Dedichiamo le recensioni di questo numero alle opere pubblicate in Italia di Rudy Rucker, per dare una panoramica sulla sua opera.
LIBRI
Connie
Willis, TO
SAY NOTHING OF THE DOG
CINEMA
CUBE - IL CUBO, di Vincenzo Natali
FUMETTI
Connie Willis |
TO SAY NOTHING OF THE DOG |
Bantam, 1998 pagine 493 |
To
say nothing of the dog è il nuovo romanzo di Connie Willis che
si situa all'interno di quell'universo tracciato da opere di
grosso impatto narrativo come Squadra antincendio, Jack e L'anno del contagio: il gruppo di storici che ad
Oxford usa la macchina del tempo per fare ricerche nel passato.
Non so se mi sia
sfuggito nelle opere precedenti, ma mi sembra che soltanto qui
viene spiegato il perchè la macchina del tempo sia rimasta
(contro ogni logica utilitirastica del nostro modo di vivere) in
mano degli studiosi (e non di qualche forza economica). Il fatto
è che non si può portare indietro niente dal passato, la rete
non funziona, il portale non si apre e così si evita quella che
dagli 'storici' viene chiamata un'incongruità e si decreta,
però, la totale inutilità economica di questa grande scoperta.
Bene, nonostante
tutto questo, in To say nothing of the dog avviene un'inconguità, in
quanto qualcosa riesce a passare: la Principessa Arjumand, in
procinto di essere affogata viene salvata da una studiosa che per
non farsi scoprire è costretta a portarla con sé nel futuro,
per evitare l'inconguità la principessa deve essere riportata
indietro, ma questo causa una serie di problemi concatenati, che
finiscono con l'essere molto diversi da quello che appaiono...
Sì, perchè le cose sono
diverse da quello che appaiono.
Per esempio, dopo
aver letto questa introduzione, se avete pensato a qualche storia
esotica di personaggi di sangue blu... bè, c'è stato un
equivoco.
La Principessa Arjumand
altro non è che una tenera e cara gattina che si aggira con fare
sornione per tutto il romanzo nel suo bel mondo vittoriano, fatto
di etichetta precisa e di cattivo gusto.
A dispetto del titolo (sì,
comunque c'è anche un cane), Willis non poteva trovare un
animale più appropriato in quanto la Arjumand richiama ben
presto alla mente un altro gatto famoso del mondo della scienza,
il gatto di Schrodinger, che viene usato per spiegare la
situazione spazio-temporale che è venuta a crearsi dopo il
viaggio nel futuro della gatta e il suo ritorno:
"Discrepanze? Vuoi dire che il corso della storia inizia ad alterarsi?"
"Non all'inizio. Ma l'incongruità lo fa destabilizzare [...] invece d'esserci un singolo corso degli eventi fissato inizia una sovrapposizione di probabilità."
"Come nella scatola di Schrodinger," dissi [...]
"Esattamente," rispose Verity in modo felice. "Il corso degli eventi che accadranno se l'incongruità sarà corretta o se non lo sarà, esistono entrambi fianco a fianco. Quando l'auto-correzione è completata collassano in un corso degli eventi o in un altro. Ma fino a che ciò non accade, potrebbero esserci delle discrepanze tra gli eventi osservati e quelli registrati. [...]" (202)
Se con L'anno del
contagio,
Willis aveva cercato di porsi il problema di come realizzare
materialmente un viaggio nel tempo cercando di risolvere i
problemi pratici che un evento del genere non può non
comportare, qui il problema è molto più grande: il libro, e i
personaggi coinvolti, cercano di rispondere ad una domanda
terribilmente semplice: come procede la Storia, quella con esse
maiuscola? E la risposta che viene dal libro è che ci troviamo
immersi in un sistema cotico, in cui ogni evento è connesso con
tutti gli altri.
La storia, quella con esse
minuscola, invece procede in modo esilarante: il romanzo, come
lascia ampiamente sottintendere il titolo, prende le mosse dal
capolavoro di Jerome K. Jerome Tre uomini in barca (per non
parlar del cane)
e per un buon tratto ne segue anche le orme fino ad arrivare
anche ad un incontro sul Tamigi con il suo autore e i suoi due
amici (per non parlar del cane). Ma il punto di riferimento è un
altro ed è quel genere letterario che in Italia viene
individuato col termine romanzo giallo:
di solito trattano di assassini, non di furti, ma si svolgono sempre in case di campagna come queste ed è stato il maggiordomo, almeno per il primo centinaio di romanzi. Tutti sono sospettati, ed è stata sempre la persona che meno ti aspetti, e dopo il primo centinaio il maggiordomo non lo era più, la persona che meno ti asetti, voglio dire, così si sono dovuti rivolgere ad altri criminali inattesi (205)
E nel
romanzo la storia si dipana proprio come un romanzo giallo ben
costruito, pieno di tutti gli indizi per arrivare alla
conclusione e pieno di depistaggi per arrivare con sorpresa a
tale conclusione.
Un'ultima osservazione,
forse insignificante: è il primo romanzo di Connie Willis in cui
il prsonaggio principale è un uomo, ed è un uomo credibile.
Danilo Santoni
Regia:
Vincenzo Natali Sceneggiatura: Andre Bijelic e Vincenzo Natali |
CUBE - IL CUBO |
Con: Nicole
de Boer, Nicky Guadagni, David Hewlett, Maurice Dean Wint Durata: 95 minuti |
Claustrofobico, allucinante, angosciante
potrebbero essere tre aggettivi per descrivere questo film, le
cui scene principali - ambientate in un cubo di 5 metri per 5 -
sono state girate in sole 48 ore dal regista Vincenzo Natali,
canadese con evidenti origini italiane.
I protagonisti - un poliziotto, una studentessa con la passione
per la matematica, una dottoressa, un detenuto esperto in
evasioni impossibili, un ingegnere ed un ragazzo autistico - si
trovano rinchiusi in una serie di camere comunicanti a forma di
cubo, tutte metallo e plexiglas, che si rivelano per loro un
"incubo ad occhi aperti": nessuno di loro ricorda come
è entrato in questa struttura, che diventa un "labirinto
dinamico" di morte, perché le stanze si muovono una
rispetto all'altra all'interno di in cubo più grande e alcune di
queste contengono trappole mortali.
I protagonisti mettono a disposizione di tutti le proprie
competenze, ma la situazione degenera rapidamente: nascono
inevitabili ansie, tensioni, invidie reciproche (ritorna alla
mente la degenerazione de "Il signore
delle mosche" di Golding; nel film, però, i
protagonisti non sono bambini e l'ambiente non è per niente
naturale) che portano al degrado dei rapporti tra i personaggi in
un crescendo che culminerà nella scena finale, in cui solo uno
dei protagonisti sarà in grado di uscire dal cubo.
Aiutato dalla claustrofobica (e limitata) ambientazione, Cube trasmette nella loro
pienezza queste tensioni.
La vicenda raccontata si presta a facili letture allegoriche: la
vita degli esseri umani, che nascono in questo mondo pieno di
trappole senza sapere perché e cosa c'è là fuori; la critica
all'ordine precostituito (il personaggio più negativo si
rivelerà il poliziotto); la matematica come via di
interpretazione della realtà (per conoscere il percorso sicuro
per uscire dal cubo sono necessarie complesse considerazioni
matematiche); la constatazione che i pregiudizi sono innati
nell'uomo (praticamente tutti i personaggi mostrano insofferenza
nei confronti del ragazzo autistico).
Ma una delle interpretazione più interessanti la forniscono
proprio i personaggi del film: il cubo è una metafora della
nostra società, della sua negatività, delle
"trappole" contro gli uomini, macchine infernali che
gli uomini stessi contribuiscono - più o meno consapevolmente -
a costruire: uscire dal cubo per rientrare in questa società
cannibalesca sarebbe davvero la salvezza?
Marco Mocchi
Soggetto, sceneggiatura e disegni: Luca Enoch |
IL BALUARDO - Gea 1 |
Milano,
Sergio Bonelli Editore, 1999 pagg. 132, L. 4.000 |
Diamo uno sguardo alla new entry della scuderia
Bonelli: Gea.
Precisiamo subito che la testata in questione è probabilmente la
più atipica delle proposte Bonelli; viene infatti totalmente
realizzata dal suo autore, Luca Enoch, vincitore di moltissimi
premi del settore. Questo spiega poi le due atipicità più
evidenti: la periodicità semestrale e il numero di pagine
lievemente superiore alle solite 100.
Gea è una teen ager scatenata, vive in un vecchio magazzino
riadattato a casa assieme al suo gatto Cagliostro e a tre strani
esserini che in questo numero si sono solo intravisti fare
capolino da dietro il frigo (dal poco che si vede sembrerebbero
simili ai gremlins del noto film).
La ragazza ha un caratterino decisamente indipendente:
rollerblade, scooter, basso, discman con auricolari perennemente
nelle orecchie
e soprattutto mistici poteri con cui va a
caccia di mostri!
Gea infatti vive una doppia vita: è una studentessa di liceo e
nel tempo libero si preoccupa di tenere lontani dalla nostra
dimensione i mostri che riescono a raggiungerla tramite casuali
allineamenti che permettono la caduta delle barriere di
separazione fra i vari piani di esistenza del multiverso.
Questo primo numero funge da presentazione, è privo di una trama
vera e propria; Enoch si limita a mostrare la vita di tutti i
giorni di Gea e un esempio del suo lavoro "notturno".
Quando un mostro entra nella nostra dimensione sulla fronte del
gatto nero di Gea appare una stella bianca; a questo punto il
gatto le funge da radar per trovare l'alieno e rispedirlo a casa
grazie alla spada magica che nasconde nel basso. Questa è in
grado di aprire un varco fra la nostra dimensione e il limbo dove
i mostri attenderanno poi una congiunzione favorevole per tornare
a casa.
Nell'albo Enoch introduce anche altri elementi, che però ancora
non approfondisce: Gea continua a sognare la morte dei genitori
senza però ricordare il sogno quando si sveglia; inoltre si vede
il primo "cattivo" della serie, un alieno con
intenzioni tutt'altro che pacifiche. Altro mistero non chiarito
è quello dello "zio" di Gea che le ha fornito
l'addestramento necessario a svolgere il suo compito e che le
fornisce i soldi necessari ai suoi bisogni. Altro punto oscuro
della trama è dato dalle strane malattie da cui Gea è affetta,
che sembrerebbero collegate alle sue capacità di cacciatrice.
Cosa dire di questo primo albo? Secondo me a livello narrativo
scorre decisamente bene, è fluido, intrigante e divertente;
l'idea di mostrare la doppia natura di Gea è sicuramente
azzeccata: in questo modo Enoch riesce a far fruttare la sua
esperienza con Spraylitz (personaggio decisamente hip hop che lo
ha portato al successo) potendo però introdurre un forte
elemento fantascientifico/fantasy che rende l'albo decisamente
più serio.
Per quanto riguarda la realizzazione grafica personalmente
ritengo le tavole ben fatte, con un buon ripasso a china, ma
decisamente mal retinate. Sembra che Enoch ami molto l'uso dei
retini, ma ancora deve migliorare molto la sua tecnica che non è
né al livello di altri albi Bonelli retinati al computer né al
livello degli studi giapponesi dove decine di assistenti passano
giornate a grattare retini per ottenere sfumature magistrali.
Cos'altro dire? A me Gea è piaciuto
parecchio, sia per la trama misteriosa, sia perché decisamente
veloce da leggere, decisamente indicato per una lettura sulla
metropolitana o sotto l'ombrellone.
Giovanni Delibra