Il
Prigioniero
"Chi
è il Numero Uno?"
ovvero
la condizione umana nel XX secolo (e oltre?)
Massimo
Pietroselli
Le
domande sono un peso per gli altri, le risposte una prigione per noi stessi.
Una bocca
cucita fa una vita felice.
Massime
del Villaggio
Caduta del Muro di Berlino:
centinaia di persone, nell'ebbrezza della libertà riconquistata,
si accalcano su quel simbolo della dittatura per distruggerlo con martelli
e picconi. Alcuni vi scrivono o disegnano sopra il loro odio, la loro felicità,
la loro rabbia - o, semplicemente, lo smarrimento di fronte a un futuro
incerto e difficile.
Soffocato
tra altri mille disegni graffi e scarabocchi, compare su quel muro di infamia
uno strano, criptico messaggio: il volto impenetrabile di un uomo, ossessivamente
ripetuto con colori diversi, come la Marilyn di Warhol.
L'anonimo
disegnatore, evidentemente, fa riferimento a un codice, ad una citazione
nota solo a chi conosce quell'uomo dalla mascella di pietra e sa la sua
storia. Ma quale può essere il messaggio? Quali pensieri si nascondono
dietro gli occhi dell'enigmatico personaggio disegnato?
Che l'anonimo
ha finalmente lasciato il Villaggio?
O che
quella promessa di libertà è solo una farsa, e che lascia
un Villaggio soltanto per entrare in un altro?
E soprattutto:
Chi è il Numero Uno?
Titoli
di testa.
Un uomo
sfreccia a bordo di una Lotus Seven II, su un'autostrada deserta.
(Patrick
McGoohan è...)
Il volto contratto, lascia l'auto in un garage sotterraneo, percorre corridoi
bui, spalanca la porta di una stanza e getta le proprie dimissioni su una
scrivania, dietro la quale sta un funzionario impassibile. Torna a casa,
prepara in fretta le valigie. Intanto, in archivi immensi, la sua foto,
cancellata con una serie di X, viene riposta in uno scaffale su cui è
scritto: "Resigned".
(...Il
Prigioniero)
Un individuo
alto, vestito di nero e con cappello a cilindro, si avvicina all'abitazione.
Una sostanza gassosa penetra dalla serratura nell'appartamento. L'uomo
sviene.
Si risveglia
nella sua stessa casa, ma riprodotta in un Villaggio bizzarro e sconosciuto.
Mentre l'uomo, perplesso, si aggira per il Villaggio alla ricerca di un'impossibile
uscita, si ode uno strano dialogo...
-Dove
sono?
-Nel
Villaggio.
-Che
cosa volete?
-Informazioni.
-Da
che parte state?
-Si
vedrà. Vogliamo informazioni. Informazioni. Informazioni.
-Non
le avrete!
-Con
le buone o con le cattive, le avremo!
-Chi
è lei?
-Sono
il nuovo Numero Due.
-Chi
è il Numero Uno?
-Lei
è il Numero Sei.
-Io
non sono un numero! Sono un uomo libero!
(Risate
di scherno.)
Il Prigioniero
(1967) è un telefilm britannico in 17 episodi, che enigmaticamente
si chiude ad anello (la scena finale del 17° episodio è identica
alla scena d'apertura del 1°), ideato, interpretato e in alcuni casi
diretto da Patrick McGoohan. Allora, era l'attore TV più pagato,
reduce da una serie di grande successo, Danger Man. Uomo inquieto
a anticonformista, dopo aver intepretato l'agente segreto John Drake, antitesi
di James Bond (niente donne, niente gadget, poche sparatorie, molto cervello),
lasciò la serie ancora sulla cresta dell'onda e impose ai produttori
un'ossessione che lo perseguitava da anni: il format del Prigioniero.
Patrick
McGoohan: "...doveva avere a che fare con la "numerologia della Società"
e il modo in cui veniamo ridotti a cifre..."
In breve:
un agente segreto (lo stesso John Drake?) si dimette. Viene rapito e portato
in un Villaggio, dove le persone sono ridotte a Numeri. Il Numero Due dirige
questo campo di concentramento, con l'obiettivo di scoprire perché
il Numero Sei si è dimesso. In realtà, questa domanda è
solo la prima di tante: come dice il Numero Due, "se risponderà
a questo semplice quesito, tutto il resto verrà da sé". Per
piegare il Numero Sei, vengono utilizzati i più sofisticati e fantascientifici
strumenti di manipolazione mentale, tanto più stridenti in quel
Villaggio (apparentemente) sereno e idilliaco. Il Numero Sei resiste, si
batte. Ha due scopi: fuggire, e scoprire chi è il Numero Uno, il
Potere Occulto dietro il fantoccio del Numero Due. Li realizzerà
entrambi. (Forse)
L'ultimo
episodio si intitola Fall Out. La rivelazione finale (Chi è
il Numero Uno? Chi gestisce il Villaggio?) genera attese spasmodiche nel
pubblico televisivo inglese, che ha premiato la nuova serie con un altissimo
gradimento.
I telefilm
vengono trasmessi dalla ITV, terzo canale britannico, in orari e giorni
diversi a seconda delle regioni. Accade così che l'ultimo episodio
del Prigioniero viene annunciato, per la prima volta, alla televisione
scozzese il 1° febbraio del 1968. Ed ecco che, del tutto inaspettatamente,
gruppi di aficionados emigrano verso le Highlands, pur di vedere
in anteprima mondiale la fine del telefilm più enigmatico mai prodotto!
Poi, Fall Out si sposta per la Gran Bretagna: il 2 febbraio nelle
Midlands, il 4 febbraio a Londra...e, con sé, trascina da un luogo
all'altro i Pellegrini della Rivelazione Misteriosa, che vedono e rivedono
l'episodio cercando di carpirne il significato segreto, affascinati, sconcertati
e rabbiosi al tempo stesso, pronti a sostenere che McGoohan li ha presi
in giro con un finale assurdo, idiota, che rimanda all'inizio come il serpente
Uroboros. Il finale metafisico colse impreparato il numeroso pubblico,
che si aspettava la rivelazione di un Numero Uno, la potenza occulta dietro
il Villaggio, nello stile di James Bond.
Patrick
McGoohan: "...Ci fu quasi una rivolta, stavo per essere linciato. Ho dovuto
nascondermi tra le montagne per due settimane - veramente!"
McGoohan
non avrebbe mai potuto accontentarli - un finale fracassone non lo interessava.
D'altronde, non aveva già interpretato l'opposto della più
famosa spia del mondo, che allora monopolizzava il grande schermo? E non
aveva forse rifiutato la parte di 007, ritenendo che il personaggio fosse
troppo amorale (anche se, in una tarda intervista, l'attore ha sostenuto
che aveva soltanto delle riserve sullo script)? No, McGoohan non poteva
fare del Numero Uno un altro Ernst Stavro Blofeld.
(Fall
Out: il Numero Sei raggiunge il Sancta Sanctorum, dove si trova finalmente
faccia a faccia con il Numero Uno: costui è intabarrato in un saio
monacale, il cappuccio che gli nasconde il volto.
Si avvicina - immaginiamo il silenzio sospeso nei pub scozzesi - Prima
sorpresa! Sotto il cappuccio, il volto di uno scimmione. Ma è solo
una maschera! Il Numero Sei la strappa via. Dietro lo scimmione, lo
guarda il suo stesso volto, stravolto da una folle risata! Comincia
un'assurda corsa a rimpiattino...)
Il fascino
tutto particolare della serie, il motivo del perpetuarsi, trentatré
anni dopo la prima trasmissione, di interpretazioni, convention, chat,
risiede nel fatto che a nessuna delle domande ricorrenti (Perché
il Numero Sei si è dimesso? Chi è il Numero Uno? Chi governa
il Villaggio?) viene data esplicita risposta. Il Prigioniero, insomma,
si configura come opera aperta. Alexis Kanner, attore nella serie e amico
di McGoohan, sintetizza così l'interpretazione da dare alla Rivelazione
Finale: "Ho visto il nemico, e il nemico sono io". Ognuno, insomma, porta
dentro di sé il suo Numero Uno. Come dice McGoohan: "Il Numero Uno
è l'idiota che è in me". Kanner prosegue: "Era inevitabile
che Patrick facesse terminare così il Prigioniero. Era cattolico
e c'era un profondo senso di colpa in lui - convivevano contemporaneamente
il colpevole e la vittima. Quando le riprese finirono era stanco, terribilmente
stanco."
Insomma,
nel Villaggio siamo prigionieri di noi stessi. Non esiste un potere occulto,
non abbiamo con chi prendercela, nessun tiranno da abbattere. E' soltanto
colpa nostra. La tecnologia ci condiziona, ci invade, ma non vogliamo
rifiutarla, perché ci rende la vita indubbiamente comoda. McGoohan:
"La maschera dello scimmione...beh, tutti veniamo da lì, così
ho usato la maschera come un simbolo. C'è la maschera dello scimmione
e poi l'altra faccia bestiale, che ride e saltella come una scimmia." Insomma,
la superficialità del vivere moderno uccide la spiritualità:
"L'animale che mi porto dentro", canta Battiato, "non mi fa vivere felice
mai…"
Non tutti,
va detto, tributano al Prigioniero questa profondità di pensiero.
Secondo loro, in primis George Markstein, script editor della serie prima
che contrasti insanabili con McGoohan lo inducessero a lasciare, Il
Prigioniero è stato invece un fallimento, proprio a causa della
filosofia da quattro soldi in cui McGoohan l'ha affogato. Ma le discussioni
continuano, il mito dilaga: nel 1980, Channel 9 di San Francisco ritrasmette
l'intera serie, facendo seguire a ogni episodio un dibattito pubblico;
nel 1990, a Parigi, episodi scelti vengono proiettati sul grande schermo;
e si parla ora di portare il Prigioniero al cinema, con Mel Gibson candidato
al ruolo del Numero Sei.
Comunque
sia, non è soltanto la Rivelazione Finale, truffaldina o geniale
che sia, a dare fascino al Prigioniero. Anche chi, come Markstein, considera
la visione filosofica della serie un appesantimento inutile e dannoso,
ne apprezza l'essere espressione tipica dei Fabolous Sixties:, anni
di Guerra Fredda, doppiogiochi, droghe psichedeliche, fantascienza sociologica/antiutopistica
e desiderio di libertà e anticonformismo. Sono evidenti le influenze
di libri come I Persuasori Occulti di Packard, dei mass media che
acquistano sempre più potere, dei film e telefilm di spionaggio
allora in gran voga (The Avengers, I Spy, UNCLE), di John Le Carrè
e Philip Dick (tracce evidenti de L'uomo dei giochi a premio). Il
Prigioniero è un'opera di anti-utopia nel segno di 1984,
ma a differenza di Orwell, McGoohan ritiene che la dittatura sarà
più subdola, più dolce: non ricorrerà alle armi per
affermarsi, non siederà esplicitamente sul trono. Resterà
invece nell'ombra, ineffabile come il Numero Uno (vengono in mente le parole
ammonitrici di Sciascia: "Il Potere è sempre altrove"), annidata
dentro di noi, mascherata dietro i nuovi dogmi Progresso e Libero Mercato,
alimentata dalla pubblicità e dalla disinformazione mediatica. Non
è incidentale che il Truman Show ricordi in più di
un punto il Prigioniero.
Kenneth
Boulding, Università del Michigan (citato da Packard): "Si può
perfettamente concepire un mondo dominato da una dittatura invisibile nel
quale tuttavia siano state mantenute le forme esteriori del governo democratico."
Il
Prigioniero come summa di temi e pulsioni fortemente Anni Sessanta,
dunque. Un altro motivo di costante fascinazione è il design
della serie, che suscita attraverso la cura dei dettagli il disagio per
un universo, quello del Villaggio, dove l'unica speranza di sopravvivenza
è il conformismo a mode assurde (i blazer con il bavero orlato di
bianco, il distintivo del Numero ostentato come una targa automobilistica,
i parasole multicolori, i buffi e anacronistici bicicli,gli elaborati caratteri
delle insegne, le periodiche partite a scacchi con pezzi viventi sulla
falsariga di Marostica, la sedia emisferica del Numero Due); dove la tecnologia
osserva nei dettagli e condiziona la vita cittadina (la Sala Controllo,l'inquietante
Pallone Bianco - Rover, nell'originale - che scorrazza per le vie
alla ricerca di nemici da annientare, la
radio nelle abitazioni, che non si può spegnere e trasmette in continuazione
proclami zuccherosi e previsioni di un tempo invariabilmente bello, l'Ospedale,dove
vengono trattati psichicamente i ribelli, il patetico giornale locale,
il Tally Ho); e naturalmente il Villaggio stesso, gabbia idilliaca
e per questo ancora più terribile.
Il Villaggio!
Per tutta la serie ci chiediamo dov'è. Eppure si può visitare:
dov'era la casa del Numero Sei, adesso c'è il The Prisoner Shop.
Portmeirion, questo il nome, fu progettato dall'architetto Sir Clough Williams-Ellis
(1883-1978) e costruito tra il 1925 e il 1972 sulla penisola di Aber Ia
nel Galles, con il principio di dimostrare che edifici e natura potessero
coesistere armoniosamente. "
...Volevo dimostrare, con un approccio direi da operetta, che l'architettura
può essere interessante e intrigante...e che si può costruire
anche su un luogo meraviglioso senza per questo rovinarlo, anzi, con sufficiente
cura e abilità, persino esaltarlo." E' un villaggio all'italiana
abbarbicato su una collina, dove statue mitologiche spruzzano acqua, casette
basse sono immerse nella vegetazione e ruotano attorno a una spaziosa piazza,
campanili e cupole svettano con discreta eleganza, il tutto circondato
da giardini all'inglese che ospitano alberi fioriti di origine himalayana.
McGoohan dice che l'ispirazione del Prigioniero gli è venuta proprio
a Portmeirion, dove anni prima si era recato per girare un episodio di
Danger Man: ed è certo che il Villaggio è il background
ideale della serie, così apparentemente quieto, bizzarro come un
sogno di Alice e lontano dalle tecnologie impiegate dal Numero Due per
piegare le personalità ribelli (tecnologie che, difatti, sono nascoste
negli edifici, mai evidenti). Il paese dei Puffi trasformato in lager high-tech.
Last
but not least, le storie in sé. Se è vero che alcuni
episodi, l'ultimo in particolare, grondano simboli e metafore che appesantiscono
non poco la visione, la maggior parte delle diciassette avventure di cui
si compone la serie si sviluppa secondo un intrigante cocktail di spy-story
e SF. L'intreccio di base è semplice: il Numero Due, nuovo a ogni
episodio (poiché i fallimenti non sono tollerati nel Villaggio),
escogita un piano per piegare il Numero Sei e strappargli le tanto sospirate
informazioni; il Numero Sei, d'altro canto, elabora un piano di difesa
e, spesso, di contrattacco per fuggire dal Villaggio (si capisce così
perché il gioco degli scacchi sia ripetutamente citato nella serie).
Di conseguenza, ad avveniristiche tecniche di condizionamento psicologico
si alternano scene d'azione, tentativi di fuga, combattimenti e soprattutto
sottili dialoghi tra i due avversari, freddi e cortesi nello stesso tempo,
come nella migliore tradizione della spy story all'inglese, dove le parole
significano più di quel che sembri. Alcuni esempi.
In A,
B & C, il Numero Due cerca di manipolare la mente del Prigioniero
attraverso una macchina in grado di trasformare i sogni in impulsi elettrici,
che vengono poi elaborati e proiettati su uno schermo. Il Numero Sei viene
drogato e obbligato a sognare per diversi giorni una particolare situazione,
nella quale, nel corso di un ricevimento, contatta tre persone (chiamate
A, B e C), a una delle quali svelerà i suoi segreti. Purtroppo per
il Numero Due, anche in sogno il Numero Sei si mostra reticente, finché
non si accorgerà di venir drogato e...
In The
Chimes of Big Ben si fa credere al Numero Sei che è riuscito
a fuggire. Impacchettato in una cassa, come nella migliore tradizione degli
intrighi diplomatici, attraversa (pare) mezza Europa, fino a ritrovarsi
tra i volti noti dei suoi superiori, nella sede londinese del Servizio
Segreto. Proprio mentre sta per rivelare tutto, sente battere il Big Ben.
Il suono familiare fa capire al Numero Sei che non mai fuggito: il Big
Ben segna l'ora del suo orologio, pur avendo attraversato apparentemente
diversi fusi orari! Il Prigioniero apre la porta dell'ufficio londinese
e si ritrova nell'ammorbante atmosfera del Villaggio, nel quale si immerge
impenetrabile, come Napoleone a Sant'Elena...
Le cose
sembrano andar meglio in Many Happy Returns. Il Numero Sei si sveglia
per scoprire che il Villaggio è stato improvvisamente abbandonato.
Costruisce una zattera e, dopo alcune peripezie con dei contrabbandieri,
riesce a raggiungere la costa del Kent. Tornato al suo vecchio ufficio,
racconta la sua storia, ma viene creduto a malapena. Dove, e soprattuto,
cosa è il Villaggio? Il Numero Sei, dopo diverse ipotesi, crede
di aver individuato l'ubicazione del suo carcere. Si reca sul posto in
aereo, ma appena lo riconosce, il co-pilota lo proietta fuori dal veivolo.
Lentamente, il Numero Sei atterra col paracadute sulla spiaggia del Villaggio,
ora rianimato. Una banda lo accoglie, gli viene presentata una torta. E'
il suo compleanno...
In Living
in Harmony, la situazione tipica del telefilm viene trasportata in
un villaggio del West, Harmony appunto, attraverso l'uso di allucinazioni
indotte. Qui, il Numero Sei si trova a dover accettare l'incarico di sceriffo,
nonostante i suoi rifiuti...alla fine, non il Numero Sei, ma qualcun altro
resterà prigioniero di questa realtà virtuale, con inevitabile
tragedia finale...
E infine,
The Schizoid Man, che forse costituisce, per trama, torture fantapsicologiche
e suspense, l'episodio paradigmatico del serial. L'ennesimo Numero
Due vuol convincere il Numero Sei di essere qualcun altro. Attraverso ingegnose
tecniche di lavaggio del cervello, gli si cambiano i gusti, i capelli;
da destrimano diventa mancino, gli crescono i baffi. Il Numero Sei (che
ora è il Numero Dodici), al risveglio, si trova così a dover
combattere contro i ricordi del suo precedente Sé: in più,
si trova davanti un suo esatto sosia,
che asserisce di essere il Numero Sei! Dopo momenti di terribile confusione,
il Numero Dodici recupera la sicurezza della propria identità e
rivolta la frittata: fa credere al Numero Due che il suo sosia è
veramente il Numero Sei. Questo gioco alla Le Carrè sembra riuscire
alla morte del sosia. Il Prigioniero è sul punto di abbandonare
finalmente il Villaggio, con tanti ringraziamenti da parte del Numero Due
per l'opera svolta. Tuttavia…
E per
chi crede che tutto ciò sia (solo) fantascienza, vorrei citare un
fatto vero: è riportato in Acid Dreams: The CIA, LSD and the
Sixties Rebellion, di Martin Lee e Bruce Shlain, Grove Press, NY 1985,
e contribuisce a chiarire l'atmosfera in cui il Prigioniero è maturato.
Durante la Guerra Fredda, nel tentativo di escogitare un sistema per strappare
la verità alle spie sovietiche più tenaci e riprogrammarle
per il doppio gioco, la CIA si rivolse al dottor Ewen Cameron, un eminente
psichiatra che fu anche presidente della World Psychiatric Association
canadese e americana. Il dottor Cameron accettò i finanziamenti
interessati della CIA per sperimentare su 53 pazienti (ignari) un metodo
da lui sviluppato per trattare la schizofrenia. La CIA pensava che tale
metodo potesse applicarsi per lavare il cervello delle spie sovietiche
catturate e riprogrammarle.
Il sistema
del dottor Cameron consisteva di tre fasi. Nella prima, terapia del
sonno, i soggetti venivano obbligati a dormire per oltre un mese di
seguito con massiccio impiego di psicofarmaci. Nella seconda, de-programmazione,
venivano impiegate dosi alternate di LSD e di elettroshock per spazzare
via dal cervello dei pazienti i comportamenti acquisiti. Scopo di questa
fase del trattamento era, in sostanza, rendere il cervello una tabula rasa.
Il terzo e più ambizioso passo era il ri-condizionamento mentale,
chiamato psychic driving. I pazienti venivano di nuovo confinati
in specifiche "camere del sonno", dove, durante un letargo indotto, ascoltavano
migliaia di volte dei messaggi registrati. Alcuni di quei 53 pazienti ascoltarono
lo stesso messaggio duecentocinquantamila volte. Aggiungo che nove di questi
malcapitati denunciarono in seguito il Governo USA, chiedendo ciascuno
un risarcimento di un milione di dollari.
In The
Chimes of Big Ben, il Numero Sei e il Numero Due scambiano alcune riflessioni,
comodamente seduti al bar del Villaggio.
Sei:
Non le mai venuto in mente che lei è prigioniero quanto me?
Due:
Ma certo, vecchio mio! Io so troppe cose. Siamo tutte e due ergastolani.
D'altra parte, io sono un ottimista. Ecco perché non ha importanza
chi sia il Numero Uno, né da chi dipenda il Villaggio.
Sei:
Ma dipende da una parte…o dall'altra?
Due:
Da una delle due, certo. Ma entrambe stanno diventando la stessa cosa.
Si è creata, di fatto, una comunità internazionale. Lo schema
perfetto dell'ordine mondiale. Quando i due schieramenti che ora si fronteggiano
si renderanno conto di guardarsi in uno specchio, capiranno che questa
è la via maestra per il futuro.
Sei:
L'intero mondo…come il Villaggio?
Due:
E' quello che spero!
Guardiamoci attorno, e dentro.
Attentamente. Chi è il Numero Uno?
Biblio/Linkografia
Non esistono videocassette del Prigioniero
in italiano: peraltro, anche in televisione il telefilm passa molto raramente.
Questo spiega perché abbia citato i titoli degli episodi in versione
originale: in realtà, ho comprato le videocassette a Londra.
-
http://www.retroweb.com/prisoner.html:
uno dei migliori punti di partenza.
-
http://www.the-prisoner-6.freeserve.co.uk/setup.htm:
contiene, tra l'altro, le interviste a Patrick McGoohan e George Markstein.
-
http://www.worldofyak.com/:
la pagina su Il Prigioniero contiene la sceneggiatura integrale di alcuni
episodi della serie.
-
http://www.hmss.com/otherspies/prisoner.htm:
somiglianze e differenze tra 007 e Numero Sei.
-
http://songweaver.com/paranoia.html:
pagina per aspiranti Numero Sei - paranoie, cospirazioni, disinformazioni
ecc. Il mondo contro di voi!
-
http://www.netreach.net/~sixofone/index.htm:
il sito del Fan Club ufficiale del Prigioniero.
-
http://www.portmeirion.wales.com/index.english.htm:
tutto sul Villaggio (vero).
-
http://www.erowid.org/library/books_online/acid_dreams/acid_dreams1.shtml:
il primo capitolo del citato libro su CIA, LSD e brainwashing durante la
Guerra Fredda.
-
E dopo tutti questi link, un po' di carta!
Generation Séries, una rivista francese dedicata alle serie
televisive, nel n°6 (manco a dirlo) del 1993 ha pubblicato un dossier
su Le Prisonnier. Ci si può abbonare anche via Internet.
(Ma infine, che ne avrebbe pensato, il Numero Sei, di Internet?)
-
Infine, cito una novelization del Prigioniero,
scritta da Thomas Disch: ovviamente, The Prisoner. In realtà,
non è una vera novelization all'americana. Si tratta piuttosto dell'adattamento
dei temi tipici del serial al gusto e allo stile di Disch: un buon romanzo.
Al solito, inedito in italiano.
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Il Prigioniero
