LIBRI
Vernon Vinge, QUANDO LA LUCE TORNERA'
Michael
Moorcock, IL DRAGO NELLA SPADA
Normad Spinrad, VAMPS
Charles R. Wilson, DARWINIA
AAVV, IL
PARADISO DEGLI ORCHI N°24 - Speciale 2000!
A cura di Roberto Satolli e Fabio Terragni, LA
CLONAZIONE E IL SUO DOPPIO
James G. Ballard, FINE MILLENNIO: ISTRUZIONI PER L'USO
Walter Jon Williams, LA
GRANDE ONDA
Walter Jon Williams, LA VOCE DEL VORTICE
Christoper
Priest, eXistenZ
Bruce Sterling,
CAOS U.S.A.
FUMETTI
UNA CANZONE PER SARA, Nathan Never
102
FUGA DISPERATA, Nathan Never 103
IL NEMICO NELL'OMBRA, Nathan Never
104
MISSIONE NELLO SPAZIO, Nathan
Never Speciale 9
IL MINOTAURO, allegato a Nathan
Never Speciale 9
IL CORTEO DI DIONISIO, Gea 2
Vernon Vinge |
QUANDO LA LUCE TORNERA' |
(A Deepness in the Sky, 1999) Milano, Editrice Nord, 1999 (pagine 545, L. 28.000, traduzione di Gianluigi Zuddas) |
Con questo romanzo
Vernon Vinge compie un'operazione letteraria abbastanza
frequente, nei grandi cicli di storia futura: racconta gli
antefatti di quanto accaduto in opere già pubblicate.
Infatti, questo romanzo è il presequel, per così dire,
di Universo incostante (A Fire Upon the Deep, '92), e racconta di
accadimenti che si svolgono trentamila anni da quelli narrati in
questo romanzo.
Vi si racconta, in estrema sintesi, di una guerra su di un
pianeta, abitato da una razza intelligente di ragni, avente
caratteristiche astronomiche alquanto singolari: gravita,
infatti, attorno ad una stella chiamata OnOff,
che ha la particolarità di avere due stati che si
ripetono ciclicamente, di stella spenta e accesa,
cosa che dà origine a particolarità di costume, di cultura, e
di ogni altra cosa in quella razza, idea certo non nuova nella Sf
(ma chi se le aspetta neppure più, le idee nuove!!), ma che qui
viene sviluppata piuttosto bene.
Due le idee "secondarie" che ho rilevato; uno degli
stilemi iperclassici della Sf, quello del potenziale riappacificatore
di un intervento aggressivo dall'esterno per ricomporre un
conflitto (idea che naque, nella Sf, per effetto della Guerra
Fredda, per cui si immaginava spesso che, appunto, un attacco di
alieni cattivissimi sventasse la temutissima, allora, 3° Guerra
Mondiale): "Tutte le nostre guerre diventano ridicoli
battibecchi davanti al suo arrivo" (pag.453;
"
suo
" equivale ad un'astronave di
Terrestri).
L'altra è una considerazione di come la scienza possa estirpare
credenze e culture einaridire: "
non ci sarà più
Tenebra, né mistero, né profondità dove la mente degli
Aracnidi possa riposare. La scienza si porterà via tutto."
(pag.262); infatti, a parte le varie belligeranze, allenze,
complotti e varie, ciò di veramente interessante che accade,
su quel pianeta, è la conquista della Tenebra: gli Aracnidi,
infatti, durante la narrazione che si svolge in un lungo lasso di
tempo, colonizzano il tempo di Off della
loro stella; inventano, cioè, delle tecnologie che consentono
loro di poter vivere durante quel tempo, invece che dormire,
per poi risvegliarsi in un mondo distrutto dalla sua tremenda
riaccensione.
In conclusione, direi che le idee ci sono, e sono buone, ma che,
come troppo spesso accade nella Sf, vengono un po sprecate;
troppo diluite, innanzi tutto, in cinquecento e passa pagine;
troppi fronzoli di contorno senza i quali il tutto sarebbe
risultato sicuramente molto più leggero, più pregnante; mentre,
così, ne risulta una lettura in cui non di rado si rischia lo
sbadiglio.
Marcello Bonati
Michael Moorcock |
IL DRAGO NELLA SPADA |
(The Dragon in the Sword, 1985) Roma, Fanucci, 1999 (pagine 400, L. 25.000, traduzione di Riccardo Valla) |
È, questo, il
terzo ed ultimo romanzo del ciclo del Campione eterno
(1);
in cui Moorcock spiega implicitamente come intenda la fantasy.
L'autore inglese, che è stato curatore di New Worlds, è uno dei più innovativi che il nostro campo
abbia saputo esprimere, e, forse solamente con la Le Guin,
l'unico che abbia scritto della fantasy che si distacchi
nettamente da quello che, per essa, solitamente si intende.
E questo romanzo lo evidenzia forse più dei numerosissimi altri
che ha scritto; qui, infatti, il topos base della lotta
fra Bene e Male va ad assumere una connotazione molto differente
da quella che si è soliti leggere nei romanzi fantasy,
innanzitutto per il suo essere collegata, come effettivamente è,
alla realtà storica. Infatti, il Male è rappresentato
nient'altro che dal nazismo, sia presente nella trama, che,
trasposto nel solito Multiverso in cui si svolge la
vicenda.
E vi è nel finale, molto esplicitata, una visione decisamente
anomala, che va contro a quell'escapismo assoluto che spesso, e
spesso a ragione, viene affiancato alla fantasy:
"
adesso sono giunto a comprendere quanto sia ricca, in
realtà, la vita che conduco, quanto sia complesso il mondo da me
abitato.Una complessità degna di essere apprezzata."
(pag.312), frase che viene pronunciata dal protagonista (non più
"eroe"), quando è tornato a vivere nella sua Londra,
dalla quale era stato chiamato, a vivere le sue
incredibili avventure.
L'eroe è affiancato da un personaggio che viene da un
universo parallelo nel quale, come in La svastica sul sole di Dick, il nazismo ha vinto la guerra, e domina il
mondo; è penetrato nel Multiverso proprio per cercare un modo
per fermare quel Male.
E John Derek, l'incarnazione del Campione Eterno
che agisce in questo ciclo, invece, è alla ricerca della Spada
del Drago, Mournblade, la sola che possa fermare
l'invasione del Caos in quelle terre, minacciando l'Equilibrio.
E, i due, hanno un'altra caratteristica che li accomuna; entrambi
sono fra i pochi che possono toccare un determinato oggetto; John
Derek la Spada, von Bek, il co-protagonista, niente meno
che il Sacro Graal: "La famiglia del mio amico era
legata al Graal
un po come io, nelle mie varie
incarnazioni, ero legato alla spada. "
(pag.250)."
ogni razza possiede leggende che riguardano
questi rapporti." (pag.301).
Le due ricerche sono, in sintesi, una lo specchio dell'altra, e
ovviamente avranno entrambe buon esito (Moorcock, su questo, non
ha mai trasgredito!!!!); seguendo le indicazioni magiche
che gli sono state date per trovare la spada praticamente per
caso, infatti, von Bek indurrà i nazisti del suo mondo, prima
della vittoria, ad intraprendere la campagna di Russia come nel
nostro universo, e John Derek, trovata la spada, impedirà al
Caos (nel Multiverso, infatti, si combatte l'eterna Guerra
dell'Equilibrio Cosmico, fra Caos e Legge), di penetrare in quel
mondo.
Ma, come abbiamo detto, non è certo questo l'importante; il
parallelo fra Caos e nazismo è evidente: ben si vede, ad
esempio, nel parallelismo fra l'invocazione degli adepti del
primo al suo emissario e quella degli alti gerarchi nazisti agli antichi
dèi: "Lord Balarizaaf, Arciduca del Caos, Padrone
dell'Inferno, i tuoi servitori ti chiamano! Noi ti portiamo i
nostri mondi in dono. Ti offriamo il nostro tributo. Ti portiamo
milioni di anime! Ti portiamo sangue e orrore! Ti portiamo il
sacrificio di tutte le debolezze! Ti portiamo la nostra forza!
Aiutaci, lord Balarizaaf! Porta qui il Caos e che la Legge sia
sconfitta in eterno!" (pag.218); "Vengano a noi i
mistici poteri dei grandi dèi del Vecchio Mondo, e che ci
colmino dell'oscura energia naturale con cui sconfiggemmo i
deboli seguaci di quei giudeo-cristiani che avrebbero voluto
conquistare la nostra antica terra.Che il nostro sangue-il puro
ed inadulterato sangue dei nostri impavidi antenati-scorra
nuovamente nelle nostre vene con lo stesso dolce ardore con cui
vi scorreva nei giorni più antichi, prima che i nostri onesti,
innocenti progenitori fossero corrotti da religioni straniere e
orientali.Che la Germania ritorni alla sua pura, autentica
identità!" (pag.249 - la sottolineatura è mia).
Vi è una scena centrale nel volume, nella quale von Dek prende
il Sacro Graal, indispensabile per trovare la Spada del Drago e,
al contempo, involontariamente dà quell'indicazione fatale,
nella quale si trovano molti spunti interessanti a riguardo: vi
si parla, infatti, così dei nazisti: "Odiano ogni sistema
di pensiero che metta in dubbio il loro polpettone di
pseudo-filosofia e di sciocchezze a sfondo mistico!", ma,
soprattutto: "Sono il peggior genere di nichilisti. Non si
accorgono di essere capaci soltanto di distruggere e di non saper
creare nulla. Le loro invenzioni sono vuote
Il nazismo non
ha una vera storia, non ha sostanza concreta, non ha profondità
ne qualità intellettuali. È solo una negazione, una brutale
cancellarione di tutte le virtù tedesche." (pag.246), dove
risalta la considerazione sul nichilismo.
E l'happy end è fortemente caratterizzato da una vittoria
dell'amore non certo banale come purtroppo in troppi romanzi
fantasy; vi si dice, infatti, che il potere dell'uomo, quello che
ha sconfitto il Caos, è: "
il potere di pensare a un
multiverso che non ha bisogno del sovrannaturale."
(pag.259), in cui, mi pare, si possa riscontrare una sorta di
pensiero sanamente nichilista.Oltre, poi, ad una
considerazione sulla Donna più come persona che come
oggetto di piacere (e di dominio); ad un'offerta di questo tipo,
avanzatagli dall'Arciduca del Caos: "Una così simile a lei
(la sua amata) che non ti accorgerai della differenza. Una ancor
più bella. E capace di adorarti come nessun uomo è mai stato
adorato.", infatti John Derek così risponde: "Che mi
importa del fatto che mi adori o no? Io la amo per quella che è.
La mia immaginazione non si compiace al pensiero di darle ordini,
ma solo al pensiero che esista
E se fossi riunito a lei,
anche per poco tempo, troverebbero giustificazione tutti i
tormenti che ho sofferto. Con le tue parole, lord arciduca, hai
espresso meglio di me la natura del Caos e i motivi per cui mi
oppongo a te!" (pag.261).
E così il Campione Eterno ("Sono John Derek, vittima dei
sogni di un mondo intero. E sono Erekosë, che nonostante fosse
il Campione dell'Umanità distrusse l'intera razza umana. Ma sono
anche Urlik Skarsol, il Signore del Castello di Ghiaccio che
impugnò la Spada Nera. E Ilian di Garathorm, Elric l'Uccisore di
Donne, Hawkmoon, Corum e mille altri
" (pag.9, parole
con cui inizia questo romanzo), esce di scena. Dopo aver vagato
per eoni nelle mille pieghe del Multiverso, e aver vissuto le
più incredibili avventure, torna ad una vita civile, nella
Londra del nostro mondo, del reale.
Ma chissà mai
(1)-Gli altri due sono:
"Il campione eterno" (The Eternal Champion, '70),
"Urania fantasy" n.28, ed.Mondadori, '90, traduzione di
Riccardo Valla; edizione originale: (Dell, '70); ampliamento di
"The Eternal Champion", "Science Fantasy",
giugno '62, e "I guerrieri d'argento" (Phoenix in
Obsidian, '70), "Urania fantasy" n.31, ed.Mondadori,
'90, traduzione di Sebastiano Fusco e Riccardo Valla; edizione
originale: (Meyflower, '70); poi, col titolo di "The Silver
Warriors" (Dell, '73), (vedi la mia recensione in
"Algenib notizie" n.7, '91, e in questo sito: http://www.intercom.publinet.it/Cocanights.htm#COCAINE, entrambe in "F.B.C." n.2, ed.Sevagram, '85,
nella traduzione di Sebastiano Fusco e Riccardo Valla
Una considerazione a margine: il volume non ha il minimo (a parte i commenti sui risvolti di copertina), apparato critico, ed è costellato di errori tipografici; la traduzione, poi, anche se in generale buona, ha a volte delle sbavature, come quando, parlando di una donna molto simile ad un'altra, si usa " vicina ", invece che, appunto, " simile "
Marcello Bonati
Normad Spinrad |
VAMPS |
(Vamps,
1994) Milano, Mondadori, Urania 1376, 1999 (pagine 219, L. 5.900, traduzione di Vittorio Curtoni) |
Tossicovampiri (Vampire Junkies, '93): divertentissimo, vi si
racconta di un vampiro (un vampiro vero, della Transilvania, con
tutti i suoi stereotipi), al quale capita la sventura di mordere
una tossicodipendente nella New York odierna. Prenderà da lei,
la scimmia, ma le darà la Vita Eterna, facendola
diventare, cioè, una Figlia della Notte. La trovata,
facilmente intuibile, arriva quando i due capiscono che l'ero non
la devono comprare, ma basta succhiarla direttamente dalle vene
dei tossici... Ciò che più diverte, comunque, è il
linguaggiodel racconto: tutto slang, pieno di metafore, modi di
dire ecc. che, frequentemente, inducono al sorriso.
Quello che ti
mangia (What Eats You,
'91): splatterpunk, bellissimo, è una sorta di rapporto
fatto da un poliziotto, che risulta essere, invece, una sorta di
sogno psichedelico; e si rivela infatti l'uno e l'altro: quel
poliziotto è stato infettato da un morso, che non è un
classico morso vampirico, ma della nuova, micidiale droga,
alla caccia dei produttori della quale era, con un
collega, mentre è stato infettato.
È una droga potentissima, perché proviene, dai laboratori
militari degli States: doveva servire a creare dei soldati
assolutamente invincibili, ma, completamente svuotati,
privati di ogni personalità. Fuoriuscita chissà come, invade le
strade: con l'aggiunta di memi fabbricati clandestinamente
(personalità di supereroi, personaggi di film e ogni altro),
chiunque poteva abdicare al proprio essere persona, e
diventare quello che più gli piaceva, ma perdendo praticamente
interamente la propria personalità.
Vi si usa, come in ogni buon racconto splatterpunk, un linguaggio
davvero forte, fino al limite del vomito:
"
continuai a battergli la zucca sul pavimento della
toilette finchè non si spiaccicò in un mare di carne e cervella
che io mi misi a divorare svidamente." (pag.110).
Il vampiro che non
ingrassava (The Fat Vampire,
'94): divertente racconto umoristico in cui si immagina di un
vampiro alquanto singolare, che infatti non morde sul collo,
ma, invitate a pranzo e/o cena le proprie vittime, le fa
ingrassare ingoiando enormi quantità di cibo. Loro ingrassano il
doppio, lui
niente. Con finale a rovesciamento, qui
particolarmente riuscito. Divertenti, anche, varie ironizzazioni
sul topos "vampiro": "Armand Kubescu la
guardò come un vampiro da film di serie B
Non mi dica che
lei dorme in una bara e beve sangue!" (pag.118);
"
Bela Lugosi in quei cretini vecchi film di
vampiri." (pag.127).
Insomma, anche in questa raccolta la prorompente vitalità
narrativa di Spinrad si esprime in maniera
scoppiettante,
puntando all'effetto comico, certo, ma trattando, eccetto che
nell'ultimo racconto, di problematiche purtroppo estremamente
attuali.
A completare il volume, visto che l'antologia vera e propria
arriva solamente a pag.138, c'è il romanzo breve Il continente perduto (The Lost Continent, '88), tratto
dall'antologia omonima.
Da consigliarsi sicuramente.
Marcello Bonati
Robert C. Wilson |
DARWINIA |
(Darwinia,
1998) Roma, Fanucci, 1999 (pagine 330, L. 25.000, traduzione di Maurizio Nati) |
Nellanno 1912 un inspiegabile cataclisma
"naturale" trasforma improvvisamente il continente
europeo in una sorta di foresta primordiale completamente
selvaggia, abitata da specie vegetali e animali sconosciute
alluomo del XX secolo. Una spedizione scientifica ha il
compito di far luce sul mistero che si cela in Europa, con
risultati infausti per la missione stessa ma che permetterà al
protagonista, Guilford Law, di prendere coscienza della sua vera
essenza e del suo destino, indissolubilmente legato a quello
dell intera umanità.
Tradotto e pubblicato con una tempistica non comune per
leditoria di FS in Italia, Darwinia
è stato presentato in più sedi come un libro importante ed
autorevoli esperti americani lo hanno inserito nella lista dei
migliori romanzi dellanno (1998 N.d.R.). Con queste
premesse mi sono dedicato alla sua lettura con grandi
aspettative, convinto di trovarmi di fronte a qualcosa di
paragonabile a Foresta di cristallo
di James G. Ballard. Purtroppo la realtà si è rivelata essere
ben diversa: Darwinia
è infatti classificabile come unopera di "Terrore
cosmico" di lovecraftiana memoria, una sorta di
revival della letteratura del soprannaturale che andava di moda
allinizio del secolo, ma che ormai rischia di scivolare nel
delirio millenaristico. Lesplorazione di questo nuovo mondo
dalla geografia sconosciuta, con tanto di edifici misteriosi
costruiti da entità maligne e di abissi che nascondono orrori
innominabili, ricorda da vicino i racconti di William Hodgson
(anche se con minor intensità visionaria) e soprattutto quelli
di Abraham Merrit per un certo gusto per il particolare esotico.
Si tratta comunque della solita battaglia delle forze del bene
contro quelle del male con linevitabile resa dei conti nel
finale. Anche se lautore prova a dare una spiegazione pseudoscientifica
agli eventi, il risultato è nebuloso ed alquanto approssimativo:
una confusa visione della struttura dellintero universo che
la rivista Locus ha purtroppo osato affiancare a
quella, ben più lucida e affascinante, del teologo francese
Teillhard de Chardin.
Nel libro si assiste inoltre alla colonizzazione dellEuropa
da parte degli Stati Uniti, con tanto di cannoneggiamento di
Londra; uno spunto inquietante che poteva portare ad interessanti
riflessioni sullattuale tensione nei rapporti commerciali
tra USA e UE, ma che nel romanzo non viene affatto sviluppato.
Detto questo bisogna riconoscere che la lettura di Darwinia è molto
scorrevole e anche se latita dal punto di vista dei contenuti
riesce comunque ad avvincere il lettore grazie ad un buon ritmo e
una suspense ben distribuita nellarco della narrazione. Una
lettura quindi leggera, adatta a chi è in cerca di svago, ma che
centra poco con la fantascienza (nonostante il dorso della
copertina rechi il termine Science Fiction) proprio
perché privo di qualsiasi speculazione scientifica o
sociologica.
Riccardo Giandrini
AAVV |
IL PARADISO DEGLI ORCHI N°24 - Speciale 2000! |
(pagine 68, L. 6.000) abbonamento a 4 numeri £ 24.000, da versare sul c/c postale 98503006 intestato ad: Alfredo Ronci, Via Stazione di Colle Mattia n° 75 - 00132- Roma (arretrati £ 8.000 l'uno). La rivista è acquistabile anche nelle librerie Feltrinelli |
Per conoscere e capire le tendenze letterarie di
questi ultimi anni è indispensabile fare qualche ricerca sulla
rete oppure acquistare alcune di quelle riviste
semiprofessionali, estranee ai grossi circuiti di distribuzione,
che riescono, grazie alla loro indipendenza dalle "logiche
del mercato" e ad una grande passione per la letteratura, a
fare proposte innovative, a sperimentare e in ultima analisi a
valorizzare e quindi diffondere le opere più significative che
altrimenti passerebbero inosservate.
Una di queste riviste è proprio il Paradiso
degli Orchi. Ricordo ancora con nostalgia i primi
numeri della rivista quando, anticipando lattuale moda per
il noir e per la commistione dei generi letterari, la redazione
si prodigava a presentare ai suoi lettori i romanzi di scrittori
(soprattutto sudamericani e francesi) come Pennac e Taibo II che
successivamente sarebbero diventati delle vere e proprie
"star". Oppure nel settore della fantascienza, quando
venivano analizzati, con taglio meno specialistico e ricollocati
in un contesto culturale più ampio, i protagonisti del
cyberpunk,, o ancora si salutava la rinascita della FS britannica
e veniva divulgata, per mezzo di uno speciale, la FS francese ora
tanto in auge. Progressivamente la rivista ha poi spostato il
proprio interesse nel campo più generico della letteratura
italiana, intraprendendo diverse collaborazioni con autori
emergenti e andando continuamente alla ricerca di nuovi talenti.
Per tornare al numero in questione si può dire che si tratta di
un sincero ed intelligente commiato dal secondo millennio.
Attraverso 19 micro racconti di altrettanti autori, vengono
presentati, attraverso uno stile sempre diverso, 19 personaggi
che hanno contribuito in qualche modo a creare la nostra società
o a plasmare la nostra cultura e il nostro modo di sentire. Si
passa quindi da Gandhi a Billie Holiday, da Dio a Groucho Marx,
da Dostoevskij al subcomandante Marcos. Oltre alla
redazione al gran completo sono stati "arruolati" in
questo progetto alcuni nomi noti come Valerio Evangelisti (suo
lironico pezzo su Dio), Barbara Garlaschelli e Sandro
Veronesi (il suo racconto dedicato a Fred Astaire mi sembra uno
dei più riusciti insieme a quello di Giovanna Repetto sui
"cantori della morte" Francois Villon e De Andrè). Una
lettura senzaltro da consigliare a tutti, ma soprattutto a
quelli scrittori (compresi quelli di fantascienza naturalmente!)
spesso troppo indaffarati a correre dietro alle mode letterarie e
alle esigenze del mercato editoriale, per ascoltare la propria
voce interiore e per cercare di capire il mondo che ci circonda.
Riccardo Giandrini
A cura di Roberto Satolli e Fabio Terragni |
LA CLONAZIONE E IL SUO DOPPIO |
Roma, Garzanti, 1999 (pagine 192, L. 22.000) |
Continuando la mia personale documentazione su temi
scientifici attuali, che stanno investendo linteresse (o,
meglio, hanno investito) dellopinione pubblica e politica
del paese, mi sono imbattuto in questo interessante volume che
cerca di fare il punto su un caso che ha provocato una serie di
reazione scomposte e spesso abnormi sia dellopinione
pubblica che della classe politica del paese: la clonazione.
Risulta evidente, a fine di una lettura piacevole, che con un
linguaggio diretto ed accessibile cerca di spiegare anche ai
profani cosa significhi questo termine e dove possano portare gli
esperimenti ad esso connesso.
Letica religiosa e parte di quella laica demonizzano questi
esperimenti che porterebbero alla duplicazione di un essere
umano, ma ciò non è necessariamente vero.
I curatori cercano di illustrare tutte le possibilità, i
problemi, gli intrecci tra scienza e politica, scienza e affari
che unaffare del genere potrebbe portare. E se in qualche
modo riescono a mettere in guardia il lettore dai pericoli più
immediati, da quelli più facilmente verificabili, riescono anche
ad illustrare che potenzialità di sviluppo per certe malattie
oggi incurabili la clonazione potrebbe rendere concrete.
Un esempio per tutti, clonare cellule da sostituire a quelle
degenerate dei malati di morbo di Parkinson, o magari ricerche
per permettere a genitori portatori di malattie genetiche di
avere figli sani.
La documentazione portata dai curatori (estratti stampa, elementi
che mettono in seria discussione leffettiva clonazione
della pecora Dolly o almeno il metodo da parte dei
ricercatori scozzesi) è estremamente valida e completa, e forma
un ottimo compendio per assumere quelle nozioni di base che
permetteranno al lettore una valutazione più obbiettiva di un
fenomeno così importante come la clonazione. Argomento, tra
l'altro, trattato recentemente e meno recentemente dalla
letteratura di fantascienza molto frequentemente. Una specie di
pioniere della clonazione, direi.
Roberto Sturm
James G. Ballard |
FINE MILLENNIO; ISTRUZIONI PER L'USO |
(A
User's Guide to the Millennium, 1996) Milano, Baldini & Castoldi, 1999 (pagine 423, L. 32.000, traduzione di Antonio Caronia) |
Se è vero come penso anchio, anche se non
ricordo chi lo ha recentemente affermato forse più di una
persona che il 900 è stato il più lungo dei
secoli, non poteva mancarne una sintesi, un excursus tra i
personaggi, i fenomeni, gli artisti, i libri e le opere i film
più significativi del periodo. E questo libro in cui sono
raccolti interventi e articoli giornalistici di uno degli
scrittori più sui generis attualmente in circolazione,
James G. Ballard, pubblicati dal 1962 al 1995, lo fa mantenendo
intatte le peculiarità dellautore, immergendoci in lettura
interessante e paradossale, ironica e grottesca, inconsueta e
visionaria.
Del resto Ballard, con le sue opere, ci ha abituato a queste
caratteristiche che, nonostante larco di tempo lungo da cui
sono raccolti i suoi pezzi, sono rimasti inalterate. Anzi, si
sono in un certo senso rafforzate.
Passando attraverso Casablanca e Nancy Reagan (veramente
eccezionale il pezzo a lei e il marito dedicato), Elvis Presley e
Andy Wharhol, Dalì e il surrealismo, Burroughs e Einstein,
coca-cola e Mein Kampf e tantissimo altro, Ballard riesce
a ripercorrere questultimo secolo con una visionarietà di
cui può essere capace, forse, solo uno scrittore di
fantascienza.
Gli spunti interessanti sono moltissimi, anche alcuni elementi
che Ballard farà suoi per alcune delle sue opere è palese.
Un libro imperdibile, soprattutto ma non solo per
gli ammiratori di Ballard.
Roberto Sturm
Walter Jon Williams |
LA GRANDE ONDA |
(The Rift,
1999) Milano, Rizzoli, 1999 (pagine 808, L. 35.000, traduzione di Marcella Calzolari) |
Ora che quasi tutti i suoi romanzi più importanti
sono stati recuperati in Italia (e ancor più lo saranno con le
prossime uscite annunciate da Fanucci per la rivista Solaria)
è diventato più facile avere una percezione dellassieme
dellopera di Walter Jon Williams. E ci si può quindi fare
unidea più chiara del suo talento, in positivo e in
negativo.
Non cè dubbio infatti che Williams abbia una capacità
insolita: quella di imitare splendidamente stile e tematiche di
altri autori. E, come altri autori della sua generazione, incluso
il ben più bravo Swanwick, è partito dalle imitazioni cyberpunk
per passare a quelle (modernizzate) di autori classici come
Alexei Panshin, Roger Zelazny o Jack Vance. Solo che, mentre
Swanwick durante questo processo ha trovato una voce personale,
Williams è rimasto un po al di qua del guado, alla ricerca
continua di un modello. La sua originalità si ritrova semmai in
opere come Metropolitan, che, senza
essere capolavori assoluti, rappresentano notevoli esercizi di
immaginazione e di stile.
Con La grande onda
ci troviamo invece parecchi gradini più in basso, anche perché
il prodotto è stato confezionato per un mercato molto diverso:
quello dei grandi best seller, non quello della fantascienza.
Anche se lo spunto è fantascientifico a pieno diritto, ed è
rappresentato da un terremoto che replica nella vallata del
Mississippi gli effetti del grande terremoto del 1811
in un
contesto decisamente più popolato, quello del nostro
"presente esteso".
La cosa strana è però che Williams, scrivendo per un pubblico
non specializzato, è costretto a giocare relativamente
sottotono. Siamo quindi ben lontani dagli effetti che si
ritrovano, per esempio, in Una ruga sulla
terra di John Cristopher, grande classico del
"catastrofismo" inglese degli anni Cinquanta. Le
manifestazioni più spettacolari dellevento sono descritte
quasi solo di striscio, e lattenzione dellautore si
rivolge soprattutto al nutrito cast di personaggi.
È qui tra laltro che si innesta lunico concetto
originale del libro, una delle poche cose che lo rende qualcosa
di più di uno sciatto copione: lidea che il sisma fornisca
a molte comunità il pretesto per sistemare il mondo a propria
immagine e somiglianza. Anzi, in particolare, lo fornisce a un
radiopredicatore apocalittico e allo sceriffo di una piccola
cittadina del Sud. E su questi punti il tono della narrazione
recupera una parte della forza che manca nel resto del romanzo
anche perché i "cattivi" sono decisamente più
sfaccettati e multidimensionali rispetto ai "buoni". Ma
né questo né i riverberi letterari che ogni tanto si
intravedono (per esempio lidea del ragazzino bianco che
discende il Mississippi assieme a un nero adulto, che Gary K.
Wolfe su Locus ha giustamente ricollegato a Twain e al suo
Huckleberry Finn) riescono a salvare
un romanzo tutto sommato quasi privo di anima.
in collaborazione con l'Enciclopedia Digitale della Fantascienza :
Mirko Tavosanis
[15 gennaio 2000]
Walter Jon Williams |
LA VOCE DEL VORTICE |
(Voice of
the Whirlwind, 1987) Roma, Fanucci, Solaria 0, 1999 (pagine 333, in omaggio con il numero 1 - L. 6.900, traduzione di Elena Gigliozzi) |
Le dimensioni sono quelle del formato
pocket (le stesse di Urania, per intendersi),
l'aspetto grafico non è inutilmente troppo ricercato, ma risulta
piacevole e moderno: così si presenta Solaria,
la nuova collana mensile da edicola di Fanucci,
che forse non avrà fatto "tremare l'universo intero"
come annunciava la campagna pubblicitaria, ma ha sicuramente
fatto palpitare il cuore a molti appassionati italiani di
fantascienza.
E promette di farli palpitare a lungo...
Allegato ai primi due numeri (il numero uno ed il numero zero in
omaggio) troviamo il Futuro News,
bollettino trimestrale dell'editore romano, dove viene presentato
il primo anno di programmazione della collana.
Non sto a riportare in questa sede i singoli titoli dei romanzi
che verranno presentati (dodici uscite mensili, più due numeri
speciali), che potete trovare insieme alla quarta di copertina e
ad un breve profilo degli autori nel sito della Fanucci, www.fanucci.it, ma mi limito ad
osservare che i titoli proposti per questo primo anno di
attività rispecchiano gli intenti della collana, che Sergio
Fanucci esplicita nell'editoriale di presentazione: mostrare che
la fantascienza non è "solo lettura di evasione ma
strumento di crescita e meditazione del divenire
quotidiano". Una scelta impegnativa, coraggiosa, che sarebbe
stata più completa se nella lista fosse stato compreso un autore
italiano. Peccato per l'occasione persa, anche se è persa solo a
metà: già in questo numero zero viene bandito un concorso per
autori nostrani, rigorosamente riservato alla fantascienza, di
qualsiasi lunghezza (e questo è un potenziale elemento di
novità: da questo concorso potrebbero nascere anche delle
antologie...).
Oltre a queste buone premesse, Solaria
si propone di affiancarsi ad Urania e smuovere
una situazione stagnante da molti anni: la speranza degli
appassionati è che, evitando inutili faide, lo sforzo di
proporre romanzi interessati sia raddoppiato e da entrambe le
parti, arrivando a presentare in Italia anche romanzi o autori
ingiustamente trascurati, come Kathleen Ann Goonan, Elizabeth
Hand e molti altri.
Questo romanzodi Walter Jon Williams, ambientato
nello stesso universo narrativo di Guerrieri
dell'interfaccia (presentato da un dettagliato profilo
dell'autore di Sandro Pergameno, sarà consuetudine per i romanzi
della collana), letto nel 2000 non brilla per originalità.
Il protagonista, Steward Beta, è il clone provvisto di tutti i
ricordi del suo originale Alfa, tranne l'ultimo anno di vita, che
è però fondamentale per capire le ragioni della morte di
Steward Alfa.
Se l'idea di base - questa contrapposizione tra un protagonista
morto ed il suo ricordante vivo ma privo dei ricordi fondamentali
per la giustificazione della propria esistenza - ed alcune
suggestioni di contorno - la società aliena che aleggia sul
mondo umano, l'addestramento zen del protagonista - sono molto
buone, lo svolgimento della trama vanifica in gran parte
l'originalità e l'impatto sul lettore di queste idee:
l'avventura si dipana in una lunga ed annacquata serie di colpi
di scena più o meno prevedibili, in un'atmosfera cyberpunk molto
classica (corporazioni multinazionali, interfacce informatiche,
personaggi da hard-boiled). I tredici anni che separano la
traduzione italiana dalla pubblicazione dell'originale
penalizzano molto la lettura, accentuando le similitudini tra
questo romanzo ed i classici cyberpunk di Gibson e Sterling, ma
paradossalmente, anche viste le recenti pubblicazioni di altri
romanzi di Williams (La grande onda,
Metropolitan), ne accentuano
l'importanza storica e consentono di valutare e scoprire
l'evoluzione di questo scrittore.
Marco Mocchi
Christoper Priest |
eXistenZ |
(eXistenZ, 1999) Milano, Mondadori, supplemento ad Urania 1374, 1999 (pagine 207, L. 7.000, traduzione di Gaetano luigi Staffilano) |
Novelization del
nuovo film di Cronenberg, eXistenZ romanzo è un bellissimo gioco, un gioco
letterario, che si basa sulla struttura del reale; nel romanzo è
un nuovo gioco virtuale, e qualcosa di più: "
eXistenZ è molto più di un gioco
.È un sistema di
gioco." (pag.27).
Inizia con la presentazione di esso, e finisce con la
presentazione di un altro.
E, in mezzo, tutta una serie di sbalzi, di slittamenti della realtà:
"Penso che in questo tipo di giochi ci sia un elemento di
psicosi. Non so più dov'è realmente il mio corpo, dov'è la
realtà
ciò che ho fatto davvero o che non ho fatto."
(pag.126); "La realtà non mi sembra reale come prima. Non
sono sicuro che questo
sia un luogo reale." (pag.129);
"La realtà è fragile cosa
Molti pensano che la
realtà debba essere ovviamente la cosa più solida di tutte,
invece spesso non lo è. Realtà interiore, realtà emotiva,
realtà immaginata
sono tutte plausibili quanto la realtà
esterna o obiettiva. E poi, cos'è la realtà, senza uno che la
osservi o la misuri? La realtà in tutte le sue forme è ora
minacciata, ora più che mai. Viene erosa e dilavata nella
deformante tempesta della non-realtà, che si maschera da realtà
e alla fine la sostituirà, se non muoviamo i passi appropriati.
La non-realtà è deforme, storpia, zoppicante, orribile,
patetica e minaccia di inghiottirci tutti quanti."
(pagg.144-5).
per giocare ad eXistenZ
è necessario inserire un
OmbiCord, un cavetto di connessione, nella propria bioporta, una
sorta di spina, simile alle porte dei computer, ma
biologica, che quasi tutti, nel futuro in cui è ambientato il
romanzo, hanno impiantata nel proprio corpo: "
il
biglietto d'ingresso per un'intera gamma di esperienze sessuali i
cui brividi potevano essere solo immaginati da chi ancora non
aveva l'impianto." (pag.16).
E che porta a vivere in un mondo modellato dall'inconscio dei
giocatori, che subiscono anche un effetto di dilatazione
temporale.
Anche qui, dunque, come nel miglior cyberpunk, sono fortissimi
gli influssi della poetica dickiana: "
trovo che il
gioco confonde
la sensazione di essere intrappolati lì
dentro
che, quando ne usciamo, il posto sarà lo stesso
che avevamo lasciato." (pag.160 - la sottolineatura è
mia); "Siamo ancora dentro il gioco, credo! Non siamo
tornati alla realtà, ma siamo senza dubbio in un sottoinsieme
del gioco che dovrebbe dare l'impressione della realtà. È
l'unica spiegazione sensata." (pag.181).
Il mondo in cui i protagonisti, un uomo e una donna, si trovano
ad agire, è popolato da mutazioni, e, soprattutto, dalle loro
proiezioni inconscie (e, se vi si fa attenzione, si può intuire,
da ciò, il finale), e "
il libero arbitrio non è un
fattore del suo piccolo gioco
" (pag.137).
E immaginativo.
Fortemente immaginativo.
A volte spaventevole, a volte divertente fino al sorriso, ma,
sempre, con pochissime e lievi cadute di tensione, immaginativo;
dell'immaginificità di Cronenburg; cruenta e
carnale.
Sparse qua e là vi sono anche delle considerazione, per così
dire, più serie: "La rivoluzione industriale ha
portato la gente nelle città e la rivoluzione dei sistemi, sta
portando la gente di nuovo fuori." (pag.42); "[
]
la realtà virtuale fornisce una dimensione aggiuntiva. Si può
esplorare il mondo intero, più del mondo intero col semplice uso
della mente." (pag.55); "
è un gioco che ognuno
gioca già. Noi lo chiamiamo eXistenZ
tutti gli altri lo conoscono come Esistenza. La vita
.La realtà. Non occorre metterlo in commercio. Basta far
sapere al mondo che è pronto e il mondo viene a unirsi a eXistenZ. Un prodotto che si vende da solo. Fantastico!"
(pag.164).
Sinceramente, non avendo visto il film, non so dirvi fino a che
punto Priest vi sia rimasto fedele; di sicuro posso dirvi che la
lettura del romanzo è un'esperienza entusiasmante, vi si viene
trascinati dentro come in un vortice, dal quale difficilmente ci
si riesce a staccare; il gioco delle scatole cinesi, alla fine,
come nel miglior Dick, rimane aperto, spalancando una voragine di
orrore: ""Questo è ancora il gioco,
vero?"
"Penso che potresti non scoprirlo
mai"" (pag.207), ma
Marcello Bonati
Bruce Sterling |
CAOS U.S.A. |
(Distraction, 1998) Roma, Fanucci, 1999 (pagine 528, L. 28.000, traduzione di Carlo Borriello) |
Quest'ultimo
romanzo di Sterling è, come dice il titolo originale, una distrazione,
un gioco divertito, in cui lo scrittore si diverte, appunto, ad
immaginare un nostro futuro prossimo fra i più improbabili, ma
in uno scenario che purtroppo non lo è affatto; e, credo, sia
proprio su questo effetto di contrasto che abbia, per così dire,
puntato le sue carte.
Il romanzo è ambientat,o come molte opere di Sterling, in un
futuro prossimo, in cui lo sfruttamento smodato delle risorse
naturali del nostro pianeta ha portato a quel collasso ecologico
che sappiamo essere estremamente probabile: "
livello
dell'oceano sempre più alto.. uragani disastrosi
"
(pag.159), e molto altro; e in un'America in cui, in aggiunta,
c'è stato un tracollo economico globale, dovuto ad
un'improbabile: "
sconfitta subita
nella guerra
economica
i cinesi, che avevano reso disponibili sulle reti,
gratis, tutte le proprietà intellettuali in lingua
inglese
il software non aveva più alcun valore
economico." (pag.127).
Vi si racconta, in estrema sintesi, di una storia
ironico/improbabile alla "La seconda guerra civile
americana", in uno scenario che politicamente è
completamente disgregato, di soldati che taglieggiano i cittadini
sulle strade, bande nomadi che hanno adottato svariati e
variopinti sistemi sociali, fra cui spicca una strana forma di
"
socialismo digitale
", che ha una forma
davvero strana di livellamento sociale, fondato sulla rispettabilità.
E ancora una volta, tema centrale di tutta l'opera di Sterling,
quel sentire che viviamo tutti, tutti i giorni, quello shock
del futuro, "
tutto cambia troppo in fretta e in
modo troppo complesso perché qualsiasi cervello umano possa
tenersi al passo." (pag.233) è il vero tema anche di questo
romanzo.
Ma la narrazione risulta in alcuni lunghi - troppo lunghi -
tratti eccessivamente tediosa, un po troppo
stiracchiata; l'irrilevanza del fatto attorno al quale
gravita il racconto, lo rende pesante, nonostante certe
idee, come la dichiarazione di guerra degli Stati Uniti d'America
all'Olanda, lo alleviano di molto; in altre parti, invece, pare
che la fantasia di Sterling si sia lasciata un po più
andare e ci si riesce anche a divertire.
Il tutto punta anche sul protagonista, un clone dalle capacità
strordinarie; questa cosa determina però una sua debolezza di
salute: ha una sorta di capacità che porta a riuscire a
concentrarsi su due cose contemporaneamente, sperimentata
intenzionalmente, e non soltanto su di lui, e che ha svariati
risultati; tema non troppo esplicito del romanzo è la
schizofrenia, lo sdoppiamento della personalità, raccontato da
un'angolazione del tutto nuova.
Carlo Formenti, in Fantascienza e manifesti populisti
alle radici della rabbia (Corriere della
sera del 2/12/'99), dice che, a suo parere, alla radice
delle manifestazioni, anche violente, in occasione del Wto, ci
sarebbero certe idee promulgate dal cyberpunk, e vi menziona,
ampiamente questo romanzo.
Certo, le genti americane sono molto inflenzabili (e influenzate)
dai media, ma non so davvero se una cosa simile sia sostenibile.
Altri contributi critici: - Anno 2044,
cyber-proletari in fuga dall'America, di Carlo Formenti,
Corriere della sera del 7/12/'99
Marcello Bonati
Soggetto
e sceneggiatura: Michele
Medda Disegni: Roberto De Angelis |
UNA CANZONE PER SARA - Nathan Never 102 |
Milano,
Sergio Bonelli Editore, 1999 pagg. 98, L. 3.500 |
Numero decisamente insolito, ma molto importante
nelleconomia della testata fantascientifica della Bonelli.
Nathan si trova infatti a dover far fronte a due eventi molto
particolari: deve scoprire chi ha tentato di ucciderlo in casa di
Hadija e nel frattempo, mentre la partner è lontana, riceve un
invito a cena da Sara Mc Bain
.
Sara è un personaggio importantissimo per la serie è con
lei che Nathan tradiva la moglie mentre questa veniva uccisa dal
maniaco Ned Mace ma mai prima di adesso era entrata nel
vivo della scena
. Finora infatti è sempre rimasta relegata
nel background della vita di Nathan, limitandosi a un paio di
casuali, fugaci e professionali incontri nel palazzo di
giustizia. Finalmente sembra arrivato il momento di un confronto
fra i due, confronto di cui non dico nulla per non rovinare la
lettura.
Per questo motivo cercherò di passare direttamente a un commento
della storia, senza indugiare oltre sulla trama.
Per quel che riguarda la sceneggiatura non si può dire nulla, se
non che alcuni lettori di vecchia data potrebbero rimanere delusi
dalla vicenda
insomma questo era un incontro molto atteso e
alla fin fine si può dire che non risolva più di tanto,
lasciando molti interrogativi in sospeso
.
Questo albo è opera di Michele Medda, uno dei "papà"
di Nathan, lunico che mancava allappello dei
festeggiamenti per il centesimo numero della serie. Per questi
"festeggiamenti" Serra ha preferito chiudere un ciclo
narrativo, con La vendetta di Selena
(NN #99), mentre Vigna ha voluto gettare le basi per una nuova
serie di eventi (NN #100); Medda invece sembra aver deciso di
portare in scena un personaggio di cui tutti i lettori sanno
tutto
. e nulla! E sicuramente è riuscito nellintento
di riportare in scena Sara, di cui sicuramente sentiremo parlare
in futuro sempre più frequentemente
Dal punto di vista grafico invece ci troviamo di fronte a
unaltra grande prova di Roberto De Angelis, che non risente
assolutamente del super-lavoro cui si è sottoposto
nellultimo periodo (sue sono le tavole dei nn. 99 e 100).
Come al solito infatti De Angelis si dimostra totalmente padrone
della tavola, scegliendo in maniera ottima le inquadrature,
realizzando espressioni e pose dei personaggi in maniera
eccellente e va sottolineato come in questo numero siano
di fondamentale importanza le espressioni dei personaggi, proprio
per la natura introspettiva della storia.
Un albo che ha poco di fantascientifico, quindi decisamente
sconsigliato per chi legge NN solo saltuariamente e vuole trovare
storie di sf, ma che risulta tuttavia ben scritto e disegnato.
Impedibile per i lettori di vecchia data (che comunque avranno
già provveduto a procurarselo).
Giovanni Delibra
Soggetto
e sceneggiatura: Stefano
Vietti Disegni: Massimiliano Bertolini |
FUGA DISPERATA - Nathan Never 103 |
Milano,
Sergio Bonelli Editore, 1999 pagg. 98, L. 3.500 |
Ecco un numero di Nathan Never di cui preferirei non
parlare
Perché? Beh, perché secondo me è un albo di cui
si può fare benissimo a meno, con una trama fiacca e soporifera,
totalmente priva di avvenimenti importanti. Unica cosa da
segnalare è lennesima apparizione di Aristotele Skotos
alla fine dellalbo, che mostra un altro assaggio di quello
che ci dovremo aspettare nei prossimi mesi. Peccato che il flash
in questione sia totalmente slegato dal resto della storia, che
come dicevo ha ben poco da offrire.
Prima di tutto gli appassionati di sf che non riescono a soffrire
le storie "investigative" di Nathan sappiano che questa
è proprio una storia di quel tipo, dove di sf non cè
davvero nulla
e di solito passo per uno che ha una
concezione fin troppo "ampia" di termini come
fantascienza e fantasy.
La trama può essere riassunta in due parole: Nathan si trova ad
aiutare una vecchia amica della polizia, cui è stata affidata la
custodia di un pubblico ministero in procinto di aprire un
importante processo contro un noto mafioso. Con queste due righe
ho riassunto almeno l80% della storia, che continua poi con
uno scontatissimo "colpo di scena" finale.
Vi sembra che abbia demolito questo albo? Beh ancora non ho
parlato dei disegni!
Al termine della lettura ero quasi convinto che questo fosse il
primo lavoro di Bertolini, ma la scheda presente
nellintroduzione mi ha smentito
. Bertolini infatti ha
firmato altri albi in precedenza, albi decisamente migliori di
questo. I personaggi infatti risultano decisamente inespressivi,
con pose poco credibili, gli sfondi sono poco curati e nella
maggior parte delle vignette totalmente assenti
.
infine risulta anche abbastanza discutibile la scelta delle
inquadrature che però potrebbe anche essere dovuta alle
indicazioni dello sceneggiatore
Beh penso di aver detto tutto: trama inesistente, disegni
mediocri
praticamente da evitare come la peste, secondo me
uno dei peggiori numeri di tutta la serie.
Giovanni Delibra
Soggetto
e sceneggiatura: Michele
Medda Disegni: Stefano Casini |
IL NEMICO NELL'OMBRA - Nathan Never 104 |
Milano,
Sergio Bonelli Editore, 1999 pagg. 98, L. 3.500 |
Con questo numero inizia la tanto attesa Saga
Alfa, ciclo di storie che terminerà a maggio, che
promette di rivelare molti misteri dietro la fondazione
dellAgenzia Alfa, svelare cosa stanno
complottando Siggy e Reiser da ormai una decina di albi e
riportare in scena il nemico n° 1 di Nathan: Aristotele Skotos.
La trama dellalbo è allincirca la seguente: Reiser
incarica Legs e Nathan di scoprire chi abbia assoldato un sicario
per rubare i dati in possesso di una ricordante che lavorava per
lAlfa.
Il principale dellagenzia non vuole indietro i dati, ma
semplicemente scoprire chi abbia commissionato il furto... il
tutto senza dare un minimo di spiegazione ai suoi migliori
agenti.
Chi è il misterioso mandante? Beh, è Skotos il lettore
lo sa fin dal principio della storia
cosa cera nei
file rubati? Beh, cera la spiegazione al nervoso
comportamento di Reiser e Sigmund. Come continuerà la storia?
Vorrei tanto saperlo!
Insomma questo albo funge da vero e proprio prologo alla saga,
rivelando solo parzialmente quali sono i timori e le decisioni di
Reiser
.. e la decisione che prende alla fine dellalbo
è veramente sbalorditiva e preannuncia un forte cambiamento
nella struttura dellAgenzia.
Di più non dico forse in effetti ho già parlato troppo!
Passiamo a un commento, iniziando dallaspetto grafico della
storia. Apre lalbo una stupenda copertina di Roberto De
Angelis, secondo me una delle migliori in assoluto.
Le tavole invece sono di Stefano Casini, disegnatore su cui anni
addietro non avrei puntato neanche una lira, che invece continua
a migliorare ad ogni albo che realizza. Secondo me è innegabile
che debba ancora lavorare sulle figure, troppo spesso
insopportabilmente spigolose, ma ormai padroneggia con
disinvoltura limpostazione della tavola, le pose dei
personaggi e soprattutto luso del chiaroscuro
essenziali in un fumetto in bianco e nero come NN. Secondo me
questo albo è lennesima riprova che, col passare degli
anni, Casini è passato da ruota di scorta dello staff di Nathan
a colonna portante dello stesso.
Per quanto riguarda la storia, è indubbio che funga da prologo
allintera saga: da un lato sembrerebbe rivelare molto, ma
alla fin fine ci si accorge di saperne quasi meno di prima!
Nonostante ciò Medda è indubbiamente riuscito a mettere insieme
una trama avvincente, con un ritmo serrato e un cliffhanger
finale che farà passare notti insonni ai fan di vecchia data di
Nathan, che non aspettano altro che un nuovo incontro con
Aristotele.
Evidenti risultano i riferimenti al cyberpunk di Gibson, in
particolare a Johnny Mnemonic, sicuramente fra i più noti
e imho deludenti film di sf.
Personalmente sono convinto che non sia semplice scrivere un
prologo a un evento annunciato, perché troppo spesso si rischia
di cadere nel banale o di svelare troppo presto particolari
importanti: Medda invece è riuscito benissimo a bilanciare
azione e rivelazioni, tenendo accesa lattenzione del
lettore per tutte le tavole dellalbo.
Concludendo: un albo veramente ben scritto, con un ritmo
incalzante e soprattutto ben disegnato.
Giovanni Delibra
Soggetto
e sceneggiatura: Alberto
Ostini & Stefano Piani Disegni: Paolo Di Clemente |
MISSIONE NELLO SPAZIO - Nathan Never Speciale 9 |
Milano,
Sergio Bonelli Editore, 1999 pagg. 130, L. 6.500 |
La storia si apre con Nathan in prigione, arrestato
su una stazione spaziale. E proprio lui che ci narrerà
come ci è finito, indagando su una serie di incidenti che si
sono verificati su un asteroideminiera.
Beh per una volta forse sono riuscito a riassumere la vicenda
senza fare nessuna anticipazione, per cui mi fermo qui passando
direttamente a un commento.
Innanzi tutto partiamo dalla sceneggiatura: secondo me risulta
buona lidea di far descrivere i fatti direttamente a
Nathan, che li rievoca dalla sua cella a favore del lettore. La
storia inoltre risulta un mix abbastanza bilanciato di
investigazione e fantascienza cosa un po rara
nellultimo periodo. Quello che però proprio non va è la
mancanza di ritmo
insomma di solito leggo gli albi tutti
dun fiato, mentre in questo caso ho interrotto almeno tre
volte. Probabilmente le 30 pagine in più rispetto al solito
hanno portato gli autori ad essere troppo prolissi, indugiando su
particolari di secondaria importanza. Da questo punto di vista
quindi, sarebbe stato meglio riservare questa storia alla serie
regolare, che ha albi più corti.
Lodevole tuttavia laffiatamento della coppia Ostini-Piani,
che è riuscita a scrivere una storia omogenea in cui risulta
impossibile stabilire chi dei due abbia curato le diverse
sequenze.
Da segnalare alcuni riferimenti al primo Alien e
ad un vecchio film di sf di cui non ricordo assolutamente il
titolo!
Per quanto riguarda i disegni, partiamo dalla copertina,
disegnata come al solito da Claudio Villa (sue infatti tutte le
cover degli speciali). Villa secondo me è un buon disegnatore,
ma troppo lontano dagli scenari di sf per potersi permettere di
disegnare una cover ambientata nello spazio
insomma è
decisamente bruttina e per di più viene rovinata da un thumbnail
della copertina dellallegato di Sigmund e dal codice a
barre
. Qualcuno mi vuole spiegare lutilità del
thumbnail e la necessità di mettere proprio lì il codice a
barre? Misteri delleditoria!
Passiamo ai disegni, dove troviamo John Romita Jr! Come? Non è
JRJr ma Paolo di Clemente? Beh mi sono sbagliato!
.. pensare
che JRJr lho pure incontrato a Lucca!
Tutta questa scena per sottolineare lindubbia ispirazione
di Di Clemente allo stile di JRJr (uno dei più apprezzati
disegnatori di supereroi americani)
per qualcuno
unimitazione così spudorata potrà essere un difetto,
altri invece lapprezzeranno, vuoi perché fan di Romita,
vuoi perché le tavole sono effettivamente ben fatte, con un
sapiente uso dei chiaroscuri forse la caratteristica
fondamentale di JRJr. Ottima anche la sequenza delle inquadrature
e luso dei primi piani, da sempre bestia nera dei
disegnatori di tutto il mondo. Da sottolineare infine come il
bianco e nero si addica molto di più dei colori ad un tratto
alla JRJr
Beh non me ne voglia Di Clemente, ma leffetto
"clonazione" è fin troppo evidente
e comunque
sia è riuscito sicuramente a non far rimpiangere lillustre
originale!
Concludendo: una storia un po troppo lenta, ma per il resto
abbastanza intrigante Nathan si è alla fine procurato un
nuovo nemico e ben disegnata, che vi piaccia o meno JRJr.
Forse il prezzo è un po alto
.. specie se si tenta di
giustificarlo con lallegato: un albetto di Sigmund di cui
parlo qui sotto
..
Giovanni Delibra
Soggetto
e sceneggiatura: Alberto
Ostini Disegni: Luigi Simeone |
IL MINOTAURO - Allegato a Nathan Never Speciale 9 |
Milano,
Sergio Bonelli Editore, 1999 pagg. 32 |
Come giustificare il fatto che un albo normale (100 pagine)
costa 3.500 lire mentre uno speciale (130 pagine) costa 6.500
lire? Chiaramente con la presenza dellallegato, un albo che
in principio assolveva a parte dei compiti adesso affidati
allAlmanacco della fantascienza
e che successivamente ha presentato storie di Legs e Sigmund.
Nella maggior parte dei casi si può tranquillamente affermare
che questi albi sono poco più che spazzatura
.. e in questo
caso non facciamo certo eccezione.
Partiamo con quella che probabilmente è la più brutta copertina
di Roberto De Angelis, cui probabilmente avrà dedicato sì e no
mezzo pomeriggio
. Si passa poi a 32 fra le più brutte e
malcurate tavole che abbia mai visto, lungo le quali si dipana
una delle storie più banali e insulse che abbia mai letto
.
un vero affronto ai capolavori cyberpunk di Sterling e Gibson.
Insomma questalbo non ha nulla di positivo? Beh una cosa
cè: nella prefazione cè scritto i prossimi speciali
saranno di 160 pagine senza lo squallido allegato
Giovanni Delibra
Soggetto
e sceneggiatura: Luca
Enoch Disegni: Luca Enoch |
IL CORTEO DI DIONISIO - Gea 2 |
Milano,
Sergio Bonelli Editore, 1999 pagg. 9130, L. 4.000 |
Ammetto che se il primo numero di Gea è stato una
piacevole sorpresa, questo secondo numero è una piacevole
conferma!
La nostra scatenata teen ager mostra ancora una volta i suoi due
volti: la studentessa casinara amante del rock da un lato, il
Baluardo che rispedisce a casa i mostri extradimensionali
dallaltro.
Già come teen ager Gea ha i suoi gravi problemi in
questo caso trovare un nuovo batterista per la sua band se
poi si aggiunge anche una banda di satiri che rapiscono delle
giovani fanciulle
. direi che il gioco è fatto!
Insomma questo albo è scanzonato e divertente come e più del
primo, con trovate veramente esilaranti alternate a momenti più
"seri"
. Il vero problema della trama comunque
resta il fatto che Enoch insiste masochisticamente nel parlare in
maniera sbrigativa e terribilmente superficiale di temi
"seri"
nel primo numero infatti cera una
presa di posizione contro la pena di morte che quasi faceva
tenerezza per quanto risultava banale; in questo numero si fa il
bis affrontando largomento omosessualità.
Questa voglia di "impegno sociale", sebbene ammirevole,
finisce per costituire lunico punto debole di una
sceneggiatura altrimenti impeccabile, infarcita di citazioni
mitologiche, fantascientifiche e fantasy
. Spero solo che
Enoch se ne renda conto!
Passando ai disegni, apre lalbo una copertina di per sé
niente male (anche se ci sarebbe da ridire sulle dimensioni della
spada di Gea e sul suo balzo poco "plastico"), ma con
una scelta dei colori da far accapponare la pelle
un vero
pugno in un occhio!
Allinterno invece i disegni sono ben fatti, migliori
rispetto a quelli del numero di esordio sia per le espressioni
dei personaggi che per la scelta delle inquadrature. Rispetto al
numero precedente migliora anche luso dei retini, sebbene
Enoch sia ancora lontano anni luce (forse parsec) dalla
perfezione
Concludendo non posso che consigliare la lettura di questo albo
che, nonostante i difetti menzionati precedentemente, conferma le
buone impressioni del primo numero, permettendo al lettore di
leggere qualcosa di nuovo e una volta tanto
divertente!
Giovanni Delibra