Sei un tipo a posto, tu" disse lei.
Lui scosse la testa, sorridendo.
- Arrivederci, allora -
disse, entrando nella cabina.
- Arrivederci - rispose
lei.
Digitò la sua destinazione
sulla colonnina nera ma non si voltò indietro a guardare. Sapeva
che lei era lì ma la cosa, scoprì con sorpresa, improvvisamente
non gli dava più alcun fastidio, aveva anzi la sensazione che fosse
positiva, di buon augurio.
Prima di salire sulla piattaforma
ebbe comunque un attimo di esitazione, giusto il tempo di un battito del
cuore. Seppe subito che sarebbe stato così per sempre, che quell'attimo
di dubbio lo avrebbe accompagnato ogni volta che fosse entrato in un portale.
Si rese conto che, in qualche modo, qualcosa in lui era cambiata. Fece
un profondo respiro, poi salì deciso sulla piattaforma. A lui non
sarebbe successo.
Giuseppe De Rosa
©1993 - 1994
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