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Cultura vs. Natura
È di conseguenza ipotizzabile un modello base di questo tipo:
Si tratta di un modello la
cui ricorrenza è piuttosto frequente in fantascienza, e che rientra
appieno nella casistica della "mitologia aliena" di cui si è parlato.
Tuttavia, tale strutturazione non appare univocamente definita all'inizio
del racconto, ma anzi costituisce il dilemma centrale alla cui soluzione
è votato l'intero agire dinamico.
L'elemento chiave è
rappresentato dalla città aliena. La sua apparenza di struttura
complessa, altamente organizzata, contrasta con l'apparenza della comunità
aliena, così come delineata in precedenza. Gli alieni assumono una
caratteristica propria di un'organizzazione culturale, caratteristica che
spinge gli umani ad investigare allo scopo di stabilire la "vera essenza"
nascosta sotto apparenze così contraddittorie. Proprio la presenza
di una contraddizione dà origine all'enigma, che gli umani, come
espressioni della propria istanza culturale, si accingono a risolvere secondo
le regole del pensiero razionale. La spedizione umana, come gruppo attanziale,
si pone come soggetto di un tentativo di congiunzione con "la verità",
oggetto costituito dalla soluzione del mistero. Si ha quindi:
SOGGETTO:
La spedizione umana
OGGETTO:
La verità sugli alieni
Il dilemma da risolvere è
essenzialmente di tipo semiologico / comunicativo. Si tratta fatti di dedurre
un codice culturalmente significativo a partire dai numerosi "segni" criptici
prodotti dagli alieni: la città intera, innanzitutto, e poi alcuni
comportamenti ambigui dei lemuridi. Infine il segno "centrale", quello
del graffito sulla porta del sotterraneo, che nell'ambito della storia
assumerà il ruolo di potente simbolo, oltre che di un fenomeno astrale,
anche della separazione/unione di due sfere vitali, e dei due spazi contrapposti
ma complementari del sotterraneo e della città.
Proprio la perfetta integrazione
dei tre ambiti spaziali del testo: città, sotterranei e quello che
potremo chiamare "cielo" fa sì che l'organizzazione ecologica aliena
regga in una sorta di "equilibrio eterno". Non sfugge qui la connotazione
di "paradiso terrestre" che una simile integrazione suggerisce (inferi,
terra e cielo, ancora edenicamente indistinti). L'arrivo degli umani come
elemento perturbante dal "cielo" alla "città" (ancora una "caduta
degli angeli") provoca un inevitabile sconvolgimento di questo equilibrio.
I terrestri, portatori di una "cultura" fortemente alienata e alienante,
sono incapaci di cogliere il messaggio del mondo di "Roccia", e il risultato
di questa "comunicazione mancata" è la collisione violenta tra le
due sfere (cultura/natura) chè non fa che sancirne ulteriormente
la separazione. Il ricorso al pensiero. razionale fallisce là dove
invece si rivelano fondamentali l'intuizione e le angosce irrazionali dell'unico
personaggio che, prima della catastrofe, decodifica correttamente il "segno
universale" rappresentato dal graffito, lo scalpellino Peter Catlow. Appare
quindi importante esaminare più in profondità l'interagire
di questo personaggio nella storia.
La centralità del
personaggio di Catlow appare chiara sin dall'inizio: è il protagonista,
su di lui si sviluppa un'istanza narrativa che, ricorrendo spesso al discorso
indiretto libero, ne fa portavoce dell'autore implicito. Catlow è
soggetto di due linee comunicative che percorrono tutto il testo. La prima
linea, che chiameremo "esterna", è quella che prevede il seguente
rapporto di congiunzione:
SOGGETTO:
Catlow
OGGETTO:
La verità sugli alieni
Questa linea coincide, abbastanza
ovviamente, con quella del gruppo attanziale a cui Catlow appartiene.
La seconda linea, che chiameremo
"interna", si configura invece in questo modo:
SOGGETTO:
Catlow
OGGETTO:
L'equilibrio psichico
Questa seconda relazione è la più interessante; essa presuppone infatti un secondo asse dinamico, anch'esso basato su una situazione di "comunicazione mancata". Catlow ha dei notevoli problemi comunicativi nei confronti del mondo che lo circonda, le sue pulsioni profonde non riescono a trovare sfogo tramite i normali canali (vedi il suo rapporto frustrante con Mary Everdon). La sua alienazione è tale da porlo in una situazione di totale cancellazione della capacità di decodifica dei segnali provenienti dal mondo esterno:
"Desiderava toccare Mary, tenerla, plasmarla, rovesciarla sul letto. Eppure non poteva. Non sapeva come. Non poteva leggere i suoi segnali, che non erano scolpiti nella pietra, ma inscritti nella carne; non poteva trasmetterle i propri segnali adeguatamente, geroglificamente"La "specializzazione culturale" di Catlow lo porta a concepire la comunicazione esclusivamente nei termini estremamente mediati dell'arte della scultura. Ciò "inquina" anche il suo linguaggio verbale (si veda la prevalenza di termini quali "plasmare", "scolpire", "pietra", "solido", ecc.) e di conseguenza la sua visione del mondo. Egli diventa incapace di decodificare qualsiasi altro messaggio, così che l'universo gli appare disperatamente diviso tra l'ordine mostruoso della "pietra scolpita" (la città aliena) e il caos indistinto della "pietra informe" (la tana sotterranea).
- Che dovrei raccontarti, Peter? Delle volte che mi sono comportata da stupida? Di quando mi sono intestardita? Di quando mi sono confusa? I miei cibi preferiti? Le mie fantasie preferite? -La focalizzazione su Catlow, piuttosto spinta malgrado la terza persona, coinvolge il lettore in questo continuo interloquire schizofrenico. Le figure degli altri personaggi appaiono appena abbozzate, simulacri e oggetti di pulsioni inconsce in uno scenario inquietante, proiettato in una psiche fortemente ripiegata su sé stessa.
Si , quelle pensò.
- Non preoccuparti - disse. - Guarda la luna...
In quest'ottica, "La luna
e Michelangelo" vede sminuita la propria impostazione di "mistery fantascientifico"
per diventare "dramma psicologico" in cui lo scenario alieno diventa inquietante
simulacro-specchio di angosce essenzialmente interiori. Ed e interessante
notare che anche la strutturazione spaziale del racconto rispecchia il
conflitto comunicativo del protagonista. Volendo fare un raffronto, si
può ipotizzare uno schema simile:
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Come è facile dedurre
spingendo ulteriormente il parallelo, Catlow si configura egli stesso
come "alieno" nei confronti dei suoi compagni umani, e la sua schizofrenia
è efficacemente simboleggiata dalla natura "doppia" dell'agglomerato
spaziale città-sotterranei (considerata la chiara valenza psicanalitica
degli spazi testuali). L'allontanarsi di Catlow prima dallo spazio umano
per recarsi nel sotterraneo e quindi la successiva emersione come parte
della città corrispondono all'effettiva dinamica della sua "evoluzione"
psicologica.
Alla luce di questo sviluppo
dinamico-psichico del personaggio principale, l'intera struttura della
storia assume un aspetto che ripete in proporzioni macroscopiche il dramma
di Catlow, sotto le apparenze di semplice giallo fantaecologico. Le supposizioni
formulate dai vari componenti della spedizione circa la genesi della città
aliena appaiono alla fine come goffi tentativi di proiettare le proprie
ansie e i propri modelli culturali forzosamente "universalizzati" su una
realtà fondamentalmente "altra". Un riferirsi a codici inadeguati
non porta all'interpretazione del messaggio del mondo di Roccia, ma anzi
provoca lo sconvolgimento dei ritmi naturali. La presupposizione che i
lemuridi abbiano dato vita ad una rappresentazione culturale della
realtà si rivela come segno di insopportabile limitazione
di una "lingua" non sufficiente a spiegare l'universo. E ancora una volta
gli alieni assurgono a simbolo non solo di natura, ma di una natura "culturalizzata":
immutabile, mitica, sottostante a cicli ancestrali, pronta a cancellare
gli illusori tentativi di "razionalizzazione". Una natura carica di segni
misteriosi e mandalici (ancora Ballard) che non significano altro se non
sé stessi.
L'epilogo della storia porta
quindi a compimento le istanze di congiunzione che hanno dato vita alla
diegesi. Catlow, e con lui la spedizione umana, giungono alla fine alla
soluzione del mistero. E lo scalpellino giunge alla fine a costruire il
proprio linguaggio "totalizzante", cristallizzandosi in segno eterno. La
forza del testo sta proprio nella continua interazione tra i due sviluppi,
e nel contrasto che si crea tra l'investigazione rigorosamente razionale
del gruppo degli umani e il "flusso di coscienza" della psiche di Catlow,
contrasto che attualizza in termini narrativi la schizofrenia latente dell'"uomo
razionale".
È lecito perciò,
in conclusione, individuare nel testo la coesistenza di due chiavi di lettura,
quella "scientifico-ecologica" e quella "psicologica", che fa di "La luna
e Michelangelo" un esempio compiuto di fantascienza moderna. Naturalmente
si tratta di due chiavi che necessitano di una lettura "comparativa" per
dare un senso in qualche modo "trasgressivo" al testo. La trasgressione
è solo relativa, come spesso accade in fantascienza. Non ci si dovrebbe
scordare (come invece accade spesso) che simili esperimenti erano già
stati promossi anni fa da scrittori appartenenti alla cosiddetta "New Wave"
(Disch, Malzberg, per esempio). E il simbolismo delle strutture spaziali
del testo ha avuto come insuperabile maestro il già citato Ballard.
La maggiore perizia letteraria di alcuni nuovi autori di SF ci ha permesso
negli ultimi tempi di avere a che fare con opere più raffinate,
tuttavia l'"erosione critica" dei modelli classici del genere non è
una invenzione degli anni 80. È decisamente più facile, oggi,
professare una certa diffidenza nei confronti del pensiero scientifico,
e Watson non è certo il primo, nè sarà l'ultimo a
proporre un discorso del genere. Il tutto probabilmente è favorito
anche da una certa maturazione del lettore medio di SF. La differenza nei
confronti degli "sperimentalismi" degli anni 70 sta forse in un minore
estremismo strutturale e linguistico (nonchè culturale, probabilmente
e conseguentemente) che rende le produzioni di oggi decisamente più
fruibili anche dai cultori della fantascienza più "classica".